La Difesa italiana è fuorilegge e snobba gli ordini?

(di Vasco Monteforte)
10/09/18

Il 7 giugno del 2000, quando fu pubblicata, generò molto clamore fra gli addetti ai lavori e i professionisti del settore della comunicazione e della pubblica informazione. La definirono rivoluzionaria e al tempo stesso venne immediatamente considerata la pietra miliare di un nuovo corso nella pubblica informazione e nella comunicazione istituzionale, che avrebbe portato la pubblica amministrazione al servizio dei cittadini.

Di fatto la legge 150/2000 consacrava il lavoro svolto dai numerosi uffici stampa della pubblica amministrazione1 come lavoro giornalistico e quindi assoggettabile alle norme e leggi sulla stampa. In sostanza sanciva che negli uffici stampa avrebbero dovuto operare giornalisti in qualità di esperti e professionisti della pubblica informazione. È proprio a partire da tale assunto e per il fatto che Difesa Online è un interlocutore degli uffici stampa del comparto Difesa, ci siamo posti la domanda: a distanza di diciotto anni qual è oggi la situazione in quella parte della Pubblica Amministrazione costituita dalle Forze Armate, dallo Stato Maggiore della Difesa e nel Dicastero stesso della Difesa?

Al momento dell’entrata in vigore della Legge 150/2000, per il solo fatto che la legge stabiliva che il lavoro degli uffici stampa era lavoro giornalistico, implicitamente assumeva che coloro che da anni ormai operavano negli uffici stampa in realtà avevano svolto un lavoro giornalistico. Venne stabilito un periodo transitorio di 24 mesi, a partire dalla pubblicazione del decreto attuativo della legge, nel quale le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto regolarizzare il personale che operava almeno da 5 anni in tali strutture. La regolarizzazione si sarebbe conclusa con l’iscrizione di tali professionisti all’Albo dei Giornalisti, a partire dall’elenco Pubblicisti presso i diversi Albi Regionali, seguendo dei corsi riconosciuti e patrocinati dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti (OdG) e dalla Federazione Nazionale della Stampa (FNSI), attraverso il FORMEZ, la scuola della Pubblica Amministrazione (oggi SNA Scuola Nazionale dell’Amministrazione Pubblica) o Scuole e Università specialistiche nella materia della Comunicazione e del Giornalismo.

Bisogna riconoscere che alcune Amministrazioni Pubbliche più avvedute, tra queste anche molte istituzioni militari, provvedettero a regolarizzare il personale dei propri uffici stampa, ancor prima che venisse approvato il DPR n. 422 del 21 settembre 2001, cioè il Regolamento recante le norme per l'individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione e la disciplina degli interventi formativi in linea con la L.150/2000.

Tanto furono previdenti queste Amministrazioni militari, la Marina Militare fu tra le prime a impiegare nel suo ufficio stampa ufficiali e sottufficiali che erano anche giornalisti pubblicisti, poi con l’impiego della riserva selezionata vennero integrati anche giornalisti professionisti, seguita, su questa strada, successivamente anche dallo Stato Maggiore della Difesa e dalle altre Forze Armate, quanto oggi invece risultano essere inadempienti delle disposizioni legislative previste dalla L.150/2000. Oggi, ci dispiace rilevarlo, ma in realtà è un fenomeno che rileviamo da un po’ di anni ed è il motivo di tale articolo, i professionisti di allora, militari e giornalisti, per motivi anche legittimi e legati alla progressione professionale ci ciascun militare, sono stati sostituiti nella maggior parte dei casi con colleghi non qualificati per tale settore e questo con un grave danno, a nostro modesto parere, soprattutto nel settore della pubblica informazione. Per essere ancor più chiari ci riferiamo a quei professionisti del settore che devono avere rapporti con i colleghi giornalisti dei mezzi di informazione pubblica.

Questo lo rileviamo, non per fare una polemica sterile, ma alla luce di quanto accaduto negli ultimi anni, dove sempre più si è assistito ad un servizio di pubblica informazione pilotato e non al servizio dei cittadini come prevedeva la L.150/2000. Si è assistito a una gestione della pubblica informazione che definiremmo, quantomeno originale e curiosa, dove alcuni giornalisti venivano invitati perché graditi e altri esclusi perché "meno duttili". Appare evidente che dopo la prima fase di stupore, sono seguite molte altre di imbarazzo e altre ancora di evidente propaganda, quindi non di pubblica informazione e ciò è stato favorito, a nostro avviso, anche da una gestione della pubblica informazione fatta non da addetti ai lavori ma da personale militare validissimo ma compiacente al Capo di turno.

E i cittadini? Cioè il pubblico che il legislatore aveva individuato come beneficiario principale del servizio di pubblica informazione della Pubblica Amministrazione, che ruolo ha assunto in questi ultimi anni? Secondo noi in questo sistema di pubblica informazione così fortemente condizionato dal volere del Capo di turno i cittadini sono stati un destinatario da convincere, o per usare un verbo un po’ più forte, da condizionare, sicuramente non da informare.

Allora alla luce di tutto questo e soprattutto confidenti che questo nuovo corso politico si è presentato come il Governo del cambiamento ci chiediamo, rivolgendo questa stessa domanda al Ministro della Difesa, perché in questo settore della pubblica informazione non si rimettono le cose in regola, cominciando proprio dallo stesso Dicastero e scendendo giù negli Stati Maggiori delle Forze Armate, andando a impiegare negli uffici stampa quegli ufficiali, e ce ne sono molti, iscritti all’ordine dei giornalisti o con corsi di studio giornalistici e affini?

Comprendiamo che formare del personale nello specifico settore giornalistico è un po’ macchinoso per una Istituzione militare, anche se non impossibile, viste anche le numerose pubblicazioni militari e siti istituzionali, alcuni dei quali registrati come testate online. Il problema è semmai fare in modo che sia gli uffici stampa che le riviste siano affidate come direzione a dei giornalisti, in modo che questi possano poi certificare gli autori degli articoli per le finalità legali e di iscrizione agli ordini regionali dei giornalisti stessi. Questo consentirebbe alla Difesa di poter formare parte del suo personale come giornalista e quindi avere una propria autonomia. Non crediamo che l’OdG possa avere qualcosa in contrario su questo.

Ci risulta che le Forze Armate e lo Stato Maggiore della Difesa siano molto attenti alla formazione del personale addetto alla pubblica informazione (PI) e comunicazione facendo frequentare dei corsi molto qualificanti come quelli svolti a costo zero per l’amministrazione, cosa che va elogiata, presso la SNA Scuola Nazionale dell’Amministrazione. Questo è un esempio virtuoso che conforterà tutti.

Ho voluto citare quelli che sono gli aspetti positivi del settore della comunicazione della Difesa per far comprendere che non vi è alcun pregiudizio e sgombrare il campo da quella che potrebbe essere considerata una critica fine a se stessa per i militari che operano in tale settore. Non è così. Questo articolo muove dalla necessità, percepita sempre più come urgenza tra i colleghi giornalisti di avere nelle istituzioni militari degli interlocutori che aiutino a svolgere un lavoro giornalistico, che è poi servizio per i cittadini. Questo in linea e coerentemente con la filosofia ispiratrice della Legge 150/2000 e cioè che la Pubblica Amministrazione ha il dovere di informare i cittadini e quindi l’informazione si inquadra come un servizio al cittadino.

La Legge 150/2000 fa una differenza netta tra Pubblica Informazione e Comunicazione, separandole e affidando la prima a professionisti del settore che ne dovrebbero preservare quanto più possibile le caratteristiche di oggettività. Come dire la propaganda è legittima, è consentita ma è afferente alla Comunicazione, non deve inquinare la pubblica informazione. Per fare questo, credo sia necessario vedere ai vertici degli uffici stampa e come addetti agli uffici stampa professionisti, nel nostro caso militari-giornalisti “ognitempo”, cioè personale indipendente dal volere dei vertici.

Questo è un sogno o un‘utopia? Non lo so, io la vedo come una speranza e se si realizzasse, darebbe la certezza che le leggi sono davvero applicate e qualcosa è davvero cambiata rispetto al passato. Non tutto si può avere subito ma se almeno nei prossimi imminenti avvicendamenti in tale settore qualcosa andasse in tal senso sarebbe un grande segnale e farebbe meditare.

   

1all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.

Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunita' montane, e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.


Legge 7 giugno 2000, n. 150

"Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni"

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 13 giugno 2000


Capo I.

PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.

(Finalità ed ambito di applicazione)

    1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione dei princìpi che regolano la trasparenza e l’efficacia dell’azione amministrativa, disciplinano le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni.

    2. Ai fini della presente legge sono pubbliche amministrazioni quelle indicate all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
    3. È fatta salva la disciplina vigente relativa alla pubblicità legale od obbligatoria degli atti pubblici.
    4. Nel rispetto delle norme vigenti in tema di segreto di Stato, di segreto d’ufficio, di tutela della riservatezza dei dati personali e in conformità ai comportamenti richiesti dalle carte deontologiche, sono considerate attività di informazione e di comunicazione istituzionale quelle poste in essere in Italia o all’estero dai soggetti di cui al comma 2 e volte a conseguire:

        a) l’informazione ai mezzi di comunicazione di massa, attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici;

        b) la comunicazione esterna rivolta ai cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso ogni modalità tecnica ed organizzativa;
        c) la comunicazione interna realizzata nell’ambito di ciascun ente.

    5. Le attività di informazione e di comunicazione sono, in particolare, finalizzate a:
        a) illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine di facilitarne l’applicazione;

        b) illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;
        c) favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza;
        d) promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale;
        e) favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati nonchè la conoscenza dell’avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi;
        f) promuovere l’immagine delle amministrazioni, nonchè quella dell’Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi d’importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale.

    6. Le attività di informazione e di comunicazione istituzionale di cui alla presente legge non sono soggette ai limiti imposti in materia di pubblicità, sponsorizzazioni e offerte al pubblico.

Art. 2.

(Forme, strumenti e prodotti)

    1. Le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni si esplicano, oltre che per mezzo di programmi previsti per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria, anche attraverso la pubblicità, le distribuzioni o vendite promozionali, le affissioni, l’organizzazione di manifestazioni e la partecipazione a rassegne specialistiche, fiere e congressi.

    2. Le attività di informazione e di comunicazione sono attuate con ogni mezzo di trasmissione idoneo ad assicurare la necessaria diffusione di messaggi, anche attraverso la strumentazione grafico-editoriale, le strutture informatiche, le funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative di comunicazione integrata e i sistemi telematici multimediali.
    3. Con uno o più regolamenti, da comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri e alla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le pubbliche amministrazioni provvedono alla diffusione delle modalità e delle forme di comunicazione a carattere pubblicitario, in attuazione delle norme vigenti in materia.

Art. 3.

(Messaggi di utilità sociale e di pubblico interesse)

    1. La Presidenza del Consiglio dei ministri determina i messaggi di utilità sociale ovvero di pubblico interesse, che la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può trasmettere a titolo gratuito. Alla trasmissione di messaggi di pubblico interesse previsti dal presente comma sono riservati tempi non eccedenti il due per cento di ogni ora di programmazione e l’uno per cento dell’orario settimanale di programmazione di ciascuna rete. Le emittenti private, radiofoniche e televisive, hanno facoltà, ove autorizzate, di utilizzare tali messaggi per passaggi gratuiti.

    2. Nelle concessioni per la radiodiffusione sonora e televisiva è prevista la riserva di tempi non eccedenti l’uno per cento dell’orario settimanale di programmazione per le stesse finalità e con le modalità di cui al comma 1.
    3. Fatto salvo quanto stabilito dalla presente legge e dalle disposizioni relative alla comunicazione istituzionale non pubblicitaria, le concessionarie radiotelevisive e le società autorizzate possono, per finalità di esclusivo interesse sociale, trasmettere messaggi di utilità sociale.
    4. I messaggi di cui al comma 3 non rientrano nel computo degli indici di affollamento giornaliero nè nel computo degli indici di affollamento orario stabiliti dal presente articolo. Il tempo di trasmissione dei messaggi non può, comunque, occupare più di quattro minuti per ogni giorno di trasmissione per singola concessionaria. Tali messaggi possono essere trasmessi gratuitamente; qualora non lo fossero, il prezzo degli spazi di comunicazione contenenti messaggi di utilità sociale non può essere superiore al cinquanta per cento del prezzo di listino ufficiale indicato dalla concessionaria.

Art. 4.

(Formazione professionale)

    1. Le amministrazioni pubbliche individuano, nell’ambito delle proprie dotazioni organiche, il personale da adibire alle attività di informazione e di comunicazione e programmano la formazione, secondo modelli formativi individuati dal regolamento di cui all’articolo 5.

    2. Le attività di formazione sono svolte dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, secondo le disposizioni del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287, dalle scuole specializzate di altre amministrazioni centrali, dalle università, con particolare riferimento ai corsi di laurea in scienze della comunicazione e materie assimilate, dal Centro di formazione e studi (FORMEZ), nonchè da strutture pubbliche e private con finalità formative che adottano i modelli di cui al comma 1.

Art. 5.

(Regolamento)

    1. Con regolamento da emanare, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede alla individuazione dei titoli per l’accesso del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione. Il medesimo regolamento prevede e disciplina altresì gli interventi formativi e di aggiornamento per il personale che già svolge attività di informazione e di comunicazione.

Art. 6.

(Strutture)

    1. In conformità alla disciplina dettata dal presente Capo e, ove compatibili, in conformità alle norme degli articoli 11 e 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e relative disposizioni attuative, le attività di informazione si realizzano attraverso il portavoce e l’ufficio stampa e quelle di comunicazione attraverso l’ufficio per le relazioni con il pubblico, nonchè attraverso analoghe strutture quali gli sportelli per il cittadino, gli sportelli unici della pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli per le imprese.

    2. Ciascuna amministrazione definisce, nell’ambito del proprio ordinamento degli uffici e del personale e nei limiti delle risorse disponibili, le strutture e i servizi finalizzati alle attività di informazione e comunicazione e al loro coordinamento, confermando, in sede di prima applicazione della presente legge, le funzioni di comunicazione e di informazione al personale che già le svolge.

Art. 7.

(Portavoce)

    1. L’organo di vertice dell’amministrazione pubblica può essere coadiuvato da un portavoce, anche esterno all’amministrazione, con compiti di diretta collaborazione ai fini dei rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione. Il portavoce, incaricato dal medesimo organo, non può, per tutta la durata del relativo incarico, esercitare attività nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche.

    2. Al portavoce è attribuita una indennità determinata dall’organo di vertice nei limiti delle risorse disponibili appositamente iscritte in bilancio da ciascuna amministrazione per le medesime finalità.

Art. 8.

(Ufficio per le relazioni con il pubblico)

    1. L’attività dell’ufficio per le relazioni con il pubblico è indirizzata ai cittadini singoli e associati.

    2. Le pubbliche amministrazioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono, nell’esercizio della propria potestà regolamentare, alla ridefinizione dei compiti e alla riorganizzazione degli uffici per le relazioni con il pubblico secondo i seguenti criteri:

        a) garantire l’esercizio dei diritti di informazione, di accesso e di partecipazione di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;

        b) agevolare l’utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, anche attraverso l’illustrazione delle disposizioni normative e amministrative, e l’informazione sulle strutture e sui compiti delle amministrazioni medesime;
        c) promuovere l’adozione di sistemi di interconnessione telematica e coordinare le reti civiche;
        d) attuare, mediante l’ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento degli stessi da parte degli utenti;
        e) garantire la reciproca informazione fra l’ufficio per le relazioni con il pubblico e le altre strutture operanti nell’amministrazione, nonchè fra gli uffici per le relazioni con il pubblico delle varie amministrazioni.

    3. Negli uffici per le relazioni con il pubblico l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva.

Art. 9.

(Uffici stampa)

    1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa.

    2. Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti. Tale dotazione di personale è costituita da dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche in posizione di comando o fuori ruolo, o da personale estraneo alla pubblica amministrazione in possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all’articolo 5, utilizzato con le modalità di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nei limiti delle risorse disponibili nei bilanci di ciascuna amministrazione per le medesime finalità.
    3. L’ufficio stampa è diretto da un coordinatore, che assume la qualifica di capo ufficio stampa, il quale, sulla base delle direttive impartite dall’organo di vertice dell’amministrazione, cura i collegamenti con gli organi di informazione, assicurando il massimo grado di trasparenza, chiarezza e tempestività delle comunicazioni da fornire nelle materie di interesse dell’amministrazione.
    4. I coordinatori e i componenti dell’ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche. Eventuali deroghe possono essere previste dalla contrattazione collettiva di cui al comma 5.
    5. Negli uffici stampa l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell’ambito di una speciale area di contrattazione, con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 10.

(Disposizione finale)

    1. Le disposizioni del presente Capo costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e si applicano, altresì, alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti e nel rispetto degli statuti e delle relative norme di attuazione.

Capo II.

DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER LE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO

Art. 11.

(Programmi di comunicazione)

    1. In conformità a quanto previsto dal Capo I della presente legge e dall’articolo 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nonchè dalle direttive impartite dal Presidente del Consiglio dei ministri, le amministrazioni statali elaborano annualmente il programma delle iniziative di comunicazione che intendono realizzare nell’anno successivo, comprensivo dei progetti di cui all’articolo 13, sulla base delle indicazioni metodologiche del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il programma è trasmesso entro il mese di novembre di ogni anno allo stesso Dipartimento. Iniziative di comunicazione non previste dal programma possono essere promosse e realizzate soltanto per particolari e contingenti esigenze sopravvenute nel corso dell’anno e sono tempestivamente comunicate al Dipartimento per l’informazione e l’editoria.

    2. Per l’attuazione dei programmi di comunicazione il Dipartimento per l’informazione e l’editoria provvede in particolare a:

        a) svolgere funzioni di centro di orientamento e consulenza per le amministrazioni statali ai fini della messa a punto dei programmi e delle procedure. Il Dipartimento può anche fornire i supporti organizzativi alle amministrazioni che ne facciano richiesta;

        b) sviluppare adeguate attività di conoscenza dei problemi della comunicazione pubblica presso le amministrazioni;
        c) stipulare, con i concessionari di spazi pubblicitari, accordi quadro nei quali sono definiti i criteri di massima delle inserzioni radiofoniche, televisive o sulla stampa, nonchè le relative tariffe.

Art. 12.

(Piano di comunicazione)

    1. Sulla base dei programmi presentati dalle amministrazioni statali, il Dipartimento per l’informazione e l’editoria predispone annualmente il piano di comunicazione, integrativo del piano di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, che è approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri.

    2. Una copia del piano approvato è trasmessa alle amministrazioni. Ciascuna amministrazione realizza il piano per le parti di specifica competenza anche avvalendosi della collaborazione del Dipartimento per l’informazione e l’editoria. Entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, i Ministri trasmettono al Presidente del Consiglio dei ministri una relazione su quanto previsto dal presente comma.

Art. 13.

(Progetti di comunicazione a carattere pubblicitario)

    1. Le amministrazioni dello Stato sono tenute ad inviare al Dipartimento per l’informazione e l’editoria, ai fini della formulazione di un preventivo parere, i progetti di comunicazione a carattere pubblicitario che prevedono la diffusione dei messaggi sui mezzi di comunicazione di massa.

    2. I progetti di cui al comma 1 devono, in particolare, contenere indicazioni circa l’obiettivo della comunicazione, la copertura finanziaria, il contenuto dei messaggi, i destinatari e i soggetti coinvolti nella realizzazione. Deve, inoltre, essere specificata la strategia di diffusione con previsione delle modalità e dei mezzi ritenuti più idonei al raggiungimento della massima efficacia della comunicazione.
    3. Per le campagne di comunicazione a carattere pubblicitario, le amministrazioni dello Stato tengono conto, ove possibile, in relazione al tipo di messaggio e ai destinatari, anche delle testate italiane all’estero.

Art. 14.

(Finanziamento dei progetti)

    1. La realizzazione dei progetti di comunicazione a carattere pubblicitario delle amministrazioni dello Stato, integrativi del piano di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, ritenuti di particolare utilità sociale o di interesse pubblico, è finanziata nei limiti delle risorse disponibili in bilancio per il centro di responsabilità n. 17 "Informazione ed editoria" dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri, intendendosi ridotta in misura corrispondente l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5 della legge 25 febbraio 1987, n. 67.

Art. 15.

(Procedure di gara)

    1. Per la realizzazione delle iniziative di comunicazione istituzionale a carattere pubblicitario la scelta dei soggetti professionali esterni è effettuata, anche in deroga ai limiti previsti dall’articolo 6 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157. A tali fini, con regolamento da emanare, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri per la individuazione dei soggetti professionali da invitare alle procedure di selezione, nonchè per la determinazione delle remunerazioni per i servizi prestati. A tali fini si tiene conto anche dei criteri stabiliti in materia dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Art. 16.

(Abrogazioni)

    1. Sono abrogati l’articolo 5, commi 6, 7 e 8, della legge 25 febbraio 1987, n. 67, e l’articolo 9 della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni.

(foto: Difesa / Difesa Online)