In Italia molte parole ma pochi fatti

15/06/15

Amo il mio Paese, amo la mia Patria terra che custodisce le spoglie di chi ci ha preceduto, amo l’Italia pregna di tradizioni e cultura, ma rifiuto la mancanza di schiettezza di chi gestisce la “cosa pubblica” promettendo tanto e concretizzando poco.

Sono quindi sdegnato di fronte a quello che quotidianamente la mia Nazione propone attraverso i moderni mezzi di comunicazione che, in tempo reale, raggiungono le più recondite zone della terra. La fotografia di una realtà che in un baleno cancella i valori fondanti del nostro Paese consolidati nei secoli dai “Grandi italiani”, e che sono stati spesso punti di riferimento per il mondo intero. La rappresentazione di uno Stato in cui le parole hanno il sopravvento su tutto, lasciando insoluti i problemi e proponendo quotidianamente un’oggettività nazionale povera di contenuti.

Una realtà che si tocca con mano dal 22 febbraio 2014. Promesse a non finire a partire dal caso dei nostri due Fucilieri di Marina abbandonati in India da più di 1200 giorni per arrivare alla gestione dell’accoglienza dei migranti passando per gli steps in cui sono stati annunciati successi del ruolo italiano in ambito europeo, purtroppo rimasti a livello di editti mai concretati. Un’Italia che nonostante le assicurazioni dei suoi leader continua ad essere poco ascoltata in Europa come dimostra, ad esempio, l’esclusione del nostro Paese dalla gestione del problema del possibile default della Grecia nonostante che si faccia parte del G7.

Quotidianamente, invece, ci viene proposta una Nazione super ascoltata in ambito europeo, a partire dai problemi di politica economica per arrivare alla contingenza della gestione del macro problema dei flussi migratori. Un’illusione che viene spacciata come qualcosa di reale, smentita, però, quotidianamente dai fatti che restituiscono al mondo un quadro di situazione vergognoso e scandaloso in cui i colori dominanti sono la corruzione e l’improvvisazione.

Quanto avviene ogni giorno in tema immigrazione conferma che le tanto decantate vittorie politiche hanno portato fino ad ora ad un unico risultato: l’Europa ignora la pressione politica italiana ed i diritti di uno Stato Membro che segna i confini meridionali del Vecchio Continente. Si preoccupa, invece, di spulciare i nostri bilanci con un approccio contabile esasperato imponendo talvolta misure penalizzanti, ma nello stesso tempo non obbliga tutti gli altri Stati Membri a partecipare all’accoglienza. Piuttosto guarda con indifferenza le iniziative di chi respinge dalle proprie frontiere i migranti, pronta però a sanzionare l’Italia per “scarso spirito umanitario” come è avvenuto quando il nostro Paese adottò misure di contrasto all’immigrazione clandestina. La stessa UE che più volentieri concorrere ad incrementarne i flussi raccogliendo sulle coste libiche migliaia di fuggitivi per poi sbarcarli sulle coste italiane pur consapevole che la gran parte non ha diritto allo status di rifugiato.

La realtà che stiamo vivendo è deludente e mortificante così come viene proposta solo attraverso promesse e parole non accompagnate da fatti. Accogliere significa ricevere gente ed ospitarla fornendo loro assistenza e garantendo nello stesso tempo sicurezza ai propri cittadini. Quanto sta avvenendo dimostra ben altro. Chi arriva viene ammassato dove capita, senza predisporre un minimo di strutture organizzate come, ad esempio, insediamenti provvisori con tendopoli e/o moduli abitativi, che siamo maestri a realizzare quando si sono dovute ospitare per anni famiglie italiane colpite da terremoti ed alluvioni.

Nello stesso tempo si afferma che è garantito il controllo e la sicurezza per quanto attiene al riconoscimento ed al controllo sanitario di chi arriva, ma si permette che gente sconosciuta rifiuti di essere censita con fotografie e rilevamento delle impronte digitali e consentendo, come sta avvenendo, che si disperda anonimamente sul territorio nazionale contro ogni regola di PS e di civile convivenza.

Un approccio semplicistico che forse rappresenta uno dei motivi principali per cui le altre Nazioni della UE ostacolano il transito di sconosciuti che tentano di inserirsi in altre realtà sociali dell’Unione e di cui l’Italia non è in grado nemmeno di fornire elementi di riconoscimento certi.

Probabilmente, meno promesse e più atti concreti e credibili potrebbero concorrere ad indurre i Paesi della UE ad accettare di contribuire nella gestione dell’emergenza specifica. In primis, dimostrando che l’Italia è in grado di assicurare il rispetto delle regole internazionali sul governo del rifugiato (Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951) garantendo ai partners europei la disponibilità di inequivocabili riferimenti per il riconoscimento ed il controllo di chi intende raggiungere altre mete del Vecchio Continente.

Promettere solo o spacciare per corretto ciò che di fatto dimostra essere fallace e spesso ingiusto, non è pagante. Piuttosto, crea le condizioni perché il nostro Paese perda ogni giorno di credibilità in ambito europeo ed internazionale, a totale danno della nostra economia e della nostra sicurezza.

Fernando Termentini

(foto: web)