Afghanistan: la partita infinita

(di Daniela Lombardi)
11/09/17

L’obiettivo, a giudicare dalle condizioni di instabilità che si registrano in Afghanistan in questo 2017, sembra lontano dall’essere centrato. Eppure la Nato - attraverso la missione Resolute support di sostegno alle forze armate afghane - il presidente americano Trump e quello afghano Ghani credono di potercela fare in circa quattro anni. Fino al 2020, grazie ad una serie di strumenti messi in campo, il tentativo sarà quello di portare a stare dalla parte del governo circa l’80% della popolazione. Una popolazione che deve quotidianamente fare i conti con i circa 20 gruppi terroristici che si contendono il territorio tra Afghanistan e Pakistan tentando di spartirselo. Tra questi, i più temibili e pericolosi restano i talebani e il Wilayat Khorasan, ramo riconosciuto dell’Isis in Afghanistan.

Sugli indicatori che fanno supporre che la missione Resolute support durerà fino almeno al 2020, pur se c’è da immaginare che i tempi si allungheranno ulteriormente, fa chiarezza il vicecomandante italiano della stessa missione, il generale di corpo d’armata Rosario Castellano: “Ci sono tre parametri che indicano che non lasceremo l’Afghanistan fino al 2020 o oltre. Il primo è dato dalla riunione di Bruxelles che si è tenuta ad ottobre dello scorso anno, durante la quale sono stati stanziati 15,2 bilioni di dollari, spalmati in quattro anni, destinati ad assicurare la stabilizzazione dell’Afghanistan”.

Altri due dati fondamentali arrivano dalle recenti decisioni prese dal presidente afghano Ashraf Ghani e dalle dichiarazioni di quello americano Donald Trump. Ghani ha recentemente approvato un “road map plan” con il quale intende conquistare la fiducia e l’appoggio della popolazione, spingendola ad allontanarsi e a contrastare apertamente movimenti terroristici. Attualmente, secondo stime governative, oltre il 60% degli afghani desidera condizioni di vivibilità e di stabilità e ritiene che, ad assicurarle, possa essere il governo ufficiale.

Diverse e contrarie sono, ovviamente, le conclusioni degli insurgents (intendendo con questo termine principalmente i talebani) che ritengono di avere dalla loro parte la stessa percentuale che Ghani dichiara essere “sua”.

Tralasciando l’influenza sulle statistiche delle dichiarazioni dettate da timori, paure di ritorsioni e tanti altri tipi di considerazioni, il governo si sente pronto a raggiungere il traguardo sperato. “L’idea è quella di far passare la percentuale dell’attuale 63 per cento all’80% in termini di appoggio al governo da parte della popolazione. In questi quattro anni Ghani prevede poi, unitamente alla Nato, una crescita delle forze armate afghane e una crescita del proprio tessuto governativo, sociale ed economico”. Scopo, quest’ultimo, al quale è destinata la missione Resolute support che nel 2015 ha sostituito la precedente missione Isaf, con il compito di assicurare l’addestramento delle forze afghane migliorando la loro capacità di contrastare i fenomeni terroristici e di affrontare le minacce talebane e dell’Isis.

Insomma, l’addio della Nato all’Afghanistan appare lontano, anche perché, come confermato dal generale Castellano, Trump ha inserito Resolute Support tra le missioni “condition based”. A spiegare cosa ciò comporti, in termini militari, è sempre il generale. “In termini militari una missione può essere sottoposta o a scadenze temporali precise o, appunto, condition based. Cioè quando determinate condizioni si verificano si può porre fine alla missione”. In pratica, se l’Afghanistan non avrà raggiunto la capacità di combattere autonomamente la minaccia neanche nel 2020, la Nato resterà ancora.

Chi aveva creato il poco credibile slogan “Goodbye Afghanistan” dovrà cercarne un altro, più adeguato alla reale situazione.