In Libia avanza Haftar, ma ad arretrare è l’Italia. Il disastroso innamoramento col Qatar

(di David Rossi)
06/04/19

È venerdì 5 aprile, di mattina. La marcia, lenta ma inesorabile1, dell’Esercito Nazionale Libico, guidato dal gen. Khalifa Haftar, segue tre direttrici stradali: una da Ovest lungo la costa, una da Sud-Ovest in direzione dell’aeroporto della Capitale e una da Sud verso l’aeroporto di Sidi Salih con la prospettiva di puntare, poi, a stringere in una morsa lo scalo tripolitano. La prima colonna ha, ad oggi, preso l’importante città di Sidi Bilal, sede di un porto ma soprattutto della più importante centrale elettrica ad Occidente di Tripoli.

Quasi 107 anni fa, proprio a Sidi Bilal sconfiggemmo le forze ottomane al prezzo di quasi 600 perdite (contro le nemmeno 100 dei Turchi) e aprimmo la porta di Tripoli. Oggi, la porta ci viene sbattuta in faccia, per l’insipienza tattica con cui è stato gestito il dossier libico tra il 2011 e il 2018, ma soprattutto per i madornali errori strategici dell’attuale governo, che si è schierato apertamente col Qatar in cambio di una ciotola di lenticchie e di qualche foto dei ministri con gli sceicchi.

Il via vai tra Doha e Roma non poteva passare inosservato: la visita del presidente del Consiglio Giuseppe Conte di questa settimana, è giunta a pochi giorni dalla visita del ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, avvenuta dal 25 e 26 marzo 2019, a cinque mesi dal viaggio in Italia dell'emiro Tamim bin Hamad al Thani, avvenuto lo scorso novembre, a sei da quella del vicepremier e ministro dell'Interno, Matteo Salvini.

Il Qatar è un paese che è rimasto isolato nell'area del Golfo, con l'Arabia Saudita e gli altri vicini regionali che hanno tagliato i rapporti con Doha per le sue relazioni con il grande rivale sciita, l'Iran. A parte l’Iran, ancora “impresentabile”, il Qatar ha solo il sostegno della Turchia, nostra concorrente in molti dossier politici ed energetici, non quindi una “sponda”.

Proprio l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi - insieme all’Egitto - sono i veri sponsor del gen. Khalifa Haftar: la leggenda sovranista (ma anche Dem) vuole che lui sia un “uomo di Parigi”, quindi un nostro “nemico”, a cui opporre il “nostro uomo”, Fayez al-Sarraj. Ricordate la faceta conversazione tra Conte e Angela Merkel sulla campagna elettorale italiana “contro la Francia”? Ecco, i nostri leader pensano davvero che Parigi sia il nemico da combattere su tutti i campi, non un mero concorrente spesse volte solo più furbo e organizzato di noi.

Il nostro attivismo col Qatar e le dichiarazioni di amore dei vari Conte e Salvini non poteva non rappresentare, per i leader arabi, una presa di posizione fin troppo sfacciata, tanto da meritare una reazione adeguata. Giunti a questo punto, con Roma schierata apertamente e isolatamente con Doha, il governo di concordia nazionale del premier Fayez al-Sarraj, sponsorizzato ormai soprattutto dal governo Conte, non ha meritato più di essere risparmiato per rispetto appunto verso l’Italia, che lo aveva eletto a interlocutore privilegiato. Né merita più riguardo la situazione umanitaria della Tripolitania: ci sono ancora centinaia di migliaia di migranti sub-sahariani che in caso di precipitare della situazione politico-militare si fionderebbero verso l’Italia, senza più neppure la foglia di fico del “porto sicuro” che solo Roma riconosce in Tripoli.

Lo scenario in prospettiva fa rabbrividire: ondate da migliaia di disperati alla vigilia delle elezioni europee, i contratti di ENI messi in discussione, i consiglieri militari italiani e il personale ENI2 messi addirittura in pericolo di vita.

Chissà se il vicepremier Salvini ci aveva pensato, quando giocava con le armi da fuoco proprio a una fiera a Doha lo scorso autunno: senza pensarci troppo, è vero che - con l’intero governo - stava proprio giocando col fuoco…

1 È di queste ore la dichiarazione di fedeltà della 9° brigata “Terhouna” al dominus della Cirenaica.

2 È di queste ore anche l’annuncio del ritiro del personale ENI dalla Libia.

Foto: presidenza del consiglio dei ministri