Vincenzo Grienti, Leonardo Merlini: Navi al fronte. La Marina italiana e la Grande Guerra

Vincenzo Grienti, Leonardo Merlini
Ed. Mattioli 1885, Fidenza (PR),2015
pagg.149, Euro 15,00

Molti sono gli episodi riportati in questo saggio frutto del lavoro congiunto del giornalista Vincenzo Grienti e dell’ufficiale di Marina Leonardo Merlini, alcuni noti, altri meno noti, ma tutti fondamentali per conoscere le sorti ed il valore degli uomini della Regia Marina nei 41 mesi di conflitto iniziati il 24 maggio 1915, giorno dell’entrata in guerra dell’Italia contro l’impero austro-ungarico. Una guerra che vide come protagonista indiscusso l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel, nominato capo di stato maggiore della Regia Marina l’1 aprile 1913. Rigido osservatore della disciplina e dotato di un’innata modestia, egli diede sempre prova di spiccata abilità marinaresca, audacia e sprezzo del pericolo.

Fu unanimemente riconosciuto, anche se a posteriori (visto che durante il servizio egli dovette compiere scelte coraggiose, controtendenza, che gli riservarono al momento non poche critiche) come l’artefice indiscusso della vittoria sul mare.

Il suo capolavoro strategico “fu quello di intuire che la guerra sul mare in generale, e in Adriatico in particolare, sarebbe stata condotta efficacemente solo dal naviglio leggero e sottile e dai nuovi mezzi e sistemi d’arma che negli ultimi anni si stavano rapidamente sviluppando e imponendo. Per tale ragione furono potenziati e curati lo studio, lo sviluppo e l’addestramento dei sommergibili e dell’aviazione navale, e su suo preciso volere vennero istituiti presso lo Stato Maggiore un Reparto Sommergibili e un Reparto Aeronautica.

Dimessosi dall’incarico il 1 ottobre 1915, dopo sedici mesi come comandante della Piazza di Venezia dove assicurò la difesa del patrimonio artistico della città durante i continui bombardamenti, ritornò ad assumere l’incarico di capo di stato maggiore nel febbraio 1917. Sua fu l’idea di difendere la costa italiana, sprovvista di quegli ancoraggi e ripari naturali che invece caratterizzavano le coste dell’impero austro-ungarico, con i treni armati dislocati sulla ferrovia litoranea tra Brindisi e Ravenna (a ciascun treno fu assegnato un tratto di litorale da difendere di circa 60 km) aventi il compito di accorrere sul luogo minacciato e controbattere le navi avversarie e costituiti, ciascuno, da due convogli: uno armato (sezione combattente) ed uno logistico per la vita del personale.

In definitiva un treno armato poteva considerarsi alla stessa stregua di una nave da guerra, autosufficiente e con un equipaggio.

Furono tre i tipi di treni: con funzione antinave; con funzione duplice antinave e antiaereo; con funzione antiaerea. Per fronteggiare invece l’attacco dei sommergibili le Marine della Triplice Intesa decisero di sbarrare il Canale d’Otranto in modo da impedire ai battelli il raggiungimento delle basi dalmate e dell’Istria, sia tramite un sistema mobile costituito da un congruo numero di unità antisommergibili, che tramite un sistema fisso costituito da un’ostruzione esplosiva immersa. E se la Germania si presentò all’inizio del conflitto con 30 battelli per dare subito una caccia spietata ai navigli nemici cominciando così la saga degli U-Boot, l’Italia, grazie all’impulso fornito dall’ammiraglio Thaon di Revel, arrivò allo scoppio della Guerra con 13 battelli in linea. Tra questi c’era anche il sommergibile Giacinto Pullino che, incagliatosi la notte tra il 30 ed il 31 luglio a largo dello scoglio della Galiola, aveva come pilota Nazario Sauro, successivamente catturato e giustiziato per alto tradimento dagli austriaci il 10 agosto 1916.

L’ammiraglio Thaon di Revel, nella sua lungimiranza, portò avanti anche la costruzione dei MAS, motoscafi antisommergibili (durante la guerra ne entrarono in servizio ben 320), con l’obiettivo di danneggiare le navi nemiche nelle loro stesse basi. L’azione di Premuda, condotta dal capitano di corvetta Luigi Rizzo la notte tra il 9 ed il 10 giugno 1918 e che portò all’affondamento della corazzata Szent Istvan, fu uno splendido esempio dell’efficacia di questa scelta strategica.

Sempre all’ammiraglio si deve lo sviluppo dell’Aviazione di Marina, rivelatasi “elemento essenziale in termini di appoggio e supporto alle unità navali nazionali e alleate, ma soprattutto di attacco in cielo, sulla terra e sul mare.” La flotta era costituita da idrovolanti, dirigibili ed aerei. Gli aeroscali erano quelli di Ferrara, Jesi e Pontedera, mentre per gli idrovolanti furono utilizzate le basi di Venezia, Porto Corsini e La Spezia.

Per dare un ricovero ai dirigibili che avevano il compito di avvistare i sommergibili che tentavano di transitare attraverso lo Stretto di Messina, fu anche costruito un hangar ad Augusta, che tuttavia venne ultimato nel 1920, quando il conflitto era finito.

Storia di mezzi, quella dell’Aviazione di Marina, con ben 25 dirigibili, 550 idrovolanti e 86 aerei da caccia alla fine della guerra ed oltre 17000 missioni compiute, ma soprattutto di uomini. Furono loro a fare la differenza: ”ufficiali e marinai che per la prima volta dovettero confrontarsi non solo con il nemico austro-ungarico, ma anche con macchine volanti, spesso poco affidabili.” Nonostante ciò, molte furono le imprese eroiche portate a termine.

L’ammiraglio Thaon di Revel fu protagonista anche “dell’istituzione ed esercizio di una nave asilo sull’unità radiata Caracciolo, concessa dalla Stato affinchè essa accogliesse allievi e facesse istruire nella professione marittima orfani della gente di mare del compartimento marittimo di Napoli e infanzia abbandonata di quella città.” Il fenomeno della navi asilo non riguardò però solo Napoli, ma anche Genova, Venezia, Bari e permise di creare tanti marinaretti, sottraendoli dalla strada, dalla fame e dalla criminalità.

Un’opera, quella della solidarietà umana, che la Marina Italiana in tempi e con modalità differenti ha sempre condotto con determinazione ed abnegazione ottenendo risultati riconosciuti in campo internazionale ed in ogni consesso.

Gianlorenzo Capano