Libro e miniserie televisiva: “Band of Brothers”

Dopo la dedica ai paracadutisti americani del periodo 1941-1945, il libro si apre con una citazione di Shakespeare tratta dal dramma “Enrico V” e, precisamente, dal discorso con cui il re arringa i propri uomini prima della battaglia di San Crispino: “From this day to the ending of the World, … we in it shall be remembered… we band of brothers”. Mai citazione fu più azzeccata per introdurre i protagonisti del saggio di Stephen E. Ambrose, ovvero gli uomini della Compagnia Easy (E), del 506° Reggimento paracadutisti, 101^ brigata aerotrasportata (quella della “screaming eagle”, un mito dell’U.S. Army): una “banda di fratelli”, appunto.

In realtà, prima del libro, mi imbattei molto tempo prima (era il 2003) nella miniserie di dieci puntate, trasmessa da un’emittente privata nazionale in seconda serata (ovviamente). Fui colpito immediatamente dal realismo e dall’accuratezza della ricostruzione storica degli avvenimenti rappresentati, che coprono il periodo che va dalla formazione della Easy Company, nell’estate del 1942, fino allo scioglimento del reparto al termine del conflitto nel ‘45. Allora mi stupì, non solo la storia epica della Easy ma anche la bellezza delle immagini e il coinvolgimento emotivo da esse evocato. Poi, quando mi sono accorto che la serie è stata prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks, mi fu tutto più chiaro. Se avete presente il film “Salvate il soldato Ryan”, allora avete un’idea di ciò che sto cercando di descrivervi. In questa miniserie la cura dei dettagli è maniacale: uniformi, mezzi, materiali, tattiche, ambientazioni, ricostruzione degli avvenimenti. Addirittura, nelle scene più complesse in cui sono stati ricostruiti avvenimenti bellici di una certa portata, sono stati utilizzati come figuranti reparti militari veri e propri, riequipaggiati come all’epoca. Anche il cast è all’altezza del compito (alcuni attori hanno, in seguito, fatto molta fortuna) e, grazie anche a loro, non ci si può non affezionare ai membri, tutti realmente esistiti, della “banda di fratelli”. Rimasi così colpito dalla serie che mi misi subito alla ricerca del “cofanetto” DVD dei 10 episodi che tuttavia, riuscii a trovare solo molto tempo dopo. Cercavo il cofanetto, soprattutto, per i suoi contenuti extra: approfondimenti, interviste ai reduci della Easy e backstage degli episodi. Tutto bellissimo.

Ma non potevo accontentarmi. Così, successivamente, mi misi alla ricerca anche del libro originale da cui è stata tratta la miniserie, scritto dallo storico americano Ambrose, molto noto oltreoceano ma pressoché sconosciuto in Italia. Ecco, quindi, che approdai all’edizione in lingua originale della casa editrice americana Simon & Schuster Paperbacks (esiste anche la versione italiana “Banda di Fratelli”, tradotta da S. Mancini). Leggendo tale opera, che ho constatato essere stata traslata nella miniserie piuttosto fedelmente, ho potuto ripercorrere la storia di questi ragazzi americani che, arruolati nell’Esercito americano, si sono offerti volontari per i reparti paracadutisti. Assegnati alla Easy, sono diventati uomini, soldati, paracadutisti e, senza esagerare, eroi. E’ stato impressionante apprendere come questi ragazzi vennero catapultati direttamente dalla vita civile negli ingranaggi della macchina bellica americana, che prima li preparò al meglio e poi li impiegò per affrontare il “mostro” che ha fagocitato centinaia di migliaia di giovani come loro: la II^ Guerra Mondiale. In particolare, in Europa la banda di fratelli della Easy prese parte alle operazioni più importanti nell’ambito della campagna per la liberazione del vecchio continente dal giogo nazista, restando fedele alla connotazione “elitaria” della fanteria paracadutista e scrivendo pagine storiche. Non solo, in alcuni casi le gesta della Easy sono state tradotte in ammaestramenti che sono stati poi inseriti nei manuali tecnico-tattici d’impiego della specialità paracadutista che, all’epoca, erano ancora in gran parte da scrivere. E’ il caso, ad esempio, dell’attacco avvenuto la mattina del D-day ad una batteria tedesca che, dalle retrovie, stava falcidiando i soldati Alleati sulla cosiddetta Utah Beach, in Normandia. Poche ore dopo il lancio notturno sulla Francia, alla Compagnia Easy venne affidato il compito di mettere a tacere i cannoni tedeschi da 105 mm, difesi da un plotone di ben cinquanta paracadutisti, ben trincerati e organizzati. Tuttavia, c’era un problema non da poco per la Easy: il lancio notturno Alleato non si era svolto secondo i piani e i suoi uomini, come quasi tutti quelli dei reparti aviolanciati quella notte, erano sparsi per mezza Normandia in un gran caos. Nonostante questo, il Tenente Winters, alla testa dei soli dodici uomini armati a disposizione (molti nel lancio persero tutto l’equipaggiamento), peraltro equipaggiati con sole due mitragliatrici, un bazooka senza munizioni e un mortaio, non si perse d’animo. Dopo aver studiato velocemente la situazione, organizzò i suoi, diramò gli ordini e li condusse nell’azione mettendo in pratica quanto appreso durante il duro addestramento e, con una buona dose di coraggio, audacia, spirito di iniziativa e risolutezza, raggiunse l’obiettivo. Compì un’azione fulminea, che prese totalmente di sorpresa i tedeschi, tanto che, successivamente, tale atto tattico fu realmente riportato nei manuali dell’esercito americano, quale tipico esempio di un “colpo di mano”. Da quel momento in poi Winters, divenuto suo malgrado il Comandante della Compagnia (il “titolare” fu prima dichiarato “disperso in azione” e più tardi “ucciso in azione” durante il lancio in Normandia), guidò i suoi uomini attraverso un’odissea che li costrinse a sopportare prove durissime, al limite delle possibilità umane. La battaglia di Bastogne, in particolare, nel libro viene descritta nel capitolo intitolato “breaking point”, in quanto portò molti uomini a raggiungere e, in alcuni casi, a superare il proprio “punto di rottura” di sopportazione della guerra e delle sue conseguenze. In particolare, nel dicembre del ’44 gli uomini della 101^ e della 82^ Divisione stavano “godendosi” il meritato periodo di recupero delle capacità operative dopo le operazioni in Normandia, Olanda e Belgio, convinti di dover rientrare in azione solo nella primavera successiva, per essere paracadutati per la presa finale di Berlino. Invece, le cose andarono molto diversamente. Benché ancora pesantemente sotto organico per le perdite subite in battaglia, ancora dotata dell’equipaggiamento leggero utilizzato a partire dal D-day e con scarse riserve di munizioni, alla 101^ arrivò l’ordine di muovere via terra verso le Ardenne, al fine di evitare la caduta della città di Bastogne, presso la quale gli Alleati stavano rischiando di subire una terribile disfatta. Quindi, la Easy, come il resto della Divisione, il 19 dicembre del ’44 si ritrovò accerchiata dai tedeschi nei boschi intorno alla città, con equipaggiamento inadeguato al clima rigido della zona, con poche munizioni e con scarse riserve di cibo al seguito. Furono giorni terribili, in cui Hitler, pregustando il successo, lanciò con inaudita violenza tutte le forze dello scacchiere dell’Europa occidentale su Bastogne, convinto di concludere il blitz in pochi giorni. Tuttavia, le cose andarono molto diversamente: i parà americani resistettero eroicamente a tutti gli assalti. Infreddoliti, malconci, con poche munizioni, senza rifornimenti per giorni a causa del maltempo, provati dai continui bombardamenti tedeschi erano ancora là, a combattere. Peraltro, a piegarli non bastarono neanche i terribili effetti dei bombardamenti nel particolare ambiente boschivo. Le salve dei cannoni e dei mortai nazisti, infatti, venivano “spolettate” al fine di scoppiare ad una determinata altezza dal suolo, in modo che alle schegge di metallo dei proietti, si aggiungessero le altrettanto mortali schegge di legno degli alberi, che venivano letteralmente schiantati a mezza altezza dalle esplosioni. Furono giorni terribili ma gli uomini della Easy resistettero rannicchiati nelle proprie buche pronti a contrattaccare, appena possibile. E quel momento, finalmente arrivò: la nebbia si diradò consentendo il lancio dei rifornimenti e le truppe amiche poterono avvicinarsi a Bastogne alleggerendo la pressione sulla 101^. Allora, gli uomini della Easy e della 101^ si lanciarono in letali contrattacchi che scompaginarono le truppe tedesche, costringendo Hitler a rinunciare definitivamente al suo blitz.

Successivamente, la campagna in Europa della Easy proseguì tra alterne fortune, tuttavia i fratelli della banda si distinsero in ogni occasione per valore, perizia ed efficacia. Winters fu promosso sul campo di battaglia e assunse il comando del 2° Battaglione del Reggimento della Easy, che continuò ad operare sotto la guida di un altro buon ufficiale fino a quando, il 30 novembre 1945, mentre si trovava in Austria, la 101^ Divisione fu posta in posizione quadro. Dal Day 1, giorno in cui la Compagnia fu formata, fino al Day 1.095, giorno in cui fu sciolta, 48 suoi membri perirono, 100 furono feriti, molti in modo grave e alcuni per due o tre volte, mentre uno fu ferito per ben 4 volte. Questo fu il tributo di sangue della Easy, il cui triste bilancio apre l’ultimo capitolo del libro, che descrive le vite dei reduci della Compagnia dopo la fine della guerra. Pochi intrapresero la carriera militare, mentre la maggior parte svolse i lavori più disparati ai quattro angoli degli Stati Uniti. Ma la “Band of Brothers” ha continuato a ritrovarsi organizzando negli anni molti raduni e, inoltre, molti dei suoi membri si sono frequentati anche separatamente. Una cosa è certa: a più di settant’anni dal suo scioglimento, la Easy continua ad esistere nella storia militare e con lei la banda di fratelli che dalla Normandia all’Austria, ne ha scritto pagine intere.

In definitiva, se potessi, consiglierei di adottare questo libro negli istituti di formazione militare italiani (come è successo in altri Paesi), per l’alto valore pedagogico e di formazione militare che, a mio modesto parere, possiede. In particolare, sono interessanti le figure descritte dei vari comandanti che si sono susseguiti alla guida della Easy o che hanno avuto comunque a che fare con i suoi uomini. Per esempio, si legge del Comandante molto severo, odiato dai soldati, che però li forma per poter affrontare le sfide più severe (gli stessi soldati lo rivaluteranno durante la guerra). C’è poi l’Ufficiale senza carisma, titubante anche nel prendere le decisioni più semplici e che tende a “imboscarsi” nei momenti topici. Oppure c’è il Comandante impavido e spietato con il nemico, su cui circolano leggende tra la truppa. Naturalmente c’è Winters, il Comandante con la “C” maiuscola, molto rispettato dai propri uomini ed estremamente apprezzato anche dai superiori. Colui che sotto il fuoco nemico, in piedi in mezzo alla strada, incoraggia i suoi e li spinge (alcuni in senso fisico) a uscire dalle cunette e ad assaltare una postazione di mitragliatrici. Colui che, per caso, completamente isolato dal resto della Easy, sorprende nel sonno un intero reparto tedesco e che lo falcidia, senza esitare un attimo, per non essere ucciso a sua volta. Lo stesso Winters che, tuttavia, in altre circostanze mostra pietà e compassione. Insomma, coraggio, disciplina, spirito d’iniziativa, duro addestramento, cameratismo, spirito di sacrificio, carisma ed esempio, competenza, umanità, sono solo alcuni degli elementi riscontrabili sia nel libro sia nella miniserie. Capisaldi universali ed eterni dell’arte della guerra, validi tanto tra le siepi della Normandia del ‘44, quanto tra i massi dell’Afghanistan del 2017.

Un’ultima riflessione prima di riporre nuovamente nella libreria “Band of Brothers”: Ambrose, che non dimentichiamoci essere uno storico (quindi un uomo di scienza), afferma che i componenti della Easy hanno avuto successo nella vita dopo il servizio militare, soprattutto anche grazie ad alcune qualità del proprio carattere che si sono sviluppate o rafforzate sotto le armi. In particolare, egli afferma che durante il servizio militare, i “fratelli” acquisirono fiducia in se stessi, auto-disciplina, obbedienza e capacità di cooperare con altre persone come parte di un team e che la maggior parte di essi sfruttò queste capacità nella propria vita privata con grande profitto. Praticamente tutti i componenti della Easy ebbero successo nella vita da civili ed alcuni raggiunsero posizioni di tutto rispetto nella società americana. Sarebbe, quindi, veramente utile, a più di dieci anni di distanza dalla sospensione della leva obbligatoria in Italia, fare una riflessione seria, scevra da pregiudizi e da ideologie politiche, sulla validità dell’attuale modello della nostra Difesa, basato esclusivamente su professionisti. Sarebbe utile valutare questa esperienza da tutti i punti di vista, compreso da quello sociale. Che differenze ci sono, se ci sono, tra le generazioni passate sotto le armi e quella degli attuali giovani italiani? La scelta operata più di dieci anni fa ha avuto ricadute sulla società italiana? Quali? Il modello misto leva-professionale potrebbe funzionare?

Ma questa è tutta un’altra storia. Meglio che torni con i piedi per terra: tra poco sarà il 25 aprile e in Italia, già da alcuni giorni, infuriano le polemiche politiche.

Ciro Metaggiata