Il “cane pazzo” dei marines: Jim Mattis, l'uomo che dirà l'ultima parola su Pyongyang

(di Davide Bartoccini)
22/09/17

In seguito alle dichiarazioni esplosive annunciate ieri all’Assemblea generale dell’Onu dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump riguardo la crisi coreana, il primo ministro giapponese Shinzo Abe si è pronunciato dichiarando che la decisione finale sulla Corea "spetta [comunque] al generale Mattis”, con lieve sollievo di chi temeva e teme la figura di Donald Trump nel ruolo di Commander in Chief.

Ma chi è il generale James Norman Mattis?

Ex generale a quattro stelle del corpo dei marines (USMC) oggi segretario della Difesa della presidenza Trump, è nato a Pullman, Washington, nel 1950 ed è soprannominato dai suoi marines Mad Dog ("cane pazzo").

Diplomato al National War College, si è laureato in Storia alla Central Washington University. Arruolato nel corpo dei marines degli Stati Uniti fino al raggiungimento del massimo grado con il quale si è congedato per poi essere scelto dal presidente più inatteso della storia d’America per uno dei ruoli più delicati della governance statunitense, Mattis è descritto come un uomo di invidiabile cultura.

La madre lavorò nell'intelligence durante la seconda guerra mondiale ed il padre prese parte al Progetto Manhattan (il programma nucleare americano che portò ad Hiroshima e Nagasaki) 

Ha sempre messo gli ‘stivali a terra’ con i suoi uomini: Guerra del Golfo nel ‘91, Afghanistan nel 2001, era al comando della marine expeditionary force con la 1st marine division durante l’invasione dell’Iraq del 2003.

Nel 2007 viene nominato comandante del NATO Supreme Allied Command Transformation, poi al vertice dello United States Joint Forces Command fino a prendere il posto del generale David H. Petraeus.

Carismatico uomo d’azione, meditabondo lettore delle ‘memorie’ di Marco Aurelio nella sua tenda da campo - con il pavimento di sabbia - dell’Iraq di Saddam Hussein, Jim Mattis è l’uomo cui spetta la firma - secondo i più di Washington - per siglare l’opzione militare che in caso di un’escalation dovrebbe silenziare quello che ieri alle Nazioni Uniti il presidente Trump ha ribattezzato pubblicamente il ‘Rocket Man’ - il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, l'uomo che, nonostante le ripetute sanzioni e gli scoraggiamenti da parte degli Stati Uniti, ha condotto nell’ultimo anno quindici test balistici di missili IRBM (intermediate-range ballistic missile), presunti ICBM (intercontinental ballistic missile) e bombe ‘sporche’ nella prosecuzione di un programma nucleare che punta alla bomba H (bomba termonucleare all’Idrogeno).

Gli altri uomini chiave

Attualmente gli altri key-men delle forze armate americane alla Casa Bianca sui quali il Commander in Chief Trump può contare per “distruggere totalmente la Corea del Nord” sono:

John F. Kelly: anch’esso proveniente dal corpo dei marines, insegnante di tattiche, strategia e guerra avanzata nella base di Quantico, due volte in Iraq, oggi capo della staff della Casa Bianca;

H.R McMaster, diplomato all’accademia militare di West Point - la scuola militare più prestigiosa del Mondo - poi Guerra del Golfo, Afghanistan, Iraq, oggi consigliere della Sicurezza Nazionale;

il ‘diplomatico’ capo dello Stato Maggiore Joseph F. Dunford, capo dello Stato Maggiore congiunto, anche lui del corpo dei marines, soprannominato ‘Fighting Joe’ (due volte Iraq e Afghanistan) era il già capo dello stato maggiore della presidenza democratica di Obama. Non viene descritto come un ‘falco da guerra’: durante la sua ultima visita in Corea del Sud dove incontrò il premier Moon Jae-in non citò minimamente le dichiarazioni di “fire and fury” pronunciate dal presidente Trump dopo i test balistici di metà agosto, ma incentrò le sue dichiarazione sulla ‘pressione diplomatica ed economica’ per ottenere la denuclearizzazione di Pyonyang.

La pluricitata ‘opzione militare’

L’opzione militare considerata dai vertici USA in caso di attacco preventivo si concretizzerebbe impiegando asset a bassa osservabilità e missili da crociera lanciati dalle unità di superficie e sottomarine che incrociano nel Pacifico. Questo si tradurrebbe in una ‘pioggia di fuoco’ portata dai missili da crociera ‘Tomahawk’ lanciati da sottomarini ed incrociatori lanciamissili - che abbiamo già visto impiegati senza rischio di una risposta efficace - in Siria, e dai bombardieri strategici con capacità stealth come i B-2 Sprit e i B-1 Lancer.

Obiettivo principale tutti i siti di lancio di missili balistici nordcoreani individuati fino ad oggi per disinnescare il rischio di rappresaglia cui ricorrerebbe Pyongyang.

Questa ‘opzione’, che baserebbe il proprio successo sulla certezza di un’obsoleta difesa aerea della Corea del Nord dovrebbe in ogni caso tenere conto della sicurezza delle informazioni fornite dall’intelligence sugli obiettivi, poiché la Corea Del Nord, in larga parte attraversata da zone montuose sconosciute, potrebbe rivelarsi una costellazione di siti militari occulti.

(foto: U.S. DoD / KCNA)