Mancata ammissione a seguito di accertamenti psico-attitudinali: quando è possibile fare ricorso?

05/12/18

Vicende come quella riportata dal nostro lettore (leggi lettera a Difesa Online) sono purtroppo assai frequenti nella pratica dei concorsi.

Dal punto di vista strettamente tecnico-giuridico, il primo dato da evidenziare non è molto di conforto: in tema di valutazioni sul possesso dei requisiti psico-attitudinali, l’ampiezza riconosciuta dalla giurisprudenza alla discrezionalità della pubblica amministrazione procedente è tale da sconfinare quasi nell’arbitrio.

Questo tuttavia non significa che l’interessato si trovi nella pratica impossibilità di avvalersi di qualsivoglia forma di tutela a garanzia dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma che le possibilità in concreto di utilizzarli in modo proficuo sono circoscritte a casi ben delimitati.

Vediamo di quali casi si tratta, affrontando la questione alla radice.

Le prerogative di cui è titolare la p.a. in questi casi

Viene in gioco in questi casi una particolare species del genus delle discrezionalità amministrative, la c.d. discrezionalità tecnica, che si risolve nella possibilità di scelta riconosciuta alla pubblica amministrazione tra più soluzioni astrattamente praticabili, sul presupposto dell’impiego di strumenti e conoscenze di natura specialistica messi a disposizione dallo stato della scienza.

Si pensi, tanto per rendere l’idea, al caso in cui una stazione appaltante si trovi, in sede di progettazione di un’opera pubblica o comunque di procedura di aggiudicazione della stessa (in particolare, in ipotesi di project financing), a dover stabilire quale tra le soluzioni progettuali prospettate dalle imprese concorrenti sia da ritenersi preferibile.

Nell’ipotesi che si va considerando (quella come detto degli accertamenti attitudinali previsti nell’ambito di una procedura selettiva) gli strumenti e le conoscenze tecniche in gioco saranno ovviamente quelli tipici della psicologia e della psichiatria.

Le limitazioni al sindacato del giudice in caso di discrezionalità tecnica

Ora, il giudizio amministrativo è come noto (tranne che in relazione ad alcune ipotesi tassativamente individuate) un giudizio di sola legittimità, non esteso al merito (al contenuto della decisione ed alla sua opportunità), in cui l’autorità giudiziaria può sindacare l’esercizio del potere amministrativo soltanto con riguardo a vizi che conseguano al raffronto tra l’atto in concreto adottato e la cornice normativa di riferimento, non essendo consentito al giudice di sostituirsi alla p.a. nell’esercizio dei poteri che solo a questa spettano per legge.

Nei casi di esercizio di discrezionalità tecnica, i vizi in concreto denunziabili e per l’effetto l’ambito del sindacato sul provvedimento da parte del giudice è ulteriormente limitato e circoscritto ai soli vizi macroscopici, ictu oculi percepibili, della manifesta irragionevolezza, dell’insufficienza della motivazione, della contraddittorietà e del travisamento dei fatti, tutti sintomatici dell’eccesso di potere amministrativo, in modo conforme all’art. 21-octies della legge n. 241/1990 e nel rispetto delle prerogative riconosciute dalla legge alla p.a. proprio sub specie di discrezionalità tecnica.

La giurisprudenza amministrativa ha definito i suddetti limiti ormai da tempo ed in modo consolidato. Si veda ex multis Cons. Stato, sez. IV, n. 3554/2004 e T.A.R. Lazio - Roma, 18 aprile 2017, n. 4682, in cui si precisa in modo significativo che la “censurabilità della discrezionalità tecnica non deve mai arrivare alla sostituzione del giudice all'amministrazione nell'effettuazione di valutazioni opinabili, ma deve consistere nel controllo, ab externo, dell'esattezza e correttezza dei parametri della scienza utilizzata nel giudizio”.

Nello specifico, il sindacato del giudice in caso di accertamenti psico-attitudinali

Date queste premesse, quanto al sindacato del giudice in caso di accertamenti psico-attitudinali ed ai suoi limiti, si tratterà di applicare al caso concreto i suddetti principi.

Una conferma di tale modo di procedere, proprio con riferimento ad una selezione concorsuale analoga a quella in commento, può ricavarsi da Cons. Stato, sez. III, 5 marzo 2013, n. 1326, secondo cui “l’accertamento dei requisiti psico-attitudinali necessari ai fini del reclutamento nella Polizia di Stato costituisce tipica manifestazione di discrezionalità tecnica, con la conseguenza che esso sfugge al sindacato di legittimità del Giudice Amministrativo, salvo che non sia inficiato da un macroscopico travisamento dei fatti assunti ad oggetto di valutazione o per illogicità di quest’ultima e incongruenza delle relative conclusioni, fermo restando che, sotto il profilo della motivazione, la discrezionalità tecnica deve essere esercitata in modo che gli interessati possano comprendere in base a quali elementi siano state operate le valutazioni e le scelte”.

In concreto, dunque, sarà possibile contestare i vizi sopra richiamati, una volta esaminata con cura la documentazione relativa al singolo specifico caso e ricompresa nel c.d. raccoglitore delle prove psico-attitudinali, composto di regola dalla batteria dei test cui il candidato viene sottoposto, dalla scheda valutativa, dalla relazione dell’Ufficiale psicologo e dal giudizio definitivo.

Potranno evidenziarsi ad esempio:

- discrasie e contraddizioni tra i documenti che compongono il raccoglitore;

- aporie che inficino la valutazione dell’Ufficiale psicologo (ma solo appunto se manifestamente irragionevole, illogica, contraddittoria);

- ipotesi di insufficienza della motivazione (ad esempio, per il fatto che non si sia tenuto conto di precedenti di servizio);

- ogni altra ipotesi di incongruenza motivazionale, purché essa risulti non opinabile e manifesta.

Quanto specificamente ai precedenti di servizio, l’eventuale svolgimento di precedenti incarichi da parte del candidato in seno ad altre Armi o Forze di Polizia non può automaticamente consentire il superamento delle prove attitudinali con riguardo a qualifiche distinte (T.A.R. Lazio - Roma, sez. I bis, n. 9692/2017).

Tuttavia, l’amministrazione procedente è tenuta a prendere in considerazione nella motivazione tali precedenti: “il giudizio teorico relativo agli accertamenti psico-attitudinali, proprio in relazione alla esclusiva funzione prognostica connotata da ampio margine di incertezza, comporta e richiede che la determinazione finale consideri e valuti anche l’obiettivo dato fattuale costituito dagli eventuali precedenti di servizio dei candidati” (T.A.R. Lazio - Roma, sez. I bis, n. 4231/2017).

Resta ferma poi la possibilità di contestazioni di tipo strettamente formale e procedurale, concernenti la violazione da parte della pubblica amministrazione procedente delle formalità prescritte e degli adempimenti stabiliti nel bando di gara e, più in generale, dalla legge, a cominciare dalla già richiamata legge n. 241/1990. Si pensi ad esempio ad ipotesi di illegittimità legate alla errata composizione della commissione esaminatrice, alla presenza indebita di un supplente in assenza di un giustificato impedimento del titolare, alla mancata o inesatta notificazione dell’esito della prova, e via dicendo.

Ogni considerazione ulteriore e più specifica, ovviamente, sarà possibile considerando il singolo caso concreto.

Gli strumenti di tutela disponibili

Quanto agli strumenti di tutela disponibili, si consiglia il ricorso al T.A.R. competente, ciò che è possibile entro 60 giorni dalla notifica o comunque dalla comunicazione del provvedimento di esclusione dal concorso.

In quella sede si provvederà a richiedere la concessione delle misure idonee a preservare gli interessi giuridicamente meritevoli del ricorrente, a cominciare dai provvedimenti cautelari destinati ad assicurare protezione in via d’urgenza al medesimo, anche per il tramite dell’ammissione con riserva, ove possibile, alle prove di concorso successive agli accertamenti psico-attitudinali.

Avv. Francesco Fameli

esperto di diritto amministrativo militare