Se la naja non vuole morire

(di Denise Serangelo)
07/08/15

Niente, la naja non vuole morire.
La leva obbligatoria non passa mai di moda e come un must intramontabile ritorna sempre - a periodi storici alterni - come specchietto per le allodole.
Peccato che le allodole siano sempre quei veterani di un nazionalismo nostalgico e un pò stantio che improvvisamente sboccia quando meno te lo aspetti.
Sarebbe opportuno ricordare che la leva non è stata tutta disciplina, marce e amor di patria.
E' stato anche nonnismo, violenza e soprusi.

Il servizio militare rimette in sesto una generazione solo se questa ha già una base su cui far crescere quell'idea di nazione che tanto vorremmo.
Rifarsi i letti e rispettare il prossimo è un dovere che spetta alle famiglie, le forze armate non dovrebbero essere la bambinaia di nessuno.

Per il ritorno del servizio di leva, lo Stato Italiano rischia di dover prosciugare le casse della Difesa con cifre da capogiro.
Chi esorta a gran voce questo nuovo traguardo non ha ancora fatto i conti con le casse vuote del nostro paese, ché nel caso non si fosse capito per fare il servizio militare ci vogliono i soldi. Tanti soldi.

Il contesto sociale in cui si dovrebbe collocare la nuova leva è ben diverso da quello degli anni gloriosi.
Oggi i giovani maggiorenni hanno desiderio di andare all'università, non pochi eletti ma quasi tutti.
Facendo riferimento ai dati Istat del 2014 i nuovi nati in Italia sono 509.000 unità, di queste l'81% è di nazionalità italiana.
I circa 412.000 maggiorenni italiani che nel 2032 potrebbero assolvere il loro dovere di leva in una delle forze armate dello Stato quanti diventeranno tenendo conto delle esclusioni previste?
Esonerando gli universitari, coloro che hanno già trovato un lavoro (all'Estero e in Italia), quelli con problemi fisici, quelli con problemi psicoattitudinali. Esonerando coloro che hanno a carico famiglie disagiate o pendenze penali il cerchio si è stretto parecchio.
Fino ad ora - permettetemi di dire, con una nota di presunzione - non abbiamo minimamente considerato che per prestare servizio allo Stato Italiano non esiste più solo il servizio militare ma anche quello civile.
Bisognerà escludere dalla leva anche coloro che decidono ogni anno di diventare volontari del servizio civile e per questo esonerati da qualsiasi ambito legato alle forze armate.
Evitando di impelagarci in tortuose limitazioni del diritto di circolazione (o peggio delle libertà personali) in nome di un ritrovato spirito nazionalistico oppure costringere le nuove generazioni ad imbracciare un fucile controvoglia, vorrei capire alla fine chi la farebbe questa millantata naja?

Volendo evitare di considerare per un istante i soggetti esonerati, porrei l'attenzione su un punto che risulta il più insormontabile per il ritorno della leva: la condizione alloggiativa dei prestanti servizio.
Da quando il servizio militare obbligatorio è diventato un lontano ricordo, moltissime caserme sono state chiuse, vendute e riassegnate.
Con l'avvento del servizio militare professionale il numero di soggetti che devono essere ospitati dalle Forze Armate è drasticamente diminuito e il demanio ha - giustamente - tagliato il superfluo.
Solo nel 2015 saranno dismesse circa 3000 unità abitative del demanio e circa 1500 caserme che andranno a rimpolpare le casse in astinenza della Difesa.
La situazione alloggiativa odierna è già precaria, con la leva obbligatoria l'onere sarebbe totalmente a carico dello Stato, perchè è quest'ultimo che ne impone lo svolgimento.
Visto e considerato che non esistono fondi per acquistare nuove caserme (le stiamo vendendo proprio perchè non ci sono soldi) o per ingrandire quelle esistenti, tenuto conto che le spese per la difesa sono sempre più esangui, questi giovanotti dove li facciamo accomodare?
Qualcuno potrebbe pensare che sia cosa saggia fargli soggiornare un pò all'addiaccio come ai tempi d'oro salvo poi lamentarsi se all'Expo facciamo dormire i paracadutisti in tende diroccate.

Nel migliore dei casi, una volta ripreso il controllo delle caserme a queste andrebbe garantita una stabilità strutturale e la bonifica da materiali pericolosi. Molte strutture non hanno nemmeno le finestre o i bagni con acqua corrente.
Nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo, sì, sono condizioni necessarie.

Assimilabile al problema abitativo è quello della logistica e della vestizione.
Come troppi volenterosi sostenitori della leva obbligatoria non ricordano anche il vestiario e il cibo sono a carico dello Stato.
I fondi per la Difesa di certo non nascono sotto gli alberi, dunque il denaro che serve a pagare mimetiche, elmetti, stivaletti e quant'altro, uscirà tagliando altre spese dal comparto sicurezza e difesa che non naviga in buone acque.
Conseguenza di questa richiamata alle armi sarà dunque che i materiali acquistati saranno di scarsissima qualità a vantaggio di un costo irrisorio, non solo per la leva ma anche per coloro che sono in servizio permanente.
Finché si lesinerà sulle calze e potrebbe anche starci bene, ma quando lo faranno sugli elmetti quanti genitori preoccupati busseranno alle porte dei comandanti di reggimento?
E le armi con cui fare addestramento da dove dovremmo recuperarle? Il munizionamento?
Già allo stato attuale l'addestramento e i materiali hanno un budget limitato, con l'arrivo dei moderni sniper come dovremmo comportarci?
Tutte domande che attualmente non hanno nemmeno una soluzione plausibile.

Per evitare di cadere in una disquisizione puramente ideologica è bene per onestà di cronaca che vengano sottolineati anche gli aspetti più rilevanti del ritorno della leva.
Mediamente un volontario in forma prefissata di 1 anno ( VFP1 ) percepisce una paga mensile di circa 700 / 800€, gode dell'alloggio fornito dal demanio ed è a disposizione del reggimento H24.
Il soldato di leva, oggi, verrebbe pagato con una cifra intorno ai 400€ mensili in virtù del diverso tipo di contratto che l'obbligo di leva prevede.
Visto lo stipendio esiguo lo Stato sarà costretto all'accasermamento dei soggetti e al loro sostentamento.

Facendo un'ipotesi basata sui fatti e sulle attuali condizioni rese note dalla Difesa sarebbe necessario per coprire il fabbisogno di un reggimento standard poco meno del doppio del numero di volontari attualmente assegnati in un anno. Allo stato attuale e per le condizioni di impiego in cui verte la forza armata sarebbero richiamati circa il doppio degli uomini e delle donne attualmente reclutati, circa 9000 unità con la leva obbligatoria. Le compagnie che compongono un reggimento sarebbero così rese pienamente operative dal punto di vista della truppa, la catena di comando (ufficiali e sottoufficiali ) richiederebbe un revisione numerica dal vertice. Con il ritorno della leva i volontari in ferma prefissata di 1 anno sarebbero aboliti e i loro compiti passerebbero ai subentranti. Per i volontari in forma prefissata di 4 anni ( che non avrebbero bisogno di aumentare il loro bacino di reclutamento ) i compiti svolti sarebbero finalmente quelli opportuni: addestramento e mantenimento delle capacità operative per l'impiego all'estero.

La leva, dunque, andrebbe a svolgere tutte quelle mansioni che non comportano l'uso eccessivo delle armi e che si avvicinano maggiormente a ruoli di sorveglianza con responsabilità minime.
Sarebbero occupati nella manutenzione delle caserme e dei mezzi tattici e nel caso di una riforma più profonda sarebbe possibile impiegarli nelle cucine attualmente in mano a ditte esterne.
Salvo che per i VFP4, non sarebbe possibile uscire in missione se non con ruoli limitati alle retrovie e anche qui in settori con responsabilità e mansioni limitatissime.

Come abbiamo già preannunciato in passato la leva obbligatoria ha preteso il suo contributo a scapito di ragazzini indifesi catapultati in un mondo di adulti.
La componente psicologica nel servizio di leva era (e da molti è ancora) considerata poco più che una scusante per non adempiere al proprio dovere patriottico.
Peccato che la situazione, sopratutto all'epoca, era decisamente più complessa di così.
Evitando di commentare il comportamento di coloro che si sono finti psicologicamente deboli per saltare il servizio militare, creando lo stereotipo del "depresso-bugiardo" oggi l'accento va posto sulla professionalità degli psicologi e dei gradi più alti.
Già, perchè se prima chi doveva controllare e comandare era poco più che un ragazzino con una mimetica troppo grande e un grado che non gli apparteneva, oggi la situazione sarebbe diversissima.
In primis - dai comandanti di squadra agli ufficiali - avremmo soggetti professionalmente preparati, con anni di esperienza alle spalle che potrebbero essere supportati nel nuovo ruolo richiesto da psicologi con competenze specifiche.
La professionalità e l'esperienza della catena di comando, garantirebbe ai ragazzi di leva un controllo più mirato e la pronta segnalazione alle autorità competenti di situazioni di disagio.
Tutto questo ovviamente con una ricollocazione dell'organico attualmente in servizio nei ruoli che gli competono, situazione possibile solo con il ritorno della leva e dunque con il completamento del quadro dei singoli reparti.

Il primo risultato che potremmo ottenere dalla leva - che è anche il più conosciuto - è quello del rigetto psicologico.
Un giovane adolescente catapultato in un mondo spesso disagiato, lontano da casa e in un clima di totale rifiuto potrebbe sviluppare una repulsione verso l'ambiente militare e l'istituzione che lo ha inserito in quel contesto.
In questo caso rischiamo di avere l'effetto opposto rispetto a quello sperato, ciò avere una percentuale di soggetti che invece di sviluppare uno spirito nazionalistico e rafforzare se stessi ne usciranno avviliti e scontenti.
E purtroppo in contesti come questi che in passato si sono collocati episodi non brillanti nelle nostre forze armate, dove soggetti deboli e sottomessi sono stati vittime di sedicenti "colleghi" pronti ad aiutarli a modo loro.
Se Il progetto della leva obbligatoria, dovesse davvero prendere il via, sarebbe opportuno trattare l'aspetto psicologico e l'impatto emotivo con il massimo riguardo, senza limitarci a fare spallucce e pensare che andrà tutto bene per tutti indistintamente.

Il secondo risultato che potremmo ottenere dal servizio di leva è invece quello di avere soggetti - magari inizialmente reticenti - che trovandosi in un contesto di gruppo (un gruppo positivo ovviamente) si sentano motivati e spinti verso nuove esperienze di vita.
Vedranno nella forza armata una risorsa per il loro futuro e un accrescimento personale rilevante.

Per questi soggetti invece il punto nevralgico non è quello del sostegno psicologico ma bensì di come dovranno essere reimpiegati nel mondo civile oppure introdotti in quello militare.

La lunga disquisizione sulla bontà della leva obbligatoria non può esaurirsi in poche righe e non può essere dettata da un malcontento per l'andamento infruttuoso della nostra società.
Le perplessità non mancano, i dubbi sono moltissimi e le questioni non analizzate e mai menzionate sono tantissime; donne nelle forze armate, cittadini stranieri con cittadinanza, sbocchi lavorativi futuri, riforma del settore sicurezza e difesa sul lungo periodo. Solo per citarne alcuni.

Tenendo conto che siamo in Italia e che le reminiscenze del passato sono sempre state il nostro tallone d'Achille, vorremmo che si riflettesse sul fatto che con questo disegno di legge rischiamo di perdere intere generazioni. Rischiamo di fare più male che bene in virtù di qualche capriccio nostalgico.
Riflettiamo, prima di augurarci che i nostri figli prendano il largo da casa nostra per approdare in caserme malsane e circondati da una situazione sociale ed economica di livello catastrofico.

La mia preoccupazione maggiore - se non si fosse capito - è che in Italia più che tornare la naja morirà il buon senso nel nome di uno spirito nazionale che in troppi esaltano e che in pochissimi praticano davvero.
Se la naja deve resuscitare che almeno lo faccia bene, sennò che muoia con dignità una volta per tutte.