Fondamentalismo islamico e tentativi precedenti di riforma

(di Antonio Vecchio)
19/07/16

Il fondamentalismo islamico è, in ordine di tempo, l’ultimo tentativo di riforma della costruzione musulmana basata sul Corano. Il Testo Sacro è prima di tutto una fonte normativa, una teologia politica che ha come oggetto principale il diritto. Dall’Islam originario formatosi attorno agli scritti sulla vita del Profeta, si afferma infatti col passare dei secoli una sorta di “dottrina legale” derivata dai Suoi detti (“madith”) e azioni, finalizzata a fornire a tutta la comunità dei credenti regole di vita quotidiana. È stato così che, in poco tempo, il Corano e i madith sono diventati le basi del “Fiqh”, la giurisprudenza islamica, che alla figura del “ulama”, vero e proprio consulente giuridico , riconosce un ruolo di grande centralità. Da questo graduale processo è derivato il peculiare carattere “sociale” della religione islamica, principalmente tesa ad affermare in seno alla “umma” (la comunità dei credenti) un modello politico coerente con gli insegnamenti del Profeta e la parola di Dio.

Aspetto, questo, da tenere sempre presente quando si affronta il tema del confronto con il Cristianesimo, religione in cui, almeno sotto il profilo teologico, è marcata la separazione tra sfera spirituale e campo politico. Se gli anzidetti insegnamenti e detti, sino al 900 DC, sono stati oggetto di continua interpretazione da parte delle numerose comunità islamiche, successivamente si è assistito alla cristallizzazione del loro significato ultimo, che ha finito per essere custodito con una rigida e rigorosa osservanza delle norme “sociali” scaturenti. Il fondamentalismo nasce proprio dal tentativo di rimettere in discussione la rigida codificazione dottrinale islamica, mediante una revisione critica ispirata a due linee guida fondamentali:

- l’idea che esiste un nucleo di verità inviolabili;

- il dovere di ricreare sulla Terra la “umma”, quale comunità di fedeli che condivide il sistema politico e giuridico indicato del Profeta.

Il fondamentalismo, trovato terreno fertile nel fallimento degli Stati creati dalla potenze coloniali europee, fin da subito ha unito al netto rifiuto del secolarismo, giudicato esiziale per l'intera costruzione musulmana , il rigetto verso le gerarchie politiche locali, considerate asservite agli interessi dell'Occidente. Così facendo, si è innestato nel percorso di revisione critica già avviato nel mondo musulmano da due movimenti endogeni, noti come “risveglio” e “riformismo” .

Il risveglio, affermatosi nel XVIII° e XIX° secolo in India, Nigeria, Arabia, Africa e Sudest asiatico come reazione alla contrazione dei mercati e delle vie carovaniere derivante dai rapporti commerciali con l’Occidente, si è ispirato a due idee principali: la Hiyra, ossia la migrazione, e il Jihad, il combattimento sulla via di Dio. Ad esse, inoltre, ha aggiunto l'aspirazione al ritorno all’Islam originario, la separazione anche geografica dagli infedeli, annunciando il ritorno di un Mahdi, un Salvatore, che avrebbe ristabilito il vero Islam.

Il riformismo, sorto nel XIX° secolo come reazione alla supremazia politica europea, a differenza del precedente, è partito da una critica radicale alle istituzioni dei Paesi islamici, giudicati arretrati rispetto a quelli europei, osservando come la netta separazione operata in Europa tra religione e politica, avesse favorito il forte sviluppo dell'economia e dell’organizzazione sociale. Ha sostenuto la necessità di un leader che conciliasse l’Islam con la civiltà moderna e realizzasse una riforma complessiva del sistema sociale e politico attraverso l’adozione dei modelli occidentali quali il costituzionalismo, la libertà di stampa, la consultazione pubblica, sulla base delle norme coraniche opportunamente riadattate. I Salafiti in Algeria ed i Fratelli Musulmani in Egitto (destinati ad abbandonare, tutti, la visione riformista per quella fondamentalista) sono state le espressioni più rappresentative del movimento, che si è diffuso principalmente in Egitto, Tunisia, Siria, Iran Iraq.

Il fondamentalismo islamico, come lo abbiamo tristemente imparato a conoscere, si pone quindi – ultimo in successione - sulla scia “revisionista” dei due movimenti che lo hanno preceduto: espressione di una tensione interna al mondo musulmano esistente da più di tre secoli, fondata ora sulla opposizione al predominio politico-culturale occidentale, ora sulla aspirazione ad una urgente riforma dall'interno dei regimi preesistenti. Si afferma velocemente in realtà statuali come l'Egitto, la Siria e l’Iraq - (senza scordare l'Iran degli Ayatollah) - in via di progressiva industrializzazione e urbanizzazione, nelle quali erano già presenti movimenti socialisti e nazionalisti, caratterizzate da uno stretto controllo dello Stato sulla pratiche religiose.

Grande merito del suo ideologo ed ispiratore, Sayyid Qutb, è stato proprio quello di intuire che nessuna ideologia islamica avrebbe potuto avere successo se non confrontandosi con il nazionalismo, il socialismo ed il monopolio statale del potere politico. Qutb pensava che la crisi della società contemporanea, con il fallimento del liberalismo, del socialismo e delle istituzioni democratiche, fosse il segno che l’epoca dell’uomo occidentale era giunta al capolinea, e che l’Islam, con la sua impalcatura morale, etica, politica e religiosa, era l’unica risposta possibile: un occasione irripetibile affidata ai veri credenti. Partendo quindi dal patrimonio ideale del riformismo islamico ed ispirandosi al marxismo, ha delineato una nuova concezione di società ispirata agli insegnamenti originari del Profeta, convinto che il compito dei credenti fosse quello di realizzare finalmente sulla Terra la comunità dei fedeli secondo i precetti di Maometto. Una comunità universale, perché universale è il messaggio rivelato; non rivolta a rigidi confini territoriali, poiché il messaggio di Dio deve riferirsi all’intero Creato. Il primo obbligo dell’uomo è pertanto rappresentare Dio in Terra: compiere il Suo Progetto mediante la realizzazione di una società (islamica) basata principalmente sulla famiglia, caratterizzata da una divisione di ruoli tra le donne - cui è affidata la maternità e l’educazione dei figli - e gli uomini, cui spetta il compito principale di combattere il Jihad. Una società in cui ogni islamico ha affidato il compito di seguire i dettami dell’ultima Rivelazione, quella di Maometto: la definitiva, dopo quelle di Mosè, Abramo, Isacco, Giuseppe e Gesù. E nel sostenere, per i credenti, non solo l'importanza della fede in Dio, ma soprattutto quella della affermazione della Sua Autorità in tutti i campi, Qutb ha riproposto la centralità di una visione politica dell' Islam il cui campo d'azione prima ancora che la sfera spirituale, è necessariamente il dominio pubblico, senza limiti geografici.

Fedele ai suoi precetti il messaggio di Qutb è giunto ai giorni nostri. Temibile per il terrore che promana e per la capacità di intercettare nei Paesi di origine e in Europa enormi masse di esclusi, usando un linguaggio al tempo stesso religioso e politico. Una narrazione che individua nell'Occidente e nella sua modernità, la causa prima del disagio e delle condizioni di povertà in cui versano milioni di “fratelli”, non partecipi dei “dividendi” della globalizzazione. A questi soggetti - quelli in Europa, ormai di seconda e terza generazione, immersi in una società liquida, relativista, percepita come estranea - consegna una precisa risposta identitaria, saldamente collocata nell'Islam. Ad essi suggerisce chi essere, come esserlo, e nel farlo “riscatta”la loro esistenza; poco importa se a scapito delle libertà individuali, viste con sospetto. Perché è il gruppo che prevale sul singolo, il trascendente sull'immanente. Nessuno è solo. Tutti si è parte del Disegno. E chi lo ostacola va eliminato.

(foto: web)