Ordigni esplosivi improvvisati: minaccia quotidiana di una vecchia conoscenza

(di Paolo Palumbo)
09/01/17

Gli IED o Improvised Explosive Devices sono tra le armi più temibili a disposizione dei terroristi. Possono essere piazzati ovunque sotto qualsiasi forma: la loro massiccia presenza, in Afghanistan e Iraq, ha rappresentato una “sorpresa tattica” dalle proporzioni preoccupanti che ha spinto il Pentagono a creare organizzazioni ad hoc per mitigarne gli effetti.

La costruzione di uno IED non è difficile anche se i rischi correlati alla manipolazione di esplosivi mette a serio rischio anche la vita di chi – più o meno sapientemente – li produce. Certamente gli ordigni improvvisati non sono una novità: essi hanno un background storico che li mette al primo posto tra le cosiddette armi “asimmetriche” impiegate da chi non può sostenere, ad armi pari, lo scontro con un esercito più dotato. Militanti del PIRA, terroristi palestinesi, Hezbollah, insorgenti iracheni, talebani e molti altri hanno disseminato il loro territorio di questi oggetti letali i quali hanno causato un alto numero di vittime, rallentando ed in alcuni casi paralizzando lo spostamento delle truppe.

La tecnologia sviluppata per identificare e rimuovere uno IED ha dei costi elevatissimi a fronte di un prezzo ridicolo per assemblarli e costruirli. I più pericolosi sono i VBIED (Vehicle-Borne Improvised Explosive Devices) che coinvolgono un gran numero di civili, creando ingenti danni alle infrastrutture. Insomma gli IED, ad oggi, continuano a seminare morte in ogni angolo del mondo e la soluzione, indubbiamente, non è solamente tecnologica.

Se andiamo indietro negli anni vediamo come l’impiego dell’esplosivo nascosto in oggetti di uso comune abbia avuto nel conflitto Nord Irlandese il suo culmine operativo, tuttavia anche nella Seconda Guerra Mondiale l’uso di IED e “booby trap” ha visto un largo impiego soprattutto nella guerra “oltre le linee nemiche” o della resistenza. Durante l’occupazione tedesca nella Bielorussia i partigiani piazzavano esplosivi lungo le linee ferroviarie per sabotare i rifornimenti nemici, lo stesso facevano i partigiani italiani o i maquis francesi.

Quando le vittoriose truppe sovietiche del maresciallo Konev e Zukov puntarono su Berlino incapparono in una furibonda resistenza tedesca che proseguì anche dopo la cessazione ufficiale del conflitto. Max Hastings, nel suo Armageddon. La battaglia per la Germania 1944-1945 racconta come l’unico fattore che tenesse lontano i russi dal saccheggio indiscriminato delle abitazioni fosse il timore di saltare su qualche trappola esplosiva. Ovviamente questo timore non impedì alla maggior parte dell’Armata Rossa di commettere le più efferate e vergognose violenze sulla popolazione civile.

Buona parte della ritirata tedesca - dalle spiagge della Normandia fino ai campi della Russia - è stata seguita da un accurato dispiegamento di piccole trappole esplosive che fecero diverse vittime tra le forze alleate. Le trappole messe in atto dai tedeschi erano simili a quelle assemblate dagli altri “bombaroli” impegnati nella parti avverse. Le cosiddette “booby traps” erano armi difensive e non offensive (contrariamente a quanto accade oggi) e il loro contributo alla guerra era soprattutto di natura psicologica (più similmente agli IED odierni). L’esplosivo poteva essere attivato in modi diversi, principalmente in seguito a strappi, fili tesi o a pressione, ma quello in cui eccellevano i tedeschi era prevedere come il nemico avrebbe innescato l’ordigno. Un blog di ricerca storica britannico riporta un curioso episodio in cui i tedeschi avevano piazzato una carica esplosiva dietro ad un quadro attaccato - appositamente storto – sul muro di una casa diroccata. Quando un ufficiale alleato lo vide, la sua mente agì in modo istintivo, seguendo uno schema mentale metodico: decise di raddrizzare la cornice saltando in aria insieme a tutto il muro. L’episodio, sebbene non sia corroborato da notizie più approfondite, è sicuramente veritiero circa il modus operandi di una trappola esplosiva, ma anche di come l’imprudenza e i movimenti più scontati possano condurre alla morte sicura. Non è un caso, infatti, che l’odierno addestramento C-IED imponga a ciascun soldato di non sottovalutare l’ambiente circostante e di valutare, con attenzione, tutto ciò che sia reputato anormale, ma anche troppo normale.

Durante la sua ritirata la Wehrmacht seminò mine anti uomo a profusione, soprattutto sul fronte orientale quando oramai i russi erano penetrati in Polonia e nel Reich. A queste i soldati di Hitler abbinarono trappole confezionate utilizzando soprattutto le granate che avevano in dotazione. La famosa Stielhandgranate Mod. 24 era una di queste: molte venivano abbandonate apposta, private del loro meccanismo di ritardo per la detonazione. Non appena uno sfortunato strappava la sicura la bomba esplodeva immediatamente. Lo stesso accorgimento mortale veniva applicato alle bombe Eierhandgranate mod. 39.

In effetti l’esercito tedesco non impiegava strumenti particolari per costruire trappole esplosive affidandosi solitamente a inneschi standard (D.Z. 35 a spinta, Z.Z. 35 a strappo e 42 a pressione) e esplosivo comune, ciò nonostante “it would be virtually impossible to give a complete list of the booby-trap devices that the enemy employed to date, since they have depended to a large extent on deception and concealment – factors limited only by the enemy’s extensive imagination1. Dopo lo sbarco ad Anzio, l’Intelligence americana notò con disappunto che in materia di Improvised Antipersonnel Mines i tedeschi stavano seguendo le orme dei loro alleati nipponici, veri maestri delle “booby traps”. In particolare annotarono l’uso di mine antiuomo collegate ad ostacoli come palizzate o recinzioni in modo che si innescassero nel momento in cui i militari cercavano di oltrepassarle, oppure esplosivi nascosti nelle lattine per la frutta o ancora meglio occultati sotto cumuli di immondizia.

Ma l’abilità dei tedeschi a confezionare trappole esplosive è emersa definitivamente nel 2015 grazie alla scoperta di alcune tavole di Laurence Fish, un’eccellente disegnatore al servizio del contro sabotaggio britannico dell’MI5. Nelle sue tavole, l’agente inglese tratteggiava alcuni modelli di ordigni improvvisati, fabbricati dai tedeschi, che avevano una sinistra similitudine con quelli impiegati dai terroristi contemporanei. Tra i vari disegni di Fish troviamo, infatti, pentole con il coperchio e un doppiofondo utile a nascondere la carica, bombe magnetiche a forma di termos da piazzare sul fondo delle navi mercantili, scatole in latta incendiaria e persino una tavoletta di cioccolata. Quest’ultimo manufatto susciterebbe l’invidia del più esperto bombmakers al servizio dell’ISIS: era una barretta di acciaio ricoperta da un sottilissimo strato di vero cioccolato al cui interno si celava un dispositivo che innescava l’ordigno, nel momento in cui l’avventore spezzava la prima fila della deliziosa barretta. Certamente un sistema molto ingegnoso che, a detta dell’MI5 doveva essere destinato ad uccidere nientemeno che Winston Churchill, notoriamente consumatore di questa leccornia.

1 Intelligence Bulletin, Vol. II, No. 11, July 1944, p. 22.