S524: In immersione con il sommergibile “Longobardo” (terza parte)

(di Lia Pasqualina Stani)
08/08/16

Terminata l’esercitazione antincendio, si procede alla manovra di ritorno a quota periscopica, si fa immediatamente un rapido check a giro d’orizzonte per assicurarsi che non ci siano “eventuali contatti sospetti” od “ostacoli”, sia in mare che in cielo, pronti ad interferire con l’attività. Macchine sul ferma, si dà “aria all’emersione” per svuotare la “cassa emersione” immettendo aria ad alta pressione stoccata in apposite bombole interne allo scafo.

L’alleggerimento dovuto alla sostituzione della zavorra d’acqua nella cassa emersione con aria, consente al sommergibile di portarsi in “affioramento”, ovvero battello immerso, torretta fuori dall’acqua.

Si completa la fase di semiemersione con un assetto dedicato per rilascio e fuoriuscita operatore.

L’ufficiale di guardia, riceve il comando di dare una comunicazione a tutto l’equipaggio. È vietato circolare durante “l’assetto fine”: a tutto il locale della manovra per assetto su fermo è vietato circolare. Durante la manovra di assetto, il continuo movimento e gli spostamenti degli operatori all’interno del sommergibile, possono variare e “scombinare” l’assetto del battello, perché si ha una diversa distribuzione dei pesi.

L’assetto su ferma è una “fase delicata”: bisogna ridurre le ondulazioni di rollio e beccheggio del battello. Pur essendo in addestramento si deve calcolare il tempo impiegato per questa manovra, sperando che le condizioni del mare siano favorevoli.

Arrivati sul punto di rilascio i comandi si susseguono ed il personale del 1° reggimento nuotatori della brigata marina San Marco è pronto a portarsi in coperta.

Si alza il periscopio d’attacco. La torretta è completamente fuori acqua, la coperta leggermente, quanto basta per aprire portello e contro portello. L’aria fresca che torna a circolare negli ambienti chiusi viene respirata con piacere.

Si ammaina il periscopio d’attacco. Si legge quota. Si alza il periscopio da esplorazione. Si comunica al personale di prepararsi alla fuoriuscita.

L’attività addestrativa “Exer Medusa” ha inizio: il team della brigata marina San Marco esce dalla garitta di prua.

Con il comandante Robert Gelsomino e il comandante Flottiglia Sommergibili, c.v. Stefano Russo, saliamo nuovamente in plancia ad assistere alla fase iniziale prima dello sgancio del team.

Questa attività congiunta tra i sommergibilisti ed i nuotatori paracadutisti della brigata marina San Marco fa parte di un complesso programma addestrativo necessario per creare la giusta “sintonia” ed il fondamentale affiatamento tra le due componenti specialistiche della Marina Militare

Il personale del team, procede a gonfiare i gommoni che utilizzeranno per dirigere sull’obiettivo a terra pianificato.

Il personale del reggimento, completerà l’attività addestrativa a terra. I gommoni saranno recuperati dal personale della brigata in supporto.

In una situazione operativa “reale”, mentre il personale rientrerebbe nel sommergibile, i gommoni verrebbero autoaffondati per non lasciare traccia.

Rimaniamo in plancia il tempo necessario per vedere il team salire a bordo dei gommoni. Poi rientriamo all’interno dell’S524. Chiusi portello e contro portello delle garitte di centro e prua, si procede all’immersione del sommergibile ed allo sgancio dei gommoni. Il team del 1° reggimento procede con la missione.

Assistendo a queste attività ho la certezza che gli uomini della Marina Militare Italiana sono realmente dei “professionisti del mare”. E devono amarlo profondamente se lo sfidano con tale doveroso rispetto: non temono sacrifici, difficoltà metereologiche, mettono in gioco la loro forza fisica e volontà. Sono uomini dotati di passione e coraggio. Ma non basta. Sono coesi. Decisi ad ottenere il massimo risultato in quello che fanno. Ci credono. Questo fa la differenza. Sfruttano al meglio i mezzi messi a loro disposizione e tutti gli equipaggi, costituiti da uomini e donne, conoscono il senso del dovere e mettono in gioco competenze professionali ed umanità.

Credevo che il tempo a bordo di un sommergibile sarebbe passato lentamente. Non ho mai guardato l’orologio. Quando sento l’ufficiale di guardia chiedere al comandante Gelsomino, se è a conoscenza del “punto di rilascio del trasbordo” per me e il comandante Russo, realizzo che da lì a poco questa “magnifica” esperienza a bordo del Longobardo si sarebbe conclusa.

Il comandante Gelsomino comunica al secondo di mettersi in contatto via radio con il Mein e definire la migliore manovra cinematica per il trasbordo in totale sicurezza (per i professionisti degli abissi safety is paramount, la sicurezza è di primaria importanza).

Arrivati sul punto di trasbordo, dopo le consuete manovre di apertura del portello e contro portello di prora, saluto l’equipaggio e rimetto la giacca a vento. Prendo velocemente la mia reflex e - a malincuore - salgo su per la garitta.

Mentre aspettiamo che il Mein si avvicini per effettuare il trasbordo, nonostante il vento contrario, io sono in piedi sul “dorso” del Longobardo, in mezzo al mare. Non mi sembra vero. Mi sono sempre chiesta come facevano i sommergibilisti a non cadere in mare, stando in piedi col sommergibile in movimento, quando attraversano il Ponte Girevole di Taranto,

Adesso ho la risposta. Non si ha paura. Nonostante la stazza del battello, i suoi movimenti sono lenti, mi sento al sicuro nonostante quel “dorso” sia piuttosto ristretto. Quando il Mein si affianca, saluto il comandante Gelsomino con la promessa che tornerò presto a bordo.

Le emozioni vissute a bordo dell’S524 sono conservate nella scatola dei miei ricordi che non ho chiuso in soffitta o nel garage. Sono nel mio cuore e li rivivo ogni giorno. Ogni momento è impresso e non c’è fotografia che possa sostituirsi ai “fotogrammi delle mie emozioni”.

Ricorderò sempre le chiacchiere che ci siamo concessi a pranzo, i sorrisi e le risate a proposito della barba del sig. Palomba che mi ricordava il comandante Rossetto al ritorno dalla missione in Atlantico. La spontaneità del comandante Gelsomino. Non dimenticherò la “sua” mitica statuetta “l’ombra della notte” sistemata nel quadrato ufficiali accanto al cofanetto contenente la bandiera di combattimento. La pazienza del comandante Russo, che mi ha supportato in ogni momento a bordo del Longobardo, lì dove percepiva la mia faccia perplessa e dubbiosa. E poi ancora i “fischi” dei delfini. Ricorderò sempre la splendida accoglienza di tutto l’equipaggio, dall’apparenza rude ma dall’animo generoso ed essenziale. Concentrati sul proprio lavoro, attenti e competenti. Per loro, durante i turni di lavoro a bordo, non esiste niente e nessuno.

Sul “registro” dei ricordi del Longobardo ho dimenticato di lasciare un mio pensiero. Questo sarà uno dei tanti motivi per cui spero di ritornarci.

Il motto dei sommergibilisti dell’S524 è “exemplum adest”: l’esempio è qui. Credo che non ci sia “esempio” migliore che avrei potuto ricevere. “Sentirmi parte”, per un giorno, di una componente d'élite della nostra Marina Militare, è sicuramente un atto di presunzione. Quando sono entrata per la prima volta nel Comflotsom non sapevo nulla di questi “marinai” e dei loro mezzi. A stento, nonostante la stazza dei battelli riuscivo a riconoscere un battello dall’altro e non capivo a cosa realmente potesse servire un sommergibile.

In questo lungo viaggio ho trovato molte risposte alle mie domande. Ma questo è solo l’inizio, appunto, di un lungo viaggio in questo mondo...