Pisa commemora i caduti della Folgore: quando Churchill si inchinò ai Leoni italiani

(di Denise Serangelo)
16/10/15

La mattina del 16 Ottobre il cielo sopra Pisa è ostile, nuvole cariche d'acqua, il vento che sferza, gelido.
Nonostante gli ostacoli climatici sono diverse centinaia i baschi amaranto che si sono dati appuntamento alla caserma "Gamerra" sede storica della Scuola di Paracadutismo dell'Esercito Italiano.
La celebrazione del 73° anniversario della battaglia di El Alamein è il cuore che anche quest'anno pompa i valori della Brigata ai suoi componenti.
Niente fermò i "Leoni" della Folgore in Africa e nulla a distanza di decenni fermerà i loro degni successori in terra d'origine.

Il ricordo dei caduti di El Alamein e di tutti coloro che hanno pagato con la vita il loro impegno in questa gloriosa specialità è un momento di riavvicinamento per tutti i paracadutisti italiani.

La grande adunata prende vita da ogni parte della penisola e sono in molti ad essere presenti con più di una generazione a seguito. Padri e figli ( e in qualche caso figlie ) legati dall'indissolubile brivido di essere militari, nello stesso corpo, a qualche decennio di distanza.

L'abbraccio ideale che si stringe intorno alle famiglie dei caduti lo può sentire anche chi non ha mai vestito una divisa, il sorriso dei commilitoni che si ritrovano anno dopo anno, grado dopo grado mescola il ricordo alla gioia.
Il passato della Folgore è parte integrante del DNA della Folgore di oggi.

Chi non ha fatto ritorno dalla campagna d'Africa 73 anni orsono trasmette ogni anno a questi giovani nuovi paracadutisti tutto quello di cui hanno bisogno: il senso di sacrificio, la dedizione e il coraggio.
L'aria intrisa di amaranto permette alle nuove leve di scoprire quello spirito di corpo per loro appena trovato e a coloro che invece parà lo sono da sempre di ritrovarsi, ancora una volta, insieme.

Nella città di El Alamein la notte del 23 ottobre 1942 le truppe britanniche, iniziarono il tiro sulla prima linea italo-tedesca, scatenando l'inferno.
La zona si illuminò a giorno e il terreno tremava sotto i colpi delle artiglierie, piovevano distruzione e morte seminando paura.
I giovani paracadutisti italiani, insieme a numerose altre divisioni dell'Asse, erano pronti alla battaglia che presto sarebbe infuriata intorno a loro.

Le artiglierie dell'Asse risposero in modo totalmente inefficace al fuoco, le munizioni scarseggiavano e ancora si viveva nella speranza di non dover affrontare una battaglia sulla propria pelle.
Dopo un quarto d'ora dall'inizio dei tuoni d'artiglieria gli uomini delle fanterie inglesi uscirono dalle loro buche, scavate nella sabbia, ed avanzavano verso il punto in cui i colpi andavano ad infrangersi.
Alle 21:00 circa, sotto il cielo offuscato dai fumi stantii che uscivano dalle bocche da fuoco, aveva inizio la seconda battaglia di El Alamein. Gli inglesi avevano appena preso contatto con il nemico.

Nella notte tra il 23 e il 24 Ottobre a sud della storica città egiziana le artiglierie della Folgore vendettero cara la loro postazione, dando una fortissima battuta d'arresto alle divisioni carri e fanteria inglesi.
Solo alle prime luci dell'alba gli avamposti della Folgore furono annientati ma gli uomini della coalizione rimasero così bloccati in mezzo ai campi minati tedeschi i così detti "campi del Diavolo".

Iniziava la lunga resistenza della Folgore all'avanzata nemica.

Ancora oggi, a distanza di 73 anni, non sappiamo cosa abbia spinto quei giovani soldati a resistere; coraggio, orgoglio o paura non ci è dato sapere.
Quel che sappiamo è che qualsiasi sia stata la scintilla che non fece cadere i Leoni della Folgore prima dell'ultimo giorno di battaglia, oggi avremmo bisogno che risplenda più viva che mai.

Perché quotidianamente questi ragazzi, giovani e meno giovani, affrontano una vita complessa fatta di sacrifici e spesso anche di rinunce.
Il tutto per indossare quel basco e continuare a perpetrare nel tempo i valori che ad El Alamein fecero grande il nome dei paracadutisti italiani.

A distanza di così tanti anni, la Folgore si stringe intorno ai suoi valori che la rendono amata e glorificata in ogni parte del mondo.
Gli uomini dal basco amaranto sono oggi impegnati in Iraq; Somalia; Libano solo per citarne alcuni.
Sono impegnati nelle operazioni Strade Sicure, dove riscuotono un numero altissimo di successi e si godono anche il plauso della popolazione protetta dai suoi Leoni.
Chiediamo al generale Iannucci - comandante della brigata paracadutisti - di mandare un messaggio a coloro che in questo giorno per loro così importante non possono essere presenti in Patria perché impiegati in missioni.
"Ai paracadutisti impiegati all'estero, vorrei dire innanzitutto auguri, perché il loro compito è delicato e non facile. Nei giorni passati ho scritto attraverso i canali più frequentati sui media ai ragazzi all'estero per esprimere loro la mia vicinanza e il mio sostegno per il loro lavoro".

Toccanti sono le parole del generale Primicerj comandante delle forze operative terrestri.
"Ai ragazzi impiegati all'estero e oggi in particolar modo ai paracadutisti mi preme ricordare un aspetto importante. Mentre si veste una divisa non si è solo soldati, bisogna ricordarsi di essere anche e soprattutto cittadini italiani, genitori e uomini. Perché la sensibilità e l'umanità che i nostri colleghi dimostrano all'estero quotidianamente nella mia carriera non l'ho vista quasi mai. Questo ci rende soldati migliori!"

Oggi a Pisa, la Folgore ha evidenziato con lodevole sobrietà e grande accoglienza, che cosa vuol dire l'essere paracadutisti.
I caduti di ieri sono parte integrante dei cromosomi della Folgore moderna, cessano di essere storia e divengono leggenda nel cuore di coloro che indossano ancora con orgoglio il loro basco.

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