Storia della più giovane specialità dell’Esercito

(di Matteo Acciaccarelli)
11/07/17

L’AVES è la più giovane delle specialità dell’Esercito, nata da soli 66 anni, celebrati il 10 maggio scorso (v.articolo), ma questo non la rende la meno importante, anzi. Perché nei suoi 66 anni di storia l’Aviazione dell’Esercito è sempre stata chiamata in causa laddove fosse necessario. Ma ripercorriamo la sua storia, dalla nascita ad oggi.

Era il 1950, un anno prima della costituzione vera e propria di un primo reparto di volo dell’Esercito, quando, grazie agli aiuti militari statunitensi successivi alla ratifica del Trattato di Pace e alla nascita della NATO, lo Stato Maggiore dell’Esercito inviò 15 ufficiali delle varie armi dell’Esercito negli Stati Uniti, al fine di conseguire il brevetto di pilotaggio. Coloro che superarono il corso, ottenendo il brevetto, diventarono l’ossatura dei reparti di volo, con il compito, fondamentale a dir poco, di formare i futuri piloti. Ma non si trattò solo di conseguire il brevetto di pilotaggio, perché dagli Stati Uniti arrivarono anche i Piper L-18 ed i più potenti L-21A e L-21B. Erano i primi aeroplani in dotazione all’Esercito da quando, nel 1923 era nata la Regia Aeronautica, costola distaccata dal Servizio Aeronautico del Regio Esercito.

Il primo reparto di volo verrà fondato l’anno dopo, precisamente il 10 maggio 1951, presso Monte dell’Oro, nei pressi di Bracciano (RM), grazie anche in questo caso al prezioso contributo statunitense che permise di costruire rapidamente la pista d’atterraggio su erba. La scelta di costituirlo a Bracciano non fu casuale, perché nel paesino medievale sull’omonimo lago aveva (e ha tutt’ora, ndr) sede la scuola di artiglieria, che prese alle sue dipendenze il neonato “Reparto Aerei Leggeri”, che cambiò presto il nome in “Reparto Aereo di Artiglieria”. Non passa neanche un anno e nel 1952 il campo di volo di Monte dell’Oro diventa operativo a tutti gli effetti, diventando sede del 1° corso per piloti osservatori, con il brevetto civile suddiviso in due gradi: il primo per poter volare in solitaria; il secondo per poter trasportare un passeggero, con compiti da osservatore o da specialista.

Il 1953 fu un anno importantissimo per questa appena nata specialità, perché, per fronteggiare gli impegni addestrativi che si creavano, venne fondato il “Centro Addestramento Osservazione Aerea per l’Artiglieria” (CAOAA), che sarebbe servito per addestrare, oltre ai piloti, anche gli specialisti, i quali provenivano da tutte le armi dell’Esercito. Sul campo di volo di Bracciano si vedevano, quindi, aumentare le necessità logistiche di gestione del personale, dei mezzi e della manutenzione stessa e, per questo, venne costituito il 1° Reparto Riparazione Aerei Leggeri (RRALE), allo scopo di assolvere a tutte le questioni manutentive e di riparazione effettuabili in loco.

Il primo comandante del CAOAA, il ten. col. Francesco Muscarà, fece di tutto affinché il reparto di volo diventasse una componente professionale irrinunciabile per tutte le forze terrestri. Pensiero che si era sviluppato nel corso della guerra, dove aveva visto come gli statunitensi utilizzassero aerei leggeri per aiutare nei tiri l’artiglieria.

La costruzione dell’Aviazione dell’Esercito proseguì e, dopo la costituzione del 1° RRALE, nacque anche la “Sezione Aerei Leggeri”, con i Piper CA-18 (L-21), che venne assegnata a tutti i comandi di corpo di armata, delle divisioni, delle brigate ed ai reggimenti di cavalleria, di fanteria corazzata e di artiglieria. Il progetto di Muscarà diventava realtà.

Il 1956, invece, vide la nascita del reparto sperimentale elicotteri, al quale vennero assegnati i primi 4 Agusta Bell 47-G2 Sioux e i primi Agusta Bell 47-J Ranger, sancendo così l’arrivo degli elicotteri nell’Esercito. La componente che negli anni è diventata il segno di riconoscimento per l’Aviazione dell’Esercito. Ma il reparto sperimentale ebbe vita breve, tant’è che nel settembre del 1958 nacquero le prime due unità dotate di soli elicotteri, ovvero il 1° reparto elicotteri di Casarsa della Delizia ed il 2° reparto di Bolzano, i quali si andarono ad affiancare alla Centro di Addestramento di Bracciano.

Nel giro di due anni la giovanissima specialità iniziò uno sviluppo rapido e implacabile, subendo anche il primo trasferimento: perché il CAOAA venne trasformato nel “Centro Addestramento Aviazione Leggera dell’Esercito” (CAALE) e spostato dall’aeroporto Savini di Bracciano al aeroporto di Viterbo. Oltre allo spostamento di sede, la specialità cambio anche la propria appartenenza, perché venne svincolata dalla dipendenza della Scuola di Artiglieria e passò alle dipendenze dell’Ispettorato dell’ALE, istituito nel gennaio del 1959; segnando così l’avvio di quello che è diventato ai giorni nostri il Comando dell’Aviazione dell’Esercito.

La nascita, però, di reparti ad ala rotante al nord Italia “obbligò” lo Stato Maggiore a costituire un altro reparto di riparazioni a Bologna, permettendo di accorciare il braccio logistico con i neocostituiti reparti di volo di Casarsa e di Bolzano.

Terminati gli anni ’50, anni che videro la nascita della componente aeronautica dell’Esercito e la sua crescita, con la formazione di 2 reparti di volo ad ala rotante e con il trasferimento del Centro di Addestramento a Viterbo, con la seguente nascita dell’Ispettorato ALE, gli anni ’60 furono decisivi per il consolidamento e per lo sviluppo dell’Aviazione dell’Esercito.

I vecchi Piper L-21 vennero affiancati dai Cessna L-19 E Bird Dog, costruiti completamente in metallo e dotati di una strumentazione più completa, e contemporaneamente vennero rimosse, dai velivoli ad ala fissa dell’Esercito, le matricole civili, aprendo la strada alla numerazione progressiva preceduta dalla scritta E.I. Dotando così l’Esercito oltre che di aerei più moderni, anche di una propria matricola per gli aeroplani.

Per quanto riguarda invece la componente ad ala rotante, il primo quinquennio degli anni 60 fu fondamentale per l’arrivo dei primi veri elicotteri utility, ovvero l’AB-204 seguito dagli AB-205, i due elicotteri che diventeranno la spina dorsale della componente ad ala rotante dell’Esercito, rimasti in servizio per moltissimi anni e nel caso dell’AB-205 ancora in servizio, in attesa dell’arrivo di un nuovo elicottero che lo potrà sostituire.

Nel frattempo, però, a causa dell’arrivo dei nuovi mezzi e dell’aumento numerico degli specialisti, venne effettuata anche la prima trasformazione organica dell’Aviazione Leggera dell’Esercito. I reparti Aviazione Leggera rimasero alle dipendenze dei corpi di armata, delle divisioni e delle brigate, con compiti di trasporto e di ricognizione aerea, così come i reparti elicotteri di uso generale, inquadrati al livello di corpo d’armata e dello stato maggiore dell’Esercito. Le sezioni elicotteri di uso generale, invece, dotate degli AB 205, vennero inquadrate nella brigata paracadutisti, nella brigata missili e nel comando militare della Sardegna.

Era una ristrutturazione vera e propria che dava all’Aviazione Leggera dell’Esercito, però, una struttura più organica e più diffusa sul territorio, a fronte, ovviamente, dell’aumento numerico di piloti e di specialisti.

Nel 1967, poi, in un decennio a dir poco fondamentale per l’ALE, vennero messi a disposizione i nuovi elicotteri da ricognizione AB 206, aumentando ancora il numero di velivoli nella flotta. Questo aumento di mezzi, a cui va aggiunta la ristrutturazione della specialità, fece sì che la formazione del personale iniziò ad essere svolta in maniera più logica: il bacino di specialisti e piloti venne trovato sia nel personale già abilitato su aerei leggeri sia reclutando dalle altre specialità dell’Esercito o direttamente dalla Scuola Allievi Marescialli di Viterbo. Inoltre coloro che sarebbero voluti diventare piloti di elicottero o degli aerei leggeri, prima di arrivare all’addestramento presso il CAALE di Viterbo dovevano frequentare e, naturalmente, superare il corso basico di abilitazione presso la scuola di volo del 72° Stormo di Frosinone. Questo portò anche alla nascita di un nuovo reparto RRALE, ovvero il 3°, ubicato all’aeroporto di Orio al Serio di Bergamo.

Se si considerano gli anni 60 come gli anni decisivi per l’Aviazione dell’Esercito che conosciamo oggi, anche gli anni 70 non furono da meno: prima, nel 1971, arrivò il Basco Azzurro, il nuovo copricapo per la specialità, poi, nel 1973, a Viterbo arrivarono i primi CH-47C “Chinook”, elicotteri da trasporto che già avevano dato dimostrazione di affidabilità e capacità di operatività durante la guerra del Vietnam, dove gli Stati Uniti utilizzarono in maniera massiccia questo “gigante” a due rotori.

Nel 1975 si attuò anche la prima grande trasformazione dell’Esercito, la “grande riforma” modifico la struttura delle forze di terra, andando a modificare anche l’ALE, che venne orientata non tanto sulla quantità ma quanto sulla qualità: dei mezzi, dei piloti, degli specialisti e delle strategie operative. Un’ulteriore modifica fu quella del nome dei reparti, i quali preso la denominazione di una stella, nel caso dei raggruppamenti, e di una costellazione o di un pianeta, per i gruppi squadroni.

La riforma dell’Esercito non fermò l’ascesa e la modernizzazione dell’ALE che, nel 1976, si vide consegnare i primi A-109, che diventeranno la base di studio per il lancio di missili controcarro che verrà utilizzata nello sviluppo del A-129, il primo elicottero da combattimento italiano.

Questo grande sviluppo permise all’Aviazione dell’Esercito di essere conosciuta ed apprezzata, anche, in campo internazionale. L’occasione si presentò nel 1979 quando l’Italia partecipò, massicciamente, alla missione UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon - Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite), dove gli elicotteri dell’Esercito vennero schierati nella base di Naqoura, situata nel Libano meridionale. Era la prima missione militare internazionale, dalla seconda guerra mondiale, per l’Italia e per l’ALE, che si comportò, e si comporta ancora, in maniera impeccabile, svolgendo al meglio tutti i compiti assegnati.

Ma le missioni non furono, e non sono tutt’ora, solo quelle internazionali, perché l’Aviazione dell’Esercito, dall’inondazione causata del crollo della diga del Vajont (1963) in poi, viene utilizzata in maniera massiccia, anche in virtù della sua importanza, in occasione di calamità naturali che colpiscono il nostro Paese. L’importanza del lavoro dei “baschi azzurri” in queste occasioni è ben dimostrato dagli elogi delle popolazioni colpite e dalle innumerevoli decorazioni alle bandiere di guerra dei vari reparti dell’AVES, anche se basterebbe guardare all’ultimo sisma che ha colpito l’Italia per comprendere l’importanza rivestita dagli elicotteri in queste occasioni, dato che permettono velocemente di procedere ad operazioni di salvataggio e al trasporto di viveri, di mezzi e di materiali pesanti.

Tornando all'evoluzione dell’AVES, se i vent’anni degli anni ’60 e ’70 sono stati gli anni dello sviluppo e del consolidamento dell’Aviazione dell’Esercito, gli anni ’80 furono il classico momento di passaggio. Degni di nota furono due eventi: l’entrata in servizio degli AB-212 e la radiazione degli AB-204. Contemporaneamente, però, la modernizzazione dei mezzi andò avanti, con il primo volo sperimentale dell’A-129 “Mangusta”: un progetto lungo che affonda le sue radici sul finire degli anni ’70. Il Mangusta entrò in servizio effettivo all’inizio degli anni ’90 ed ebbe il suo battesimo del fuoco nella “tragica” battaglia del Checkpoint Pasta, quando l’equipaggio colpì con un missile anti-carro un VM-90 italiano che era stato catturato dai ribelli somali. Il mondo era cambiato, la Guerra Fredda era finita e un nuovo mondo pieno di sfide si apriva, quindi, di fronte al futuro del nostro Stato e, di conseguenza, delle nostre forze armate: le missioni internazionali, sotto egida ONU diventavano sempre più pericolose e, laddove necessario, l’intervento armato era fondamentale. Questo fu quanto emerse dalla battaglia del Checkpoint Pasta (dove alla fine si contarono 3 morti e 36 feriti per l’Esercito Italiano).

Nel frattempo, il 12 giugno 1993, l’ALE cambiò nome diventando AVES, ovvero la denominazione attuale di Aviazione dell’Esercito, contemporaneamente alla rimozione delle limitazioni di peso sui mezzi ad ala fissa. Nome che venne cambiato, per un breve periodo, in “Cavalleria dell’aria” per poi tornare velocemente, nel 2003, ad essere conosciuta come Aviazione dell’Esercito, nome che era legato indissolubilmente all’interno e all’esterno della specialità.

Dal punto di svolta della battaglia del Checkpoint Pasta, l’AVES ha continuato ad essere utilizzata in tutte le operazioni internazionali, svolgendo i compiti assegnati in maniera perfetta e permettendo un costante supporto alle truppe impegnate in operazioni terrestri.

Nel frattempo, però, ha continuato sia ad aggiornare i suoi mezzi sia ad acquistarne e svilupparne dei nuovi, come ad esempio è stata la joint venture europea per la realizzazione dell’NH-90, l’elicottero che sarà la futura spina dorsale dell’AVES che sta nascendo in questo Terzo Millennio: con lo sguardo sempre volto al futuro, ma senza disdegnare e dimenticare il proprio passato.

Di questo futuro ne parleremo con il comandante dell’Aviazione dell’Esercito, generale di brigata Paolo Riccò, nella seconda, e ultima, tappa del “viaggio” nell’AVES.

(foto: AVES)