In tema di pene accessorie militari: differenza tra “degradazione” e “rimozione dal grado”

(di Marco Valerio Verni)
15/03/16

A seguito di diversi fatti di cronaca riguardanti illeciti penali commessi da militari, appare necessario chiarire la differenza tra la “degradazione” e la “rimozione” dal grado, che alcune volte vengono confuse, anche a causa di una terminologia che, effettivamente, può trarre in inganno chi non sia propriamente “del mestiere”: entrambe sono previste dal codice penale militare di pace (c.p.m.p.) ed annoverate tra le c.d. “pene accessorie” (comminate, cioè, in aggiunta ad una pena principale- alias reclusione-), unitamente alla sospensione dall’impiego, alla sospensione dal grado e, da ultimo, alla pubblicazione della sentenza di condanna, ma differiscono tra loro in maniera sostanziale.

La degradazione, infatti, è la pena accessoria più grave, ed è applicabile a tutti i militari, compresi quelli di truppa: essa comporta, per colui che la subisce (ivi compreso il militare semplice) la cessazione dell’appartenenza alle Forze Armate (cancellazione dai ruoli), oltre il diritto di conservare le decorazioni eventualmente già acquisite o di riceverne ulteriori, nonché la capacità di svolgere incarichi od opere per le Forze Armate stesse (a meno che la legge non disponga diversamente).

Essa viene generalmente disposta a seguito di una condanna principale particolarmente elevata (ergastolo, reclusione non inferiore a cinque anni, oltre che per qualsiasi altra pena comminata con la dichiarazione di “abitualità a delinquere- limitatamente alle sentenze pronunciate nei confronti di militari in servizio o in congedo per reati militari), e decorre ad ogni effetto dal giorno in cui la sentenza relativa sia divenuta irrevocabile. Spesso è altresi accompagnata dall’ulteriore pena accessoria comune della interdizione dai pubblici uffici (art. 28 c.p1).

La rimozione, invece, viene applicata a tutti i militari rivestiti di un grado, rimanendo esclusi, di conseguenza, quelli appartenenti all’ultima classe (militari semplici).

Coloro che subiscono tale pena accessoria discendono infatti alla condizione di soldato semplice, qualunque sia il grado precedentemente rivestito.

A differenza del degradato, però, il militare rimosso dal grado conserva la sua “qualità di militare”, anche se rimane definitivamente soldato semplice, rimanendogli preclusa ogni possibilità di carriera.

Tale pena non produce effetti civili (come la precedente) ed è, di norma, comminata in caso di condanna superiore a tre anni.

Storicamente, sembra aversi notizia di queste pene già nel periodo repubblicano romano, allorquando i militari (e i funzionari pubblici) che avevano demeritato nei loro compiti potevano essere sottoposti a tre tipi di provvedimenti che, in ordine di gravità crescente, erano: la militiae mutatio, la gradus dejectio e la ignominiosa missio2.

La ignominiosa missio (cui corrisponde l’odierna degradazione), detta anche exauctoratio, consisteva infatti nell'espulsione dall'esercito o nella interruzione dell'incarico pubblico rivestito (il provvedimento veniva celebrato con una cerimonia in cui il condannato veniva privato in pubblico- proprio per sottolinearne l’infamia- dei segni che caratterizzavano il suo stato).

La gradus dejectio o regradatio, invece, alla quale è paragonabile la “rimozione dal grado”, portava il condannato alla perdita del grado e degli onori acquisiti durante la carriera.

(illustrazione: Michele Marsan, michele.marsan@gmail.com)

1 Essa può essere perpetua o temporanea e priva il condannato del diritto di elettorato attivo e passivo, di ogni pubblico ufficio e di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, della qualità di tutore o di curatore, dei gradi e delle dignità accademiche nonché della possibilità di esserne insignito.

2 Encyclopédie ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, The University of Chicago., 2001, pp. 4:757 - 4:759. URL consultato l’11 Marzo 2016.