Derry Christmas! Le nuove leve dell'Ulster

(di Giampiero Venturi)
22/12/15

Passano gli anni e il mondo globalizzato prova a congelare un altro pezzo di sé. Quale che sia la scelta di campo, la Questione irlandese rimane uno degli esempi più classici di contesa territoriale e culturale. L’Ulster è uno degli ultimi strappi alla pace globale, collocato per ironia nell’angolo forse più discreto e silenzioso d’Europa.

Con “pace globale” non s’intende la fine dei conflitti armati in giro per il mondo ma il superamento delle contese territoriali. Diminuiscono cioè le guerra per le identità ma aumentano in cui non si capisce chi combatte e soprattutto per cosa. Il dolore e i lutti, ovviamente rimangono.

Basta però un giro tra i muri di mattoncini rossi di Falls Road a Belfast per uscire dal tempo.

Cielo grigio, un elicottero alto sopra le nuvole spesse, odore di fritto e freddo pungente. I murals non lasciano trasparire i segni del tempo: quelli cattolici sono testimonianza e baluardo; quelli lealisti pure, con qualche lacrima in meno e una nota sfrontata in più.

Tra Falls Road e Shankill Road sono 15 minuti a piedi. Dai tricolori irlandesi si passa ai festoni con le Union Jack. Altro quarto d’ora a piedi e c’è Ardoyne, la roccaforte della working class cattolica. Tutto passa, tutto vive ancora.

Da qualche mese i rumori di fondo hanno ricominciato a farsi sentire. Minacce contro i Taigs (dispregiativo usato dai protestanti per i cattolici) sono apparse anche sui social e i repubblicani cattolici rispondono per le rime. Di solito iniziano con il periodo estivo delle marce orangiste. Quella di Twelth (il 12 luglio) che commemora la vittoria di Guglielmo d’Orange su Giacomo il cattolico, è quella più pericolosa. Ma gruppi e gruppetti covano sotto la cenere anche in inverno.

In Irlanda del Nord sono le nuove leve a sfidarsi, i giovani nati dopo il periodo nero dei troubles. Sono passati i tempi dell’Operazione Banner ma l’eco resiste ancora.

Più a nord, vale lo stesso. Camminare per le strade di Derry fa ancora effetto. Il Bogside è freddo e grigio con le sue palazzine come pacchi di biscotti dai fianchi pitturati. Ogni scatola un mural. Girano ragazzi dalle guance rosse per Creggan street a pochi metri dalla Cattedrale di St. Eugene. Non c’era nessuno di loro nel 1972 ai tempi del Bogside e del 1° Battaglione Parà. Sono finiti anche i tempi della RUC. Ora c’è la Police Service of Northern Ireland a provare a mettere tutti d’accordo.

A Waterside, sul lato protestante del fiume Foyle, l’impressione è la stessa. C’è una calma educata in giro, ma basta poco per riaccendere la miccia. Qui la città si chiama Londonderry, col nome ufficiale usato da tutti i protestanti fedeli alla corona di Londra.

I politici hanno voluto gli accordi ma il sangue caldo degli irlandesi bolle ancora. Turbolenze del resto ci sono state fino a novembre 2015 con reduci della lotta armata degli anni ’70 e ’80 accusati di soffiare sul fuoco (la CIRA Continuity Irish republican Army ufficialmente combatte ancora). Il governo locale di Belfast guidato dal premier unionista Robinson e dal vice McGuinness, ex Provisional IRA, ha finto di vacillare. Dopo gli accordi per il disarmo del 2005 la politica ha fatto la sua scelta. Dal 2007 gli abbracci politici tra lealisti e repubblicani hanno assecondato idee diluite sotto un bandiera UE che riguarda molti ma a pensarci bene non rappresenta nessuno. Soprattutto la gente comune nei quartieri di Ardoyne o nel Village di Belfast.

Il cielo grigio basso del nord fa da cornice a un quadro sempre uguale. Nessuna nostalgia per la guerra e il dolore, ma un nodo in gola per il clima di passione di tanti anni fa sì. Perché i rancori non sono passati. Le identità nemmeno.

(foto dell'autore)