Voli di pace in cieli di guerra, di Denise Serangelo

14/03/14

Esiste qualcosa di romantico nel sogno primordiale che l’uomo ha di volare, la possibilità di vedere il mondo da una prospettiva diversa ci ha spinto a creare macchine straordinarie capaci di rendere il cielo punto di arrivo invece che un limite.

A poco più di 5 km dalla città di Torino sorge il complesso infrastrutturale del 34° Gruppo Squadroni Aves Toro di Venaria che ha fatto del cielo del capoluogo piemontese la sua casa. 

La loro è una struttura perfettamente integrata con il piccolo paese che lo circonda e di cui sembra non aver intaccato minimamente la routine, da una parte atterrano elicotteri da guerra dall'altra ci sono turisti che da ogni parte del mondo vengono a visitare la Reggia di Venaria.

Al mio arrivo presso l'aeroporto militare Santi che ospita l'Aves "TORO" mi accoglie il ten.col Pellegrini, comandante della struttura e responsabile delle attività del reggimento, al suo fianco il colonnello Meola portavoce dell'Aviazione dell'Esercito di Viterbo.

Ricevo un'accoglienza esemplare e una disponibilità totale da parte di tutti, a fare da sottofondo il rumore ripetitivo di un'elicottero AB 205 in fase di atterraggio. "Venga a vedere, non vi è modo migliore per iniziare la nostra visita ad un reggimento elicotteristi!" - concordo e iniziamo la mia visita. Pochissimi - anche tra le fila dei torinesi più informati - sanno che l'aeroporto di Venaria è il più antico aeroporto militare d'Italia, ha una storia lunga che parte dal 1909 quando, utilizzando i terreni demaniali della Reggia di Venaria, Aristide Faccioli realizzò un sogno: progettò e costruì il primo biplano interamente italiano che, pilotato dal figlio Mario, si levò in volo dando il via alla storia ormai secolare di questo scalo militare e a quella dell'aviazione leggera del nostro paese.

Grazie alla lungimiranza del colonnello di artiglieria Santi - a cui è intitolato l’aeroporto appunto - la struttura militare del torinese si trasforma da una caserma di artiglieri ad una caserma di piloti.

L'aeroporto permise di continuare le sperimentazioni sui biplani Faccioli per un'impiego militare all'epoca ancora da definire.

La stessa lungimiranza di Faccioli premiò anche il colonnello Santi che permise lo sviluppo delle tecnologie elicotteriste spianando la strada al grande impiego che questi hanno oggi su diversi fronti dal soccorso alla popolazione fino all'ingaggio di conflitti a fuoco a supporto delle truppe terrestri nei teatri operativi.

Durante la grande guerra l'aeroscalo divenne avamposto per la formazione dei piloti da inviare al fronte per combattere le prime “battaglie volanti” della storia.

Durante il secondo conflitto mondiale invece la fortuna non assistette la città di Venaria, vittima dei bombardamenti che il 25 Aprile 1945 rasero al suolo il campo volo e gli hangar (successivamente saccheggiati dalla popolazione civile in cerca di cibo).

Nel 1951 l’aviazione leggera esercito diventa una realtà effettiva nel nostro paese, si diversifica dalla tradizionale aeronautica - nata solo una ventina di anni prima - per le macchine più snelle e meno mastodontiche rimaste appannaggio della più giovane tra le Forze Armate.

Quando nel 1954 il polo di Venaria passa dall'aeronautica all’aviazione, vede la luce uno dei primi reparti della futura Aviazione dell'Esercito - AVES - con compiti di osservazione aerea e una stretta collaborazione con la vicina brigata alpina Taurinense.

Ad oggi l'aeroporto militare Santi è inserito nel contingente "Cuneense" della forza mobile NATO, ha preso parte a numerose esercitazioni internazionali e in ambito ONU è stato impiegato in Mozambico tra il 1993-94 e in Somalia tra il 1992-94, prende parte alla missione NATO in Bosnia-Herzegovina e il personale della base concorre alle operazioni in Namibia, Kurdistan, Afghanistan, Iraq, Libano.

Impiegata attivamente anche su territorio nazionale si occupa di salvataggi ed interventi di protezione civile quali soccorsi alpini e supporto alla popolazione in caso di gravi calamità naturali.Fornisce inoltre aiuti alle popolazioni bisognose all'estero e supporto logistico ad elicotteri di altri enti sia militari che civili, notevoli e variegati continuano ad essere i compiti che assolvono gli uomini e le donne di questo Gruppo.

La storia secolare dell'aeroporto e la vicina Reggia di Venaria stridono con la tecnologia e l'innovazione che ogni giorno vola sopra i cieli della città, l'Aves è la specialità più giovane dell'Esercito Italiana ma ha subito fatto propri i concetti di digitalizzazione e ammodernamento dei dispositivi, diventando punta di diamante delle nostre forze armate.

Perfettamente integrata con il sistema di digitalizzazione dello spazio di manovra, l'Aviazione dell'Esercito ha una sinergia perfetta con le truppe di terra: "non siamo un mondo a parte" - mi dice il comandante - "come molti possono credere, se ci chiamiamo aviazione dell'esercito un motivo ci sarà! Siamo la componente ad ala rotante che supporta e moltiplica le forze di terra. Noi facciamo da supporto al fuoco ingaggiando direttamente il nemico e dando così respiro alle truppe a terra per riorganizzare l'operazione oppure moltiplichiamo la forza dei soldati già schierati portando altre truppe a sostegno. Chi dice che siamo un mondo a parte è perché forse non ha ben chiaro come funziona la nostra specialità"

Nonostante i numerosi tagli al comparto Difesa di questi ultimi anni, l'Aves ha salvaguardato il suo alto grado di competenza e professionalità con risultati indiscussi sia in territorio nazionale che all'estero, dove i nostri piloti e le nostre macchine sono apprezzati dagli altri paesi NATO.

"Sono centinaia i voli che effettuiamo ogni anno per salvare persone nelle zone più impervie d'Italia, nel nostro caso sopratutto ad alta quota. Le capacità di questa base operativa sono vastissime e coprono un raggio di azione di svariati chilometri fino e oltre la Lombardia.La parte più importante del nostro lavoro è nella maggior parte dei casi qualcosa di immateriale: il tempo. Il tempo è tiranno e nelle situazioni di emergenza devi essere rapido, per proiettare assetti ad ala rotante in grado di operare sul campo ci mettiamo di più di un’ora durante il giorno e quasi due durante la fase notturna, il nostro gruppo opera H24 tutti i giorni compresi i festivi. Senza un grande affiatamento e una sinergia lavorativa perfetta non riusciremo a fare nulla. Il pilota da solo non salva una vita, un medico nemmeno e un tecnico radar neppure, tutti insieme però creano qualcosa di straordinario con una capacità di operatività altissima sono un sistema, il lavoro di uno influenza quello degli altri."

ll colonnello Pellegrini in virtù dell'interoperabilità tra comparto sanitario e piloti mi permette di parlare con uno dei medici che lavora con loro durante le operazioni di recupero dei feriti.Invece del solito camice bianco mi trovo una dottoressa in tutta da aviere - una delle poche donne che ho visto alla base - che mi porta su un'elicottero allestito per le prove di salvataggio con tanto di manichino e defibrillatore. "Quanto dice il comandante è verissimo, senza un lavoro combinato salvare delle vite o portare aiuti sarebbe impensabile. Quando soccorriamo qualcuno il medico, il pilota, l'infermiere e lo specialista si parlano sempre, sono in contatto. Se vogliamo cambiare ospedale di arrivo a causa delle mutate condizioni del paziente lo comunichiamo al pilota che lavora per assicurarci la massima collaborazione delle autorità sanitarie di terra!Sappiamo di poterci esprimere al meglio delle nostre competenze professionali perché tutti lavoriamo per il bene del paziente o delle popolazioni bisognose."

Rimango sorpresa nello scoprire una così grande complicità tra comparto sanitario e Aves, la domanda però mi sorge spontanea: "Non avete lo stesso compito che il 118 assolve su territorio nazionale?"

La risposta mi lascia per qualche istante perplessa: "Noi vediamo di notte!",  ed aggiunge "Abbiamo la visibilità notturna permessa dal visore NVG che consente una panoramica quasi perfetta al buio completo – solo una leggera distorsione e un colore verde decisamente innaturale fanno capire che in realtà si sta vedendo con un visore notturno. Il 118 e le altre forze armate non hanno le capacità e l'autorizzazione per viaggiare di notte al di fuori di rotte prestabilite. All'estero invece, non esistono elicotteri che possano recuperare i nostri feriti e contemporaneamente evitare che venga meno il concetto di sicurezza, ci siamo solo noi"

Alla luce di quanto detto fino ad ora, si scopre che la componente Aves ha decisamente più compiti di quelli che si potrebbe pensare, sopratutto in territorio nazionale.Tuttavia quello che ancora rimane impresso nella mente di molti uomini e donne sono le immagini straordinarie che ci giungono dall'Afghanistan o dal Libano, una visuale sul mondo che nessuno ha mai visto prima e su cui gli occhi dei nostri piloti e specialisti si posano prima di tutti.

In futuro potremmo vedere ancora quei sensazionali e inesplorati paesaggi immortalati da un portellone di un'elicottero militare italiano?

Il comandante Pellegrini e il colonnello Meola non hanno dubbi. "La componente Aves - così come tutto l'Esercito - sta cambiando volto. L'elicottero è un concetto superato ora dai droni, l'uomo non sarà più operatore sul campo ma gestore di assetti. All'estero, in contesti ad alto potenziale asimmetrico bisogna lavorare con minuzia sopratutto per l'acquisizione obbiettivi, gli elicotteri sono grandi rumorosi e costosissimi, i droni lo sono meno e sopratutto non portano con se nessuna vita umana. La nostra componente vedrà sempre un maggiore impiego per il futuro, anche se con ruoli diversi da quelli attuali. Continuiamo a mantenere alto lo standard di volo e di concentrazione che ci sono richiesti allo stato attuale e ci prepariamo per il futuro".

Il colonnello Meola ci tiene a specificare che: "I teatri operativi dove l'Aves è impiegato sono moltissimi, il dispiegamento di questi assetti importanti e la pecunia di uomini fa si che piloti e specialisti facciano turni massacranti in servizio e abbiano turnazioni impensabili con sei mesi all'estero e pochi mesi dopo il ritorno nuovamente fuori. Immagini che impatto possa avere questo sulle famiglie e sulla vita personale di un nostro uomo: è logorante!"

Quello che ha detto il colonnello è di fondamentale importanza e trova il completo sostegno del ten.col Pellegrino.

Il numero di uomini che compongono la specialità Aviazione dell'Esercito è "risicata" per i compiti che questi hanno all'estero e in Italia, l'addestramento è sempre più costoso e sono una delle uniche specialità a non poter contare su una riserva selezionata da impiegare in caso di bisogno. Tutto questo incide moltissimo sul fisico del pilota e dello specialista che subiscono sul lungo periodo lesioni importanti come lo schiacciamento della colonna vertebrale oppure problemi muscolari dovuti alle sollecitazioni che la macchina imprime sul sedile.

In secondo analisi una rotazione in teatro così ampia e una sempre maggior richiesta di periodi di approntamento alla base non permette alle famiglie che seguono i militari dal basco azzurro di avere una stabilità continuativa o di pianificare la loro vita famigliare.

Allo stato attuale non esiste nessuna possibilità di miglioramento per questa condizione assolutamente inaccettabile per qualsiasi lavoratore con o senza divisa. Giungendo al termine della mia visita e tenuto conto della grande disponibilità del comandante e del colonnello chiedo se posso sedare una piccola curiosità sulla loro specialità, entrambi accettano di buon grado: "Come mai l'Aves era inquadrata sotto la specialità di Cavalleria?"

La domanda strappa un sorriso e a rispondermi è il colonnello Meola "Guardi, la nostra parentesi cavalleresca è durata solo tre anni ed è servita quasi solo per confonderci. Volevamo introdurre anche noi la dicitura americana "Cavalleria dell'Aria" così abbiamo deciso che la specialità che più di avvicinava a quella americana era ovviamente l'Arma di Cavalleria per le sue capacità esploranti simili alle capacità di acquisizione obbiettivi tipica dell'Aves. Abbiamo cambiato bandiere di guerra e preso quelle dei cavalieri che sono più piccole, vi era persino in programma un nuovo fregio e un nuovo basco mai entrati in vigore. Alla fine si era capito che non avevamo nessun significato legare così profondamente l'anima dell'Aves a quella della Cavalleria anche per una questione pratica di arruolamento oltre che di tradizioni e storia." All'Aves piace avere sempre uno sguardo al futuro su un mondo che cambia rapidamente in modo imprevedibile e complesso, una delle poche certezze che abbiamo è che nel futuro della nostra forza armata la componente elicotteristica avrà bisogno di sempre maggiori capacità operative legate a fattori di asimmetricità dei conflitti moderni.

"Dai cieli del Piemonte ai cieli del mondo" è la frase con cui il 34° Gruppo Squadroni Aves Toro di Venaria si congeda dai suoi visitatori ritornando a fare quello in cui riesce meglio: volare.

Denise Serangelo