La prima guerra mondiale, lo spirito del mondo, l'indifferenza del nostro tempo

(di Andrea Pastore)
24/08/15

"Un giorno l'urlo vostro e il rombo mio oggi su noi la voce alta di Dio".

Il Colle di Sant'Elia è oggi un cimitero, non perché posto di fronte al Sacrario Militare di Redipuglia, ma perché vittima di un immanente relativismo, figlio degenere della società post-moderna. Urlano i turisti d'agosto tra gli alberi posti a sentinella della storia e con il loro sguaiato chiacchiericcio rendono per paradosso ancor più cimiteriale l'ambiente. Non è la morte dei corpi a fare di questo luogo un Camposanto, bensì la morte delle idee, la fine della morale comune sepolta nell'alienazione dalla realtà.

Tra queste pietre e questi arbusti ebbe a manifestarsi la lotta dell'uomo contro l'uomo, ma nel contempo lo scontro tra Stati, uno scontro che nell'analisi della guerra '14 - '18 del secolo ventesimo non può ridursi ad effetto di tensioni sociali, industriali o di interessi mercantili, ma è da ritenersi, per la sua brutalità, eco di una lotta tra spiriti dei popoli intesi come elementi etici da cui nascono le comunità umane e di conseguenza il loro confrontarsi anche doloroso.

La durezza del conflitto è quindi conseguenza della forza generatrice delle società umane e come tale deve essere accettata e governata per evitare che esploda in modo dirompente, così come accade quando si manifestano conflitti su larga scala, da sempre nella storia frutto dell'incapacità umana di governare lo spirito del mondo.

Tornando al nostro tempo è possibile osservare come non vi sia più nulla da governare, poiché nulla di quello spirito del mondo, che animò il primo conflitto mondiale, è rimasto in vita, prova ne è la totale dimenticanza delle vestigia gloriose del passato, dei luoghi di scontro e di morte, persino dei nomi di chi sacrificò il bene supremo della vita. L'indifferenza buonista nei confronti di un' epoca in cui l'etica riusciva ancora a guidare le scelte degli uomini è il riflesso di una società contemporanea malata di ignoranza e di appiattimento alle concezioni edonistiche del mondo, di una classe politica incerta e disorientate e forse di un mondo incapace di guardare fuori dalla propria condizione.

Non si fraintendano queste parole, la caccia dell'uomo contro l'uomo che noi chiamiamo guerra, in quanto portatrice di sofferenze non è mai né auspicabile, né condivisibile, tuttavia quando si manifesta è inutile voltarle le spalle, così come è inutile insabbiare il ricordo degli eventi bellici del passato nella vana speranza che questa indifferenza possa valere quale rito apotropaico in grado di cancellare una delle manifestazioni estreme dello spirito dei popoli.

Il colle di Sant'Elia e questi gradoni del Sacrario, dopo cento anni, continuano ad essere terra di mezzo, ieri tra le volontà in lotta, oggi tra la memoria e l'oblio, chissà se vi sarà in questa società tormentata ed inquieta quello scatto d'orgoglio capace di far uscire le coscienze dal torpore che tutto uniforma e che ad oggi ha reso vani i sacrifici di un passato sempre più seppellito sotto il peso dell'indifferenza.