Diario siriano. Cap.4: I figli della guerra

(di Andrea Cucco, Giampiero Venturi)
09/02/16

Oltre le bombe e il sangue, la guerra è fatta di scie. Non quelle di aerei e missili, non quelle di fumo. Le scie sono gli strascichi di dolore e morte che cavalcano una generazione e distruggono l’anima giovane di un Paese intero.

Siamo sulla costa, in una cittadina sicura bagnata dallo stesso mare nostro. La Siria è l’ultimo lembo nel Mediterraneo: il primo che vede nascere il sole e il primo su cui tramontano le speranze di un’informazione corretta. Qui, mentre l’Occidente parla del nulla, si è già morti.

Abbiamo conosciuto i figli del massacro che si consuma da cinque anni: A. e H..  Hanno 6 e 9 anni. Sono due di cinque fratelli, educati e generosi. Li accompagna la sorella maggiore, una bella ragazza di 20 anni.

Una volta presa confidenza il più piccolo tira fuori dalla tasca un biscottino e ce lo offre. Per loro è un dono importante e rifiutare sarebbe un sopruso. Da una parola incompresa sboccia un sorriso, ma i loro occhi intelligenti portano il peso di un'ombra profonda, una cicatrice evidente che ne scalfisce la luce. Chiediamo allo zio e il quadro tremendo si chiarisce.

Fino a tre anni fa il padre dei 5 fratelli era un famoso avvocato di Homs. Aveva un grande un difetto: amava il suo Paese e quando scoppiò la rivolta rimase fedele al governo, continuando a lavorare. Come sempre, come un semplice cittadino, come se ci fosse ancora un futuro. 

Insieme a quattro colleghi fu rapito dal suo ufficio e torturato per giorni. Infine, nel rituale video su YouTube, fu sgozzato e decapitato. Le teste dei cinque avvocati furono recapitate alle rispettive famiglie. L'intento era di spaventare la popolazione e indurla a lasciare la città. Il terrore voleva il vuoto assoluto da riempire con altre idee, altre bandiere, altri interessi lontani. Per quella famiglia, il progetto ebbe successo. La loro casa a Homs fu distrutta e con essa l’intreccio di cinque famiglie normali in un Paese normale di cui si parlava poco e niente.

Oggi è un giorno speciale: il secondo fratello di 19 anni ha terminato l'addestramento nell'esercito in cui si è arruolato volontario lo scorso anno e parte oggi per il fronte. Allo zio che gli ha chiesto se non avesse paura ha risposto: “vado per mio padre”. La terzogenita frequenta le superiori. Sogna di diventare medico. Lo stipendio da militari dei primi due permette alla famiglia di sopravvivere. I bambini che ci guardano ancora curiosi sono studenti modello. Il più piccolo vuole studiare per diventare giudice e seguire le orme del padre.

Ci viene raccontato degli incubi, delle urla a squarciagola con cui i cinque fratelli si svegliavano la notte. Nell’aria dolce del mare che tra un po’ odorerà di primavera, il contrasto è enorme.

Un ultimo sguardo ai bambini e viene un nodo in gola. Impossibile non sentirsi partecipi, toccati, responsabili. Veniamo da un mondo avanzato e civile, unto del grasso di cose inutili. Un mondo che ha armato la mano di animali ignoranti chiamandoli "ribelli moderati". Nel chiacchiericcio di una politica imbelle, l’Italia fa parte di quel mondo. Un mondo colpevole che adesso non sa fare di meglio oltre a schiarirsi la coscienza e stare a guardare.

L’importante ora però è sapere. Nell’indifferenza gelida, nella controinformazione, nella distorsione quotidiana di notiziari afferenti a chissà cosa, è importante vedere e capire. Un giorno potremo dire “io ho visto, io ho ascoltato, io sapevo”

Pensiamo a quello che abbiamo sentito mentre cala il sole. Un chiosco vende succhi di frutta, in una logica strana di normalità eccessiva. L’imbrunire del cielo intanto indora le acque indaco del Mediterraneo. Il sole corre e s’inclina sull’acqua. Tra poco quella luce calerà anche in Italia e sarà buio per la Siria e buio sui pensieri dell’Occidente.

(foto: Andrea Cucco)