Terrorismo: se la minaccia evolve e si adegua al mondo che la circonda, dovremmo farlo anche noi

(di Denise Serangelo)
17/11/15

Il 12 novembre scorso, in un doppio attentato suicida che ha provocato la morte di 43 persone nella periferia meridionale di Beirut, roccaforte di Hezbollah, il Libano si è ritrovato vulnerabile al terrorismo. L’attentato più grave compiuto nella capitale libanese dalla fine della guerra civile nel 1990. Nel comunicato con cui lo Stato islamico ha rivendicato l’attentato, il gruppo si è complimentato con “i soldati del califfato” per aver colpito i “bastioni degli eretici”, un riferimento agli sciiti che i jihadisti considerano come infedeli.

Hezbollah è entrato nel mirino del Califfato da quando ha cominciato a supportare con i propri miliziani Assad che, anche grazie a questo apporto, è riuscito a resistere alla marea montante di jihadisti, in arrivo da ogni parte del mondo. La probabile strategia che si cela dietro questi attentati in Libano è l'interesse ad allargare la guerra, per dividere le forze che gli si oppongono al califfato. Una strategia quella del fronte multiplo che abbiamo già avuto modo di testare nella Storia recente, alla fine della seconda guerra mondiale. I risultati, non sono dei più brillanti. Così come costa fatica ed organizzazione agli alleati, arginare l'ondata di terrorismo su più fronti, è altrettanto vero che gli stessi terroristi dovranno cimentarsi nel mantenere lo stato di allerta alto in più punti. Una strategia che pare eccessivamente ottimistica. Che Al Baghdadi stia sbagliando qualcosa?

Più che un errore di valutazione, quella del Califfo, sembra una mutamento sostanziale della sua strategia terroristica. Un atteggiamento più audace ma che permette di far emergere una struttura organizzativa di indubbia complessità e strategicamente versatile. Osserviamo come tra Libano e Francia, l'ombra del califfo si stia allargando e modificando. Nell'attentato di Beirut, il gruppo stragista era presumibilmente composta da 3 o 4 soggetti, forse di nazionalità siriana, dotati di cinture esplosive rigorosamente artigianali. Inizialmente l'obbiettivo dei terroristi era l'ospedale Rasolu Al - Aazam, noto per essere controllato dal gruppo Hezbollah. L'eccessiva presenza di forze dell'ordine ha scombinato i piani degli attentatori che si sono dovuto reinventare un piano ex novo. Con l'azione già in corso, con il rischio di essere scoperti, i terroristi hanno modificato il loro piano attendendo l'ora di punta per massimizzare l'effetto dirompente delle cinture esplosive.

Le esplosioni si sono susseguite in rapida successione e ad una distanza non superiore ai 150 metri l'una dall'altra. I luoghi prescelti sono stati caffè, ristoranti e pensiline dell'autobus, all'ora dell'attentato particolarmente affollate. Una strategia, quella libanese, che ci permette di cogliere la differenza con quanto accaduto a Parigi.

Nella lucida ri-pianificazione dell'attentato si evince la preparazione paramilitare degli attentatori, psicologicamente più stabili e rigorosi. Mettere in pratica un attentato in un Paese occidentale è decisamente diverso che perpetrarla in un Paese, come il Libano, abituato ad essere ipervigilante a causa del terrorismo. Il rischio corso dagli attentatori, di aspettare (senza essere scoperti) è una delle più lucide dimostrazione di come questi uomini siano camaleontici, ma soprattutto ci fa capire quanto possano essere letali se adeguatamente preparati.

A Parigi, la situazione è più scoordinata, imprecisa e frettolosa. In un paese che non si aspetta attentati, sarebbe stato semplice attendere il deflusso degli spettatori dallo stadio, senza destare sospetti. I terroristi però hanno evidenziato una insolita fretta, che molti hanno attribuito all'inesperienza e alla poca preparazione paramilitare del gruppo, situazione che ha salvato indubbiamente molte vite. Il paragone tra uno stadio pieno di gente (dove era presente anche il presidente francese) e un ospedale in piena attività non è poi così diverso: sono entrambi luoghi molto affollati, simboli di una società più vicini ai normali cittadini che al simbolismo ideologico. Le cinture esplosive costruite in casa il cui effetto disastroso è stato aumentato con chiodi e piccoli frammenti di metallo, sono il filo conduttore tra i due attentati, un elemento mutuato dalle prime azione qaediste verso le truppe americane in Iraq ed Afghanistan. Questi due attentanti, che alcuni ritengono scollegati tra loro, sono l'esempio più concreto di come lo Stato Islamico si stia evolvendo e di come la sua strategia si stia facendo più aggressiva.

Sbarcato in occidente, il Califfato, ha dovuto necessariamente rivedere la roulette dell'attentato. Qui, gli esponenti religiosi più influenti e i leader politici, sono scortati e quasi inavvicinabili. Così abbiamo la prima tappa della modifica terroristica dell'IS, da obbiettivi singoli e rappresentativi ad obbiettivi multipli e più comuni. Quando si colpiscono solo politici o luoghi simbolici la popolazione viene investita marginalmente dalla paura che questi comportano, perché non si identificano con la vittima. Colpire bar, ristoranti e pensiline dell'autobus invece comporta una reazione diversa, tutti noi almeno una volta abbiamo preso il pullman per andare a lavoro o a scuola, tutti prendiamo un caffè con amici al bar. Tutti potremmo essere vittime inconsapevoli della follia fondamentalista.

In un primo momento, i kamikaze erano singoli soggetti, geograficamente vicini ai luoghi dove si svolgono gli attentati, uomini che venivano sfruttati per la loro indigenza, con la promessa di una ricompensa in denaro per la famiglia che veniva lasciata sola. In Afghanistan ed Iraq questi soggetti erano motivati, per il bene della loro famiglia a compiere attentanti, ovunque e con qualsiasi mezzo, il terrorismo era espressione di un malessere sociale sfruttato da chi quel malessere non lo aveva mai vissuto. Le orme del Califfato non seguono quasi per nulla questa linea e puntano subito su individui manipolati, che vengono "agganciati" grazie al malcontento sociale in cui vivono e alla rabbia repressa per una Storia che li sta ignorando.

La strategia funziona. Ragazzi sono arruolati nelle file dell'IS che sfruttando il malcontento dei governi occidentali, assolda persino giovani leve dall'Europa e dall'America, così il salto di qualità. Dalla Siria all'Iraq si passa all'Europa. All'inizio è difficile coordinare più persone per un attentato terroristico senza una base in Europa, dunque si sviluppa quella teoria del 'Lupo Solitario' , un soggetto solo che viene istruito tramite il web a mietere vittime in casa propria. L'onda emotiva degli immigrati di seconda generazione è fortissima, mal integrati in un Europa diffidente e rinnegati dai loro Paesi d'origine che non hanno niente da offrire, lo Stato Islamico offre loro qualcosa in cui credere e per cui lottare. Uno specchietto per le allodole, ma questo lo sappiamo solo noi. Una volta creata una rete logistica e di conoscenze in Europa, le azioni si possono intensificare e diventare tatticamente più complesse.

Da gennaio 2015, con la strage di Charlie Hebdo la teoria del lupo solitario viene saltata a piè pari per approdare a gruppi militanti coordinati. La preparazione di questi soggetti, avviene tramite internet, oppure attraverso la diretta esperienza di militanti tornati dai centri di addestramento in Siria o Iraq. Per quanto possano essere indottrinati a dovere, rimangono soggetti che hanno imparato a mietere vittime su internet, non si sono addestrate, non hanno avuto modo di imparare dal vivo cosa significa condurre operazioni che possono prevedere anche dei contrattempi. Già il solo rumore degli spari, la gente che urla e scappa tende a disorientare chiunque, gli attentatori inoltre vivono uno stress psicologico immenso, derivato dalla volontà di riscatto personale e dalla voglia di dimostrare il loro valore come combattenti della jihad. Un mix esplosivo tra superficialità ed adrenalina. Piccoli gruppi armati, nonostante una coordinazione più evidente, non possono mirare ad obbiettivi troppo complessi e si limitano ad azioni multiple simultanee in luoghi molto affollati.

Il cuore dell'evoluzione si trova non solo nel numerico ma anche nel concetto di simultaneità che impone alle forze dell'ordine di dare priorità ad un sito rispetto ad un altro, almeno all'inizio.

(foto: NNA - i funerali di una delle vittime dell'attentato a Beirut)