4 marzo 2018, ore 23.00: un'Italia surreale va in scena

(di Andrea Cucco)
20/03/18

Due settimane fa un'intera classe politica è stata letteralmente spazzata via. Questo nonostante tutte le armi “convenzionali” (e non?) messe in campo per resistere all'inevitabile: la fine.

Non sono giunti al capolinea solo migliaia di politici, lo sono anche i loro lacchè, il vero dramma di ogni amministrazione. Quelli che – come avvenuto nei decenni passati – ad ogni alternanza politica, si fanno da parte in attesa di tornare alla ribalta alla successiva legislatura.

Cosa c'è di strano? La musica di sottofondo. Una litania che ricorda l'orchestra del Titanic. Non ascoltiamo tuttavia note tese a rasserenare un'inevitabile tragedia collettiva, qui per una nave che affonda c'è un Paese che potrebbe riemergere. E non dall'acqua...

O è forse il grammofono del Führerbunker, l'ultima sede di un essere che, perso un conflitto costato la vita a milioni di persone, quando anche l'ultima speranza era perduta, continuava ad emanare ordini lontani dalla realtà delle cose? Lo staff di Hitler però negli ultimi giorni non diceva “ci terremo all'opposizione”: avevano perso ed era chiaramente folle ogni difesa.

La propaganda? Simile, ma almeno allora si aveva l'onestà di chiamarla col suo nome e non “libera informazione”! Soprattutto non si aveva l'ipocrisia di definire “democratico” un regime...

Lo sentite questo silenzio? È l'attesa. Quella che però non fa cambiare abitudini alle gerarchie. Se prima, non volendo dispiacere i lider maximi, qualcuno rimaneva inerte o magari barattava la vita o - peggio - il rispetto dei suoi uomini per un nuovo incarico (per quanto riprovevole, poteva essere "comprensibile"), ora è inaccettabile!

Nel campo della Difesa le macerie di Berlino sembrano Disneyland se paragonate a quanto fatto negli ultimi anni. Decenni di progressiva trasparenza ed apertura all'informazione sono stati quasi azzerati. La fobia dell'opinione pubblica sembra rimasta a 50 anni addietro. Gli italiani non sono stupidi, sono vittime dell'assoluta mancanza di “cultura della difesa”, e non basta un discorso di circostanza di un ministro e i relativi (millantati) buoni propositi... bisogna spiegare chiaramente la verità quotidiana di chi serve il nostro Paese.

Si vive nel frattempo con il terrore della propria ombra. L'ombra di militari che non rispondono “me ne frego!” perché temono che qualcuno possa accusarli di chissà cosa...

Perché non ricordare ai sorcetti (non quelli verdi, per carità!) che il motto è stato ripreso da un discorso avvenuto il 15 giugno1918 a Giavera del Montello tra due loro colleghi, il capitano Zaninelli e il maggiore Freguglia, durante la battaglia del solstizio?! Freguglia chiamò Zaninelli e disse che con la sua compagnia doveva attaccare un caposaldo austriaco aggiungendo che era una missione suicida ma importantissima. Zaninelli, guardando il superiore negli occhi, rispose: "Signor comandante io me ne frego, si fa ciò che si ha da fare per il re e per la patria". Si vestì a festa e andò incontro alla morte.

Eroi e relativi motti hanno preceduto il ventennio, perché aver paura di “fregarsene” di ciò che pensano gli ignoranti, soprattutto se in malafede?!

Ci sarà da lavorare parecchio per restituire agli italiani l'orgoglio di essere tali.

Le sentite quelle altre voci sopra al bunker? Sono i russi: Putin ha rivinto le elezioni. Quelli che la nostra dirigenza si è fatta convincere a demonizzare da anni (la stessa che li adorava, talvolta “serviva”, prima della caduta del muro?). I "nemici" che incontriamo durante gli scramble in mezza Europa e che ci fanno annunciare che difendiamo i cieli di 6 Paesi Nato (v.articolo). Nessuno però si domanda mai perché gli "alleati" lasciano fare a noi questo - assai caro - lavoro?

Come diceva qualcuno che ben conosceva i connazionali: “gli italiani sono sempre pronti ad andare in soccorso del vincitore”. Un nuovo capitolo della Repubblica sta per andare in scena, con un Paese e milioni di anime deluse o disperse da recuperare.

Speriamo bene...

(foto: web)