La compravendita di schiavi è una scusa per occupare la ricca Libia?

(di Andrea Cucco)
28/11/17

Un'agenzia (ANSA) ha da poco riportato una dichiarazione dell'ambasciatore Sebastiano Cardi, rappresentante permanente al Palazzo di Vetro: "Come ha annunciato il ministro degli Esteri Angelino Alfano, l'Italia accoglie la proposta francese di tenere una riunione del Consiglio di Sicurezza Onu per discutere la questione del traffico di schiavi in Libia".

La riunione del Cds - di cui l'Italia è presidente di turno - è in programma oggi alle 9 locali, le 15 italiane.

Sembra di essere tornati al 2011, l'atmosfera è la stessa: notizie non confermate (che nessuno si prende la briga di verificare seriamente, sul campo) e lupi in agguato su una preda: la Libia.

Ma rivediamo la cronologia di quello che sembra l'ennesimo piano portato a termine via media.

Due settimane fa la CNN (il lavoro sporco lo si fa fare ad altri...) innesca una campagna su un presunto traffico di schiavi con compravendita di uomini di colore per 800 dinari libici.

La notizia viene ripresa e rimbalza globalmente. La Francia si mostra il Paese più attivo nell'amplificare lo scandalo e chiedere un intervento.

Che in Libia vi sia carenza di manodopera retribuita o che il prezzo di acquisto degli esseri umani venga calcolato al cambio ufficiale e non a quello nero che porterebbe la compravendita degli africani per 80 dollari (troppo poco per essere plausibile), non vengono prese in considerazione.

Che la Francia abbia interessi occulti che saranno a rischio dopo le prossime elezioni, non viene considerato.

Oggi l'Italia “accoglie la proposta francese di tenere una riunione del Consiglio di Sicurezza Onu per discutere la questione del traffico di schiavi in Libia”.

Il caso della “tratta degli schiavi” avviene in un Paese in stato di anarchia, senza referenti politici?

Quando si tratta di cercare un governo, da anni la Libia ne ha uno “riconosciuto dalla comunità internazionale”. Perché allora oggi si deve ricorrere al consiglio di sicurezza dell'ONU?

O perché il governo internazionalmente riconosciuto non ha la benché minima autorità tra i libici.

O perché – come all'inizio del 2011 certe frottole servivano ad altro e non certo per fini umanitari.

La questione di fondo, ogni giorno più evidente a chi non vuole girarsi dall'altra parte, è che si deve sabotare l'esito delle prossime elezioni libanizzando il Paese. Renderlo frammentato e con una perenne presenza di truppe straniere per decenni.

L'intervento si tradurrà quasi certamente in un invio di caschi blu. Ogni Paese avrà i suoi dove servono. E, a differenza del Libano, la Libia è ancora una ricca preda.

Quel che lascia perplessi è l'ennesimo prestarsi al gioco italiano nei confronti della Francia, l'evidente regista di questa messinscena.

Dopo averci letteralmente sottratto a suon di bombe un Paese fratello che avremmo dovuto difendere, cosa dobbiamo oggi salvaguardare? Interessi dell'ENI a Mellitah?

Da quanti decenni non pensiamo a salvare almeno la faccia?

Una “Operazione Dignità”, come quella condotta in Libia dal generale Haftar (se non contro i fondamentalisti, contro chi calpesta quotidianamente la nostra bandiera), quando la cominceremo?

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(foto: UN)