Sayyid Qutb: all’origine di un’ideologia

(di Paolo Palumbo)
19/09/17

La base dottrinale del terrorismo islamista ha origini remote, scaturita da diverse interpretazioni del Corano e del Jihad attraverso i secoli. Il periodo più florido di questo pensiero fu il XX secolo, quando l’Egitto divenne il centro intellettuale dal quale nacquero i movimenti islamisti più importanti, prima fra tutte la Fratellanza Mussulmana. Le fondamenta di questa potente organizzazione furono gettate da alcuni tra i più noti promotori del radicalismo islamico tra cui Hassan al-Banna – fondatore dell’Ikhwan al-Muslimum – e Sayyid Qutb, suo erede spirituale. Le idee di questi due pensatori e interpreti del Corano, diedero un nuovo significato al jihad segnando un cambiamento sostanziale nel modus operandi delle varie organizzazioni terroristiche. L’Egitto del dopoguerra – insieme all’Algeria – divenne il teatro principale in cui maturò il dissenso di migliaia di islamici oppressi da regimi che a loro volta si proclamavano mussulmani. La detenzione, insieme alle torture a cui furono sottoposti i membri della Fratellanza, fortificarono ancor di più la convinzione che l’unico rimedio per eliminare gli apostati al potere, fosse la lotta armata. Le idee di al-Banna e di Qutb, sopravvissero alla loro morte diventando il manifesto politico sul quale venne imbastita un’ideologia permeata di odio e sentimento di vendetta.

Una visione particolare

L’Egitto in cui Sayyid Qutb maturò il suo radicalismo era un Paese in fermento, teatro di conflitti interni e tensioni internazionali dovute soprattutto alla posizione strategica del Canale di Suez. Mentre la Francia e la Gran Bretagna giocavano le ultime carte della loro eterna, quanto sterile, disputa coloniale, la monarchia di Ahmad Faud e il partito Wafd fecero sprofondare il Paese in una grave crisi economica che infiammò gli animi dei rivoluzionari, proiettati verso un cambiamento radicale della situazione. Qutb, nato nel 1906 in un piccolo villaggio dell’Alto Egitto, iniziò la sua carriera negli anni Trenta, come ispettore scolastico per il Ministero dell’Educazione egiziano. Sayyid era un giovane vivace con una mente brillante e una visione molto particolare circa il ruolo che avrebbe dovuto esercitare la religione nel suo Paese: non nascose mai le simpatie per i movimenti di piazza e in diverse occasioni criticò ferocemente il governo. Affidargli un incarico governativo fu, infatti, un vano tentativo per sedare le sue intemperanze vero il partito Wafd e la monarchia. Sul luogo di lavoro Qutb manifestò sempre una certa insofferenza, fin quando tentò di affrancarsi dalle strette maglie statali prendendo le redini di due importanti quotidiani: “Il Mondo Arabo” e il “Nuovo Pensiero”. Nonostante l’indubbio valore letterario di Sayyid, l’esperienza giornalistica fu un buco nell’acqua poiché, anche in quella occasione, fece difetto il suo carattere intransigente; nel complesso era più ragionevole rimanere al Ministero dove, quanto meno, poteva continuare i suoi studi. Alla fine degli anni Quaranta, Sayyid fu mandato negli Stati Uniti per affinare il suo curriculum universitario: in realtà molti dirigenti confidavano che il contatto con la democrazia occidentale avrebbe stemperato il suo radicalismo. Nel 1948, Qutb partì alla volta di Greeley per frequentare un master all’Università del Nord Colorado. Contrariamente a quanto speravano negli uffici del Cairo, la permanenza di Qutb in America si rivelò un’arma a doppio taglio. In una delle pagine più interessanti della sua opera principale, descrisse così gli usi e costumi d’Oltreoceano: “It is astonishing to realize, despite his advanced education and his perfectionism, how primitive the American really is in his views on life…His behaviour reminds us of the era of the caveman. He is primitive in the way he lusts after power, ignoring ideals and manner and principles”1. Oltre a porsi in modo critico verso la coesistenza di diverse religioni, Qutb condannò ferocemente l’appoggio che gli americani davano al Sionismo rispetto la diffidenza provata verso gli islamici.

Mentre Qutb studiava negli Stati Uniti, l’Egitto entrò nuovamente in un periodo critico, dove le spinte rivoluzionarie della Fratellanza Mussulmana si facevano sempre più pressanti.

La Fratellanza Mussulmana e Qutb

L’avvenimento principale che cambiò la politica egiziana nell’immediato dopoguerra, fu il conflitto arabo israeliano del 1948. Malgrado la pesante sconfitta subita dai Paesi arabi, l’Egitto iniziò ad occupare una posizione preminente nell’equilibrio mediorientale, soprattutto grazie al prestigio conquistato dai militari ed in particolare da una società clandestina chiamata Ufficiali Liberi. Nel 1952, guidati da Gamal Abd el-Nasser, gli ufficiali egiziani (foto) spodestarono dal trono il re Farouk per instaurare dapprima un governo provvisorio e poi una repubblica. I propositi riformisti si tramutarono ben presto in una rigida dittatura militare; il rivale di Nasser, il moderato Naguib, fu rimosso poiché accusato di connivenza con la Fratellanza Mussulmana.

L’Ikhwan al-Muslimun fu fondata da Hassan al-Banna (1906 – 1949) nel 1928 nella città di Ismailia per poi, dopo pochi anni, essere trasferita al Cairo; agli albori, il movimento islamico fu latore di istanze riformiste in ambito religioso, ma in breve tempo furono avanzate anche proposte di natura politica. Al-Banna era la guida spirituale del gruppo: un uomo dedito soprattutto alla predicazione e alle lettere, piuttosto che alle barricate e ai frastuoni della piazza. Nonostante il suo carattere schivo e poco propenso ad esporsi, nel 1949 al-Banna fu assassinato a sangue freddo: la sua morte improvvisa scosse l’animo della Fratellanza la quale lo proclamò Imam Shahid, un martire, sebbene non avesse mai combattuto2. La morte di al-Banna frammentò l’Ikhwan in diverse correnti di pensiero, ciò nondimeno nessuno abdicò dall’idea che l’unica via da percorrere per innalzare l’Islam al potere e alla dignità perduta fosse la lotta armata3. In quel momento di sbandamento, ma anche di grande attivismo spirituale della Fratellanza Mussulmana, si collocò l’ingresso di Qutb che – in poco tempo – ereditò il carisma di al-Banna. Fino a quel momento il regime militare di Nasser aveva sopportato le rivendicazioni della Fratellanza, ma quando nel 1954 Mahnud al-Latif ordì un complotto per assassinarlo, si scatenò una vera e propria persecuzione. Per i membri dell’Ikhwan si aprirono le porte dell’inferno: molti furono tradotti in carcere e sottoposti a indicibili torture. Lawrence Wright, nel primo capitolo de Gli anni del Terrore, ha raccolto diverse testimonianze su cosa significasse per un militante della Fratellanza finire in una prigione egiziana: oltre a subire quotidianamente torture e percosse, alcuni furono rinchiusi in celle con dei cani randagi per essere sbranati4. L’indicibile sofferenza al quale fu sottoposto Qutb rinforzò la sua fede: in quel periodo di dolore nacque la sua opera più significativa, Ma’alim fi’l-tereeq, meglio ricordata come Milestones (Pietre miliari) destinata a diventare il manifesto dell’islamismo per intere generazioni di jihadisti.

Dopo un breve periodo trascorso in libertà, nel 1965 venne alla luce un nuovo complotto anti governativo, così Qutb e suo fratello Muhammad furono nuovamente incarcerati. Questa volta la traduzione in cella di Qutb aveva un unico scopo: condannarlo alla pena capitale. Dopo un processo orchestrato ad arte dalla propaganda governativa, Sayyd Qutb fu impiccato il 29 agosto 1966.

Pochi anni dopo l’eredità di Qutb fu raccolta da Muhammad Abd al-Salam Faraj, un teologo autodidatta il quale fu accusato di essere l’organizzatore dell’attentato mortale a Sadat. Faraj fu l’autore di The Neglected Duty, un’opera permeata dal pensiero di Qutb sulla necessità di abbattere prima gli apostati e successivamente l’America e gli occidentali rei di negare all’Islam la sua purezza5.

Milestones

Nelle pagine introduttive della sua opera più rilevante, Sayyid Qutb descrisse per sommi capi il fulcro del suo pensiero spiegando come l’Occidente, ma anche l’Oriente si trovassero sull’orlo di un baratro che li avrebbe condotti alla distruzione6. La causa del declino socio-culturale non era l’incombente minaccia nucleare, bensì la totale mancanza di valori palesata dalla classe dirigente, promotrice della modernità e del progresso: “tutte le ideologie nazionaliste e scioviniste che sono apparse in epoca moderna, tutti i movimenti e le teorie derivate da esse, hanno perso la loro vitalità”7. Per questo motivo, ogni modello di vita – spiegava Qutb – si era dimostrato insostenibile e solo l’Islam e la comunità mussulmana avrebbero ricondotto il mondo verso la purezza dei valori. Qui prende forma il concetto di“Jahilliya”, ovvero l’ignoranza nella quale vivevano i popoli prima dell’avvento dell’Islam. Dentro l’orbita di questo mondo irresponsabile, gravitavano tutti i governi, ivi compresi quelli mussulmani, colpevoli di essere stati corrotti dall’Occidente: “The term Jahilliya assumed central significance for Sayyid Qutb, encapsulating the utter bleakeness of the Musilm predicament and serving as an epistemological device for rejecting all alligiance other than Islam”8.

Le tesi di Qutb presentavano dei tratti originali, ciò nondimeno prendevano le mosse dalla visione di un altro suo contemporaneo, Abul Ala Maududi (1903-1979, foto a sx) allievo della scuola Deobandi. Maududi enfatizzava l’idea che l’Islam non fosse solo una religione, ma un sistema sociale che guidava e controllava ogni aspetto della vita9. Su questo punto, il pensiero di Qutb differiva sostanzialmente da quello di al-Banna il quale auspicava un’affermazione islamica nascente dal basso, per volontà del popolo. Sayyid, viceversa, intimava un processo inverso con l’abbattimento dei governi, la loro sostituzione e la creazione di una nuova classe dirigente fedele alla legge islamica. Il jihad per Qutb assumeva valenza rilevante soprattutto contro i takfir, apostati o scomunicati: una formula che giustificava così l’aggressione di altri mussulmani che non rispettavano rigidamente la sharia. Il termine jihad per Qutb eccedeva il mero valore spirituale e la conversione degli infedeli non poteva basarsi solo sulla predicazione (daw’a): “Since the movement come in to conflict with the Jahiliyyahh which prevails over ideas and beliefs, and which has a pratical system of life and a political and material authority behind it, the Islamic movement had to produce parallel resoruces to confront this Jahiliyyahh. This movement uses the methods of preaching and persuasion for reforming ideas and beliefs, and it uses physical power and Jihad for aboloshing the organizations and authorities of the Jahili systems which prevents people from reforming their ideas and beliefs […]10.

Le teorie contenute nei paragrafi di Ma’alim fi’l-tereeq ottennero concretezza nelle azioni del Fratelli Mussulmani e da tutti gli altri movimenti da essi derivati. Ogni forma di lotta moderata era inverosimile poiché chi dominava al di fuori della parola di Allah, non avrebbe rinunciato facilmente al potere: “This universal declaration of the freedom of man on earth from every authority except that of Allah, and the declaration that sovereignty is Allah’s alone and that He is the Lord of the universe, is not merely a theoretical, philosophical and passive proclamation. It is a positive, practical and dynamic message […]”11. Il dinamismo a cui fa riferimento Qutb serviva a giustificare la lotta armata e la coercizione nei confronti di coloro che si opponevano al dominio assoluto di Allah, la cui benevolenza era indirizzata non solo verso le popolazioni arabe, ma verso il mondo intero. Una visione evoluta e violenta di un “Islam globale” era, dunque, il perno attorno al quale ruotava il pensiero di Qutb: “This religion is not merely a declaration of the freedom of the Arabs, or is its message confined toi the Arabs. It addresses itself to the whole of mankind, and its sphere of work is the whole earth”12. La missione era dunque liberare il mondo intero dalla Jahiliyyahh, svincolando il Jihad dai suoi confini tradizionali (la penisola Araba) e volgere la lotta contro l’intera umanità, schiava dell’ignoranza13.

I discepoli

Dopo gli anni turbolenti di Nasser, l’elezione di Sadat (nella foto, assieme) alla direzione del governo sembrò mitigare l’ostilità verso l’Ikhwan: furono anni relativamente pacifici in cui il neo presidente cercò una convivenza con gli islamisti. A far mutare la direzione del vento furono le scelte sbagliate in politica estera e l’imopportuno riavvicinamento di Sadat agli americani, ma soprattutto ad Israele, che causarono una spaccatura definitiva con l’Ikhwan. Tra gli studenti del Cairo simpatizzanti dei Fratelli Mussulmani e poi fedeli a Sayyid Qutb vi era Ayman al-Zawahiri, un giovane promettente e di ottima famiglia, orientato verso gli studi di medicina. Ayman al-Zawahiri era già molto attivo nel mondo del jihad: insieme a suo fratello Mohammed fondarono la prima cellula dell’Egyptian Islamic Jihad, uno dei gruppi più determinati nel panorama jihadista. Grazie ai macabri risultati ottenuti dalla sua organizzazione, di cui divenne leader indiscusso nel 1975, entrò in contatto con il primo tassello che lo avrebbe unito al destino di Osama bin-Laden: Adullah Azzam il quale era arrivato al Cairo per conseguire il dottorato in studi islamici all’università di al-Azhar14. Dopo essere stato processato per l’assassinio del presidente Sadat nel 1985, al-Zawahiri partì alla volta del Pakistan. L’arrivo a Peshwar e il successivo ritrovo con bin-Laden e Azzam sono ormai storia nota, tuttavia può essere utile capire quanto gli insegnamenti di Qutb influenzarono il pensiero ed il modus operandi di una nuova generazione di jihadisti. L’incontro tra i tre personaggi produsse una sorta di equilibrio tra spiritualismo e quel necessario attivismo che rese possibile la formazione di al-Qaeda. Azzam e al-Zawahiri rappresentavano il motore intellettuale del movimento, bin-Laden, uomo d’affari, era colui che poteva realizzarne materialmente le idee. L’indottrinamento spirituale di bin-Laden non poteva competere con quello di al-Zawahiri, il quale portava sulla pelle le cicatrici della sua fede e di anni di lotta a fianco di Qutb. Osama, ad esempio, ebbe il suo primo incontro con la dottrina islamista di Qutb sul finire degli anni Settanta, all’università di Jeddah, grazie alle lezioni tenute dal fratello Mohammed Qutb. Nel medesimo periodo, Osama sfogliò avidamente le pagine di Signpost e dell’altra monumentale opera di Qutb, In the Shade of the Koran nel quale l’autore sciorinava numerose teorie, anche violente, su come proteggere e liberare i mussulmani schiacciati dal colonialismo e dall’Occidente15. Il disegno islamista post-Afghanistan subì così un deciso cambio di rotta poiché sia bin-Laden, sia al-Zawahiri rivolsero il loro odio contro il nemico “lontano” piuttosto che quello “vicino” già bersaglio di organizzazioni come l’Ikhwan, Jamaa al-Islamiya o dell’Egyptian Islamic Jihad16. L’Afghanistan ampliò le prospettive di lotta del fronte islamista: una volta sconfitti i Sovietici bisognava rivolgere le armi contro gli Americani e i loro alleati, sebbene le armi fossero le stesse vendute dalla CIA. Nella puntuale analisi circa la strategia politico-militare seguita da al-Qaeda, Rohan Gunaratna, specifica come per bin-Laden il conseguimento degli obiettivi – tra cui la creazione del Califfato – fosse il risultato di un’azione progressiva. Il nemico numero uno era l’America e l’Occidente, l’autentico demone che minacciava l’intero mondo islamico; in seconda battuta il supporto era dovuto ai fratelli che lottavano contro i “falsi” governi mussulmani (Egitto, Arabia Saudita, Tajikistan, Uzbekistan e Algeria) e poi a quelli che erano perseguitati per la loro fede (Filippine, Kashmir, Bosnia e Cecenia)17. Questo modus operandi derivava dagli insegnamenti di Sayyid Qutb il quale specificò che la lotta contro l’ignoranza era fatta di tanti passi, l’uno complementare all’altro: “The second aspect of this religion is that it is a pratical movement which progresses stage by stage, and at every stage it provides resources according to the pratical needs of the situation and prepares the ground for the next one”18. Una teoria sulla sequenzialità degli eventi che sancì il punto di rottura tra al-Zawahiri e al-Baghdadi reo di aver proclamato il Califfato senza il consenso della Umma.

L’alternativa

Quanto espresso da Sayyid Qutb ha aiutato il mondo islamico radicale ha costruire un edificio ideologico nel quale collocare le motivazioni per le loro azioni violente. L’assassinio diventa così uno strumento utile quanto la predicazione, mentre l’uccisione di mussulmani apostati e infedeli una missione necessaria per assolvere il mondo intero dall’ignoranza e dal peccato. La parafrasi coranica in questo senso appare traballante e non tutto l’Islam ha abbracciato questi ideali; non possiamo, tuttavia, dimenticare che l’interpretazione di al-Banna, poi di Qutb, si fondava su un’attenta lettura del Corano. Sarebbe, infatti, un errore per un mussulmano moderato considerarsi estraneo al problema: l’Islam dovrebbe aiutare i suoi fedeli a capacitarsi su come le idee di Qutb e dei suoi discepoli siano state una distorsione pericolosa e mendace rispetto al vero messaggio del Corano. I proclami di al-Zawahiri (foto) – spiega Abdal-Hakim Murad eminente studioso mussulmano britannico – banalizzano 14 secoli di storia islamica riducendola ad un mero scontro con l’America e l’Occidente. Il giudice yemenita Hamoud Al-Hitar sostiene che il terrorismo abbia una base intellettuale e che possa essere sconfitto solo intellettualmente: ciò è certamente vero, tuttavia sino a questo momento sono stati rari i messaggi di biasimo dall’Islam moderato19. La lotta contro il terrorismo deve diventare una battaglia soprattutto per la liberazione dell’Islam stesso: la belligeranza di Qutb non deve cadere nell’oblio, ma riposta e conservata nel momento storico in cui fu scritta, quando i mussulmani venivano perseguitati da regimi i cui leader professavano la stessa fede.

(foto: web)

 

1 Sayyid Qutb, Milestones, Birmingham, 2006, p. 8

2 Ronnie Azoulay, The Power of Ideas. The Influence of Hassan al-Banna and Sayyid Qutb on the Muslim Brotherhood Organization, Przeglad Strategiczny, 2015, n. 8, p. 173. URL: http://pressto.amu.edu.pl/index.php/ps/article/view/5274

3 Il successore di al-Banna fu Hasan al-Hudaybi, una figura di compromesso tra i voleri della monarchia e le istanze della Fratellanza. Gilles Kepel, Musilm Extremism in Egypt. The Prophet and Pharaon, Berkley, 1986, p. 36.

4 Lawrence Wright, Gli anni del terrore, Milano, 2017.

5 C. Henzel, The Origins of al Qaeda’s Ideology: Implications for US Strategy, in “Parameters, Spring 2005, pp. 69-90, URL: https://pdfs.semanticscholar.org/0850/559aa84e7701dc8509dbae4933a0a25d49...

6 Sayyid Qutb e al-Banna non furono i primi ideologi dell’islamismo e il loro pensiero traeva ispirazione da due pilastri della tradizione sunnita: Taqi ad-Din Ahmed ibn Taymiyya (1263 – 1328) seguito da Muhammad ibn’ Abd al Wahhab (1703-1792) un teologo saudita e cofondatore dell’Arabia Saudita.

7 Qutb, cit., p. 24.

8 Ibidem, p. 11.

9 Dale C. Eikmeier, Qutbism: An Ideology of Islamic-Fascism, Us Army War College Quarterly, Spring 2007, Vol. 37, N. 1, URL: http://ssi.armywarcollege.edu/pubs/parameters/articles/07spring/eikmeier...

10 Qutb, cit., p. 65

11 Qutb, cit., p. 68.

12 Ibidem, p. 69.

13 Ibidem, p. 71.

14 Ali Soufan, Anatomy of Terror. Form the Death of Bin Laden to the Rise of the Islamic State, New York, London, 2017, p. 165-167.

15 Steve Coll, The Bin Ladens. An Arabian Family in the American Century, New York, 2009, pp. 204-205.

16 Il testo che segnò una rottura di pensiero rispetto le azioni di altre organizzazioni jihadiste fu Knights Under the Prophet’s Banner scritto da al-Zawahiri nel quale è sposata con chiarezza la teoria di Qutb circa una lotta globale e violenta.

17 Rohan Gunaratna, Inside al-Qaeda Global Network of Terror, London, 2002, p. 55.

18 Qutb, cit., p. 65.

19 Eikmeier, cit.,p. 93.