Siria: "Senza gli Stati Uniti e i loro alleati la guerra sarebbe finita molto tempo fa", intervista a Kevork Almassian

(di Andrea Gaspardo)
15/03/19

La Guerra Civile Siriana imperversa ormai da 8 anni nelle lande del Levante e ha contribuito a cambiare non poco sia la percezione delle crisi mediorientali sia la relazione esistente tra il pubblico occidentale e le principali testate giornalistiche e televisive colpevoli, agli occhi dei più, di aver rappresentato le vicissitudini del conflitto in maniera incompleta o addirittura completamente disonesta.

Kevork Almassian, giornalista ed analista politico siriano, appartiene alla borghesia armena della città di Aleppo. Con il deterioramento della sicurezza, ha dovuto riparare in Libano assieme a tutta la famiglia e da qui ha deciso in solitaria di prendere la via per la Germania. Ha fondato “Syriana Analysis”, voce del giornalismo indipendente “made in Siria”...

Qual era l'obiettivo della fondazione di “Syriana Analysis”?

Nel gennaio 2017 decisi di lanciare un canale su YouTube per poter comunicare con gli Occidentali con l'obiettivo di far luce anche sull'altra faccia della storia della guerra in Siria, la quale era stata tenuta a lungo nascosta al pubblico occidentale. Il mio pubblico di riferimento era costituito dalla gente comune negli Stati Uniti d'America ed in Europa perché avevo l'impressione che fossero fortemente disinformati e pertanto resi inclini a supportare un'élite politica che non esiterebbe nemmeno a schiantare degli aerei sui suoi stessi grattacieli (riferimento alle teorie cospirative sugli attentati dell'11 settembre, nda). Per questa ragione, nell'era dei “social media”, il modo più efficacie di raggiungere questo pubblico era attraverso YouTube, una piattaforma che permette di diffondere il proprio messaggio direttamente al pubblico bypassando al contempo la narrativa più in voga tra i “Mezzi d'Informazione di Massa”.

I “Mezzi d'Informazione di Massa” in Occidente e nel Mondo Arabo sono o sono stati affidabili riguardo alla copertura del conflitto in Siria?

La principale mistificazione che domina il dibattito pubblico riguarda il fatto che la “Rivoluzione Siriana” sia incominciata pacificamente, ma che poi i “rivoluzionari” abbiano dovuto imbracciare le armi per proteggere loro stessi. In realtà, non possiamo generalizzare ed affermare che l'intero schieramento “anti-Assad” fosse o violento o pacifico proprio perché non vi era una struttura centralizzata che stesse dirigendo le proteste ed i manifestanti. Quasi in ogni strada c'era un leader, in genere figure religiose, a guidare i contestatori. Secondo le mie ricerche, le proteste erano pacifiche in alcune aree e non solo “violente” ma addirittura “terroristiche” in altre. Tuttavia i “Mezzi d'Informazione di Massa” hanno presentato le proteste come se si trattasse di un movimento organico.

Quando le proteste iniziarono in Siria nel 2011, prima a Dara'a e poi nel resto del paese, quale fu la sua prima reazione? Aveva mai pensato prima di allora che un evento di tale magnitudine avrebbe potuto colpire il paese?

Le prime proteste organizzate iniziarono a Baniyas, su istigazione dello sceicco Anas Ayrout e i loro propositi erano di natura islamista: chiudere le scuole miste e permettere alle insegnati con il volto ricoperto dal Niqab di tornare tra i banchi d'insegnamento. Comunque, questi dettagli non erano chiari all'inizio e molti Siriani, me incluso, non potevano cogliere gli eventi nella loro interezza. Perciò nelle prime settimane speravo che questo movimento potesse portare a maggiori aperture politiche e ad una minore corruzione, ma mi ci vollero poche settimane per capire da chi fosse composto il nocciolo duro del movimento e dove la Siria si stesse dirigendo, specialmente dopo il massacro di Jisr al-Shughur dove più di 100 soldati, ufficiali e membri delle forze di sicurezza siriane vennero trucidati.

Molto spesso i cosiddetti “Mezzi d'Informazione di Massa” in Occidente, oltre alla propaganda partigiana proveniente dalle principali testate d'informazione connesse alle monarchie sunnite del Golfo, hanno la tendenza a rappresentare la Guerra Civile Siriana come una guerra religioso/settaria, anche se alcuni analisti (me incluso) hanno contestato tale affermazione.

Una guerra civile, o una guerra settaria, necessita dell'esistenza di due parti. Infatti, i movimenti anti-Assad, in particolare coloro che combattono sul terreno contro l'Esercito Siriano sono largamente motivati da finalità religiose o settarie. Questa non è un'analisi. I gruppi militanti sono onesti riguardo a ciò nella loro retorica e nelle loro dichiarazioni programmatiche. Perciò, io credo che i gruppi armati anti-Assad siano per la maggior parte monocolore, mentre le forze governative, nonostante i numerosi errori, sono multi etniche, multi religiose, multi settarie e multi culturali. Questo aiuta molto il governo di Assad nel conquistare “i cuori e le menti” delle varie comunità della Siria.

Nel corso degli anni, la “Guerra Civile Siriana” si è trasformata in una sorta di “Guerra Mondiale” a causa dell'intervento diretto ed indiretto di molti paesi stranieri e di “attori non statuali” nelle vicissitudini del conflitto. Quali stati sono oggi percepiti dai Siriani come “amici” e quali invece come “nemici” dal punto di vista dell'opinione popolare?

La gente in Siria è divisa. Alcuni definiscono la Russia, l'Iran, gli Hezbollah come nemici mentre altri definiscono come nemici gli Stati Uniti, il Regno d'Arabia Saudita, Israele, il Qatar, la Turchia e i loro alleati più piccoli. Secondo la mia umile opinione, questi ultimi hanno tentato per molto tempo di rovesciare l'attuale regime governante la Siria non perché sia autoritario, ma a motivo della politica estera di Damasco, la quale danneggia gli interessi americani nella regione. Dopo il 2011, questi stati hanno incominciato a rifornire di armi i gruppi radicali in Siria e ciò ha portato ad una espansione della portata della guerra e a centinaia di migliaia di vittime.

Senza il supporto degli Stati Uniti e dei loro alleati ai ribelli islamisti, la guerra sarebbe finita molto tempo fa. Nonostante le mie divergenze con l'attuale regime ed alcune delle sue politiche interne, io supporto completamente la politica estera di Damasco e penso che il prezzo che i Siriani hanno pagato sia valso la pena nel mantenere la Siria in un asse che garantisse il massimo livello di indipendenza e dignità.

Dopo 8 anni di guerra continua, il conflitto in Siria si sta avvicinando alla sua naturale conclusione con la vittoria del fronte interno ed internazionale che ha sostenuto il governo. Il presidente Assad ha stimato che, fino ad ora, la Siria abbia sofferto danni materiali assommanti ad oltre 450 miliardi di dollari, ma persino peggiori sono le “cicatrici invisibili” ed il retaggio di odio e sfiducia tra le diverse comunità etniche e religiose che una volta formavano la “società civile” nel tuo paese. Pensa che le differenti comunità della Siria saranno in grado di vivere nuovamente insieme in pace e mutuo rispetto come facevano prima della guerra?

La mia risposta sarebbe ipotetica perché non sappiamo come sarà l'era dopo la fine della guerra. Ma io credo che, se vogliamo mantenere un livello minimo di coesistenza sociale, deve esserci uno stato forte dotato di un esercito e delle forze di sicurezza. Sfortunatamente, il Medio Oriente non è la Svizzera e gli stati devono praticare il loro “Potere Giacobiano” per tenere unite insieme alcune comunità.

Secondo la sua opinione quale dovrebbe essere (o non dovrebbe essere) il posto della religione nella società e nelle istituzioni della Siria dopo che la guerra sarà finita? Sarà possibile spezzare definitivamente la schiena al Fondamentalismo Islamico e creare una società veramente secolare?

La mia semplice risposta è: NO. Una società veramente secolare è ben lontana dal divenire in Siria. Ci vorrebbero due o tre generazioni per arrivarci. Ma a causa delle conseguenze della guerra: più radicalismo e meno secolarismo, io credo che il regime governante stia cercando di placare la base popolare dei radicali e stia cercando di riguadagnare alcuni settori della piazza sunnita attraverso l'introduzione di valori più conservatori e meno secolari. Io credo che questa politica fallirà e produrrà una società meno tollerante che aprirà la strada ad ulteriori tribolazioni in futuro.

Nel corso della guerra, il presidente Bashar al-Assad è stato in grado di imporre se stesso letteralmente come il “pilastro dell'unità e della resistenza nazionale” e tutti i tentativi di “cambio di regime” portati avanti dalle potenze straniere e dagli Islamisti armati sono falliti. Tuttavia, la condotta presidenziale prima del conflitto e la direzione strategica della guerra stessa non è stata esente da pecche; per esempio, alcune delle sconfitte più costose in termini di vite umane, sofferte dall'Esercito Siriano specialmente durante il periodo tra il 2011 ed il 2015, possono essere comodamente attribuite ad una drammatica mancanza di preparazione sia da parte della leadership militare che di quella politica. Una volta che la guerra sarà finita e che la Siria sarà nuovamente pacificata e riunificata entro i suoi confini pre-guerra, ci sarà una resa dei conti a livello delle élite dominanti e Assad sarà obbligato, se non a dimettersi, quantomeno ad accettare un parziale ridimensionamento dei suoi poteri e delle sue prerogative presidenziali?

Coloro che conoscono la mentalità dell'attuale regime escludono queste opzioni. Nonostante le serie pecche dimostrate nel periodo 2011-2018, questa élite governante si è dimostrata in grado di sopravvivere e rinnovarsi. Io non vedo la possibilità che Assad si dimetta o giunga a compromessi con i suoi oppositori. Le cosiddette riforme politiche rimarranno di natura cosmetica e non cambieranno il carattere e la natura del sistema di potere.

La guerra ha visto la proliferazione di una varietà di milizie armate sia nel campo anti-governativo che in quello pro-governativo. C'é stato un tentativo di unificare tutte le milizie del campo pro-governativo con l'istituzione, mediante l'assistenza iraniana, della “Forza di Difesa Nazionale” (Quwāt ad-Difāʿ al-Watanī). Tuttavia, l'influenza di alcuni partiti ed individui su alcuni settori di questi gruppi armati è veramente palpabile; penso all'influenza che il Partito Ba'ath ha sulle “Brigate del Ba'ath” o quella che il Partito Nazional-Socialista Siriano ha sulle sue “Aquile della Tempesta”. Come questa nuova situazione e “militarizzazione dei partiti politici” contribuirà a plasmare i futuri equilibri politici nel parlamento e nella società in generale?

Preferisco non entrare nei dettagli ma credo fermamente che, non appena la guerra sarà terminata, questi gruppi verranno integrati nelle forze armate siriane oppure deporranno le armi. Dopo che Aleppo venne liberata, ci sono voluti due anni al governo per disarmare la maggior parte dei gruppi paramilitari all'interno della città, specialmente le cosiddette “shabihas”.

Presto o tardi, la Guerra Civile Siriana finirà. Che cosa succederà allora a Syriana Analysis? Continuerà ad esistere e riconfigurerà la propria attenzione su altre “zone calde” del Medio Oriente e del mondo intero oppure considererà questa esperienza come conclusa e si focalizzerà su altri obiettivi?

Syriana Analysis continuerà ad esistere anche dopo la guerra e focalizzerà la propria attenzione sul ritorno dei profughi, sulla ricostruzione, sulle tematiche interne, ecc.. Recentemente ho anche inaugurato Syriana TV in lingua araba allo scopo di comunicare queste tematiche ai Siriani.

Foto: YouTube / Al Jazeera / Giorgio Bianchi / SANA