Antonello De Oto: Altare e Mostrine

Antonello De Oto
Ed. Cedam
pagg. 104

È proprio un bel libro, quello che Antonello De Oto ha dedicato al tema complesso del rapporto tra assistenza spirituale e mondo militare.

Forte di una conoscenza approfondita della materia - è professore associato di diritto canonico presso l’Università di Bologna e delegato dal Rettore per i rapporti dell’Ateneo con le Forze Armate - l’accademico ha ripercorso con questa sua ultima opera, “Altare e Mostrine” appena pubblicata per CEDAM, la complessa storia delle cappellanie militare.

Un lavoro prezioso, frutto di una lunga e articolata ricerca scientifica, non solo delle fonti ma anche delle notevoli dinamiche storiche, reso possibile dalla particolare abilità speculativa del giurista e dalla passione letteraria dell’accademico.

Il tutto presentato al lettore con la duplice prospettiva: del diritto canonico - che è l’insieme delle norme giuridiche alla base delle attività che caratterizzano le strutture ecclesiastiche - e delle leggi della Repubblica, nelle cui articolazioni militari tali attività trovano una loro espressione.

Il testo scorre in modo agile e veloce, senza che il continuo e obbligato riferimento alle molteplici fonti giuridiche ne imbrigli la piacevolezza della lettura. Che propone al lettore il percorso evolutivo che ha condotto all’ ”incardinarsi” della “Chiesa Castrense” nella struttura ordinativa del Regio Esercito prima e delle Forze Armate poi.

De Oto avvia la sua analisi partendo dal complesso rapporto tra Chiesa e Armi, che sin dagli albori vide anteporsi ad un linguaggio prettamente militare - (tale è quello di Tertulliano, il primo dei teologi di lingua latina, II sec., che nelle sue opere associa il cristiano alla figura del soldato) - un messaggio millenarista e messianico, che poneva in netta contrapposizione servire il Cristo della pace col servire lo Stato in armi.

Un contrasto, se riflettiamo, tutt’ora presente nel mondo cattolico: si pensi solo al clamore suscitato, lo scorso anno, dalla netta contrapposizione di alcune associazioni e gruppi di preghiera cattolici alla consacrazione di Giovanni XXIII a Santo Patrono dell’Esercito Italiano (vedi articolo) e al sovente propendere del Papa argentino verso posizioni di intransigente pacifismo, nelle quali non è raro scorgervi cenni di antimilitarismo.

L’accurato lavoro di ricerca del libro trae inizio dall’epopea garibaldina, che vide molti sacerdoti offrire il proprio Ministero alle truppe Risorgimentali e combattere, da italiani, contro lo Stato della Chiesa. Al riguardo, leggendarie furono le figure di Ugo Bassi, prete barnabita, ucciso dagli Austriaci a Comacchio (FE) e di don Angelo Arboit, il cappellano dei Mille, che Garibaldi definirà “mio fratello in armi” .

Successivamente, viene analizzata la condizione del “clero militare” nel periodo della Grande Guerra, durante il quale il servizio di assistenza religiosa fu assicurato da duemilasettecentoquaranta cappellani con il rango di Ufficiale e da ventunomilaseicentosessanta clerici e seminaristi destinati, come il futuro papa Roncalli, al Corpo di Sanità militare o nelle trincee.

La disamina dell’autore affronta anche il periodo tra le due guerre, nel quale il diffuso anticlericalismo presente nelle gerarchie del Regio Esercito, limitò la prosecuzione dell’opera di assistenza religiosa alle sole carceri militari e agli ospedali, segnando un solco che solo la firma dei Patti Lateranensi nel 1929 riuscì a ricucire con la politica di riavvicinamento voluta da Mussolini

Un percorso di ricostruzione storica accurata, quello del prof. De Oto, svolto alla luce dei numerosi cambiamenti sopraggiunti nel mondo militare, non ultimo nel 2005 quello della sospensione della leva, che conduce infine il lettore a comprendere la genesi dell’attuale struttura dell’Ordinariato Militare, configurato come una circoscrizione della Chiesa cattolica assimilabile ad una Diocesi, al cui capo c’è un ordinario militare avente il rango di vescovo e con il grado di generale di corpo d’armata, e a scendere, un vicario generale militare, tre ispettori con funzioni di vigilanza e circa centocinquanta cappellani militari.

A concludere l’ampia disamina, compiuta anche in correlazione a quanto accaduto in altri Paesi europei, intervengono le considerazioni dell’autore sulla perdurante validità di tale Istituto e alcune sue proposte di una possibile modifica ordinamentale, che contemperano le esigenze di “spending review” e di laicità delle Stato moderno con la mai sopita necessità del soldato di ricevere, quando lontano da casa perché in missione (ma anche quando in guarnigione), un’ assistenza individuale, magari caratterizzata da una più ampia connotazione spirituale rispetto a quella propriamente religiosa.

Un’assistenza da estendere anche a commilitoni di altre confessioni e ai non credenti. Incondizionatamente offerta da uomini di Fede. In uniforme.

Enrico Baviera