Putin e Obama dovrebbero salvare la Siria? Prime considerazioni sul discorso americano all'Assemblea Generale

(di Denise Serangelo)
28/09/15

Alla 70° Assemblea Generale dell'ONU non si sono messi d'accordo nemmeno sul programma da seguire durante gli incontri bilaterali, figuriamoci sulla Siria.
 Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, quando ha anticipato i contenuti dell’incontro di oggi ha messo l’accento sulla crisi siriana, mentre il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, ha sostenuto che il principale argomento in discussione tra Putin e Obama sarà la situazione nell’est dell’Ucraina.
Una svista? Mica tanto.

L'unico flebile punto di coincidenza sembra essere la necessità di cooperare congiuntamente per il bene della Siria.
Mentre il presidente degli Stati Uniti - Barack Obama - incanta la folla, Putin lancia una nuova richiesta per una coalizione militare per combattere l'IS.
Un discorso sentito, quello del presidente, e come al solito la sua retorica colpisce, i tempi giusti, le parole giuste.
Gli esempi evocativi e le sottili allusioni proiettano l'ascoltatore in un video immaginario dove tutto e organizzato e pianificato.
Obama è il volto dell'America che non si scusa e non si giustifica, che rinnega le critiche mosse da mezzo mondo per il mancato interventismo in Siria.
Ma questa volta, le parole non bastano, il Mondo ha paura è ha gli occhi di un bambino implorante.

L'abitudine ai bei discorsi e alle belle intenzioni stride rumorosamente con una realtà ben diversa, con una politica estera americana lacunosa, sorniona e titubante.
Che ci sarebbe stata poca incisività sul fronte internazionale, Obama, lo aveva annunciato alla sua rielezione profilando numerosi passi indietro dalla polveriera mediorientale.
Si è preferito declinare l'offerta di mettere voce, di nuovo, in paesi come Siria ed Iraq per lasciare spazio a paesi come Giappone ed Emirati Arabi (si spera un giorno Uniti).
Bello, bellissimo, ma inattuabile.

"Le Nazioni Unite sono ancora adatte a proteggere questo mondo? A garantire ad esso stabilità?"
La domanda del presidente è legittima ma la risposta è altrettanto retorica.

"L'ordine imposto con la forza da potenze più grandi e potenti non può funzionare"
Ecco, quel suono stridente, realtà e parole che si urtano e non si trovano.
L'America in Iraq ha attuato uno dei più grandi fallimenti militari e diplomatici della Storia, Obama lo sa perfettamente e affonda il coltello nella ferita appena aperta.

Con un colpo di scena non da poco, ammette "dall'Iraq abbiamo appreso una dura sconfitta, non possiamo difendere il mondo da soli. L'ordine che un contingente militare può creare è un ordine aleatorio è temporaneo. Prima o tardi questo ordine imposto inizierà a scricchiolare".
Mai furono parole più vere e soprattutto sensate.
Abituati ad una politica fatta di frecciatine e continui rimpiattini, Obama per una volta, si assume le colpe della sua Nazione.
Un mea culpa fatto, forse, per spianare la strada ai colloqui bilaterali con la Russia sul fronte siriano?

Difficile propendere per questa opzione quando poi definisce Assad un "tiranno" chiudendo a due mandate il dialogo con la Russia.
La strada che le due presidenze hanno intrapreso non fa onore a nessuna delle due, si saranno accorti che la loro credibilità è messa a dura prova?

Obama, dopo l'ammissione sull'Iraq, non vuole lasciare troppo spazio di manovra alla Russia e sull'Ucraina non ammette repliche.
"L'America non ha interessi da quelle parti e il suo unico desiderio è di vedere un'Ucraina libera e sovrana.
Se uno Stato viola la Sovranità di un altro Stato ricordiamoci che potrebbe capitare a tutti voi.
La Russia si sarebbe potuta impegnare in un percorso diplomatico affiancato all'ONU per difendere quelli che crede essere i suoi diritti. Invece ha scelto una strada che danneggia tutti".
L'affondo è arrivato dritto ma non è finito.

"C'è qualcuno che ci dice che dovremmo sostenere dei tiranni come Assad, perché l'alternativa è molto peggio."
Colpito ed affondato ma la politica di Putin sorride all'affronto verbale, forte del suo interventismo pragmatico, del suo fare senza parlare.

Di questo ha bisogno il mondo, di fatti.
Se la lotta al terrorismo passa dall'assunzione di responsabilità come sostenuto nel discorso di Obama, sicuramente non passa per i paesi occidentali ma nemmeno per la Russia.

Sono ormai tre settimane che il presidente Putin gioca a Risiko davanti alle telecamere, sostiene di voler risollevare la Siria ma alla fine non se ne fa nulla. Muovere qualche carro armato e fare la voce grossa davanti al mondo che brama fatti è facile.
Avesse davvero le intenzioni di muoversi aveva i mezzi e le potenzialità per farlo, ma temporeggia e non è niente di diverso da quello che sta continuando a fare il presidente Obama.

Sicuramente lodevole è l'intenzione di spianare la strada ad un intervento politicamente solido, ma senza dialogo con gli interessati quale intervento vorremmo attuare?
Il presidente americano questo non lo spiega, ma torna con forza a cercare di unire tutti i sostenitori dell'Anti-Assad in una coalizione.
" Solo uniti potremmo vincere e solo facendo un governo inclusivo avremmo una Siria capace di risollevarsi"
Il presidente non sembra aver compreso bene il termine "inclusivo" cioè che include tutti gli attori che si contendono la Siria, Assad compreso.
Avendo appena fatto ammenda per l'Iraq viene da pensare che non abbia compreso a pieno quali errori siano stati commessi.
L'Anti-Assad sembra essere un requisito fondamentale senza il quale la Siria non potrà andare avanti, sicuramente un problema da affrontare in modo convincente da tutte e due le parti ma l'intransigenza dove porterà?
"Dobbiamo essere più incisivi sulle politiche da attuarsi dopo la caduta dei reggimi oppressivi. Bisogna sostenere chi sostiene una processo di pace durevole."

Se davvero Obama e Putin volessero salvare il Paese da un baratro che sembra dietro l'angolo, l'accordo sarebbe già siglato da mesi.
L'IS non starà ad aspettare che si decida la sorte di Assad, l'IS ha fame di territori e di petrolio, vuole conquistare uno Stato intero e continuando di questo passo, presto avrà il suo bottino di guerra.

Il fantasmagorico discorso di Obama incanta ma non convince.
La palla adesso è nelle mani di Putin che si spera punti al suo tanto rinomato pragmatismo e proponga idee concrete ed attuabili.

Se il futuro della Siria è in mano alla politica di Obama e di Putin, Dio ci assista.