L’elicottero tuttofare di Boeing e la mobilità intrateatro delle Forze Armate USA

(di Leonardo Chiti)
21/09/17

l processo storico di elaborazione della dottrina militare delle maggiori potenze, è approdato alla definizione di tre livelli principali nelle strutture di organizzazione e comando delle Forze Armate: strategico, operativo (o "di teatro"), tattico.

Il primo è caratterizzato dall’attività di pianificazione e direzione risultante dall’interagire dei massimi vertici del potere civile - su cui ricade la responsabilità di ultima istanza in quanto centro decisionale del ricorso allo strumento bellico - e di quello militare, a cui spetta la traduzione in termini di uso della forza, delle linee generali d’azione elaborate, e degli obiettivi fissati, dall’autorità politica.

Il livello tattico chiama in causa la vera e propria azione in combattimento intesa come attacco alle formazioni in armi nemiche, e si manifesta in un ampio spettro di eventi che vanno dal singolo scontro di minima entità fino alle battaglie che possono arrivare ad impegnare per mesi le grandi unità di manovra.

Infine, il livello operativo rappresenta l’anello di raccordo tra gli organismi di direzione strategica e le forze in azione sul campo di battaglia, il che non si limita alla riformulazione nel linguaggio del comando tattico delle direttive provenienti dalle istituzioni governative e dallo Stato Maggiore. Il comandante di teatro e il suo staff devono rapportarsi al meglio con questi ultimi in modo da trarre il massimo vantaggio dalla condivisione di informazioni costantemente aggiornate in relazione al mutare della situazione sul terreno.

Se gli ordini propriamente detti percorrono per definizione una strada a senso unico dai livelli superiori a quelli inferiori della gerarchia, i dati e le indicazioni che emergono dal concreto svolgersi degli eventi sul campo, devono poter risalire la catena di comando per trarne conferma della bontà della strategia adottata, oppure favorire l’apporto di correttivi e, se necessario, un vero e proprio riorientamento.

In funzione di un effettivo esercizio del ruolo di prima potenza mondiale, gli organismi di elaborazione strategica degli Stati Uniti hanno individuato nello scacchiere internazionale sei principali teatri di intervento, o Geographic Combatant Command: U.S. Africa Command, U.S. European Command, U.S. Pacific Command, U.S. Northern Command, U.S. Southern Command e infine Central Command, o Centcom, la cui area di responsabilità concerne l’Asia sud-occidentale, dall’Afghanistan al Corno d’Africa.

Trattandosi di potenziali teatri di guerra dalle dimensioni continentali o subcontinentali, questi arrivano ad includere una pluralità di teatri operativi che possono dispiegarsi sul territorio di uno o più Stati, e a loro volta articolarsi in più aree di battaglia. Nel linguaggio della logistica, intesa come branca dell’arte della guerra relativa alla capacità di spostamento delle forze combattenti e dei loro mezzi di supporto, il livello strategico riguarda la dimensione interteatro della mobilità, mentre i livelli operativo e tattico fanno riferimento alla mobilità intrateatro.

Il processo di motorizzazione della guerra fino al livello tattico, che aveva registrato un notevole impulso generalizzatore durante il secondo conflitto mondiale, è stato portato a compimento con la comparsa dell’elicottero che ha mosso i primi passi (prontamente posti all’attenzione del grande pubblico nella pellicola del 1955: “Taxi da battaglia” (titolo originale Battle Taxi, fotogramma a dx), nella Guerra di Corea.

Non per niente le formazioni di fanteria pesante (meccanizzate e corazzate), e i reparti basati sull’ala rotante, si contendono l’eredità dottrinale e operativa della cavalleria, avendone rilevato nel tempo tutti i compiti che la caratterizzavano: esplorazione, copertura di cambiamento di fronte, collegamento tra grandi unità, sfondamento o aggiramento con azioni avvolgenti delle linee nemiche, sfruttamento del successo mediante l’inseguimento.

La prima diffusione della motorizzazione e le potenzialità mostrate dall’aviazione durante la Grande Guerra, avevano fatto intravedere chiaramente come il futuro delle azioni di inseguimento fosse rappresentato da automezzi sempre più potenti e veloci, e come l’aeronautica avrebbe potuto svolgere missioni di ricognizione e incursioni con una velocità di rischieramento e una capacità di penetrazione nella zona di stazionamento e manovra delle forze nemiche, impensabili per le pattuglie a cavallo.

La comparsa del carro armato porterà al trasferimento alla fanteria corazzata dei compiti di sfondamento e manovra in profondità, senza dimenticare che, ancora durante la Seconda Guerra mondiale, i moderni mezzi ruotati e cingolati hanno condiviso numerosi campi di battaglia con la cavalleria, in special modo sul fronte orientale del teatro europeo, e non solo nei ranghi di eserciti comunemente ritenuti arretrati come quelli italiano, sovietico e polacco.

Il 22 giugno 1941 l’Alto Comando tedesco aprì le ostilità nei confronti dell’Unione Sovietica dando il via all’operazione Barbarossa che vide la mobilitazione di 3.000.000 di uomini organizzati in 145 divisioni, di cui 30 corazzate o meccanizzate. Nonostante il fatto che la motorizzazione delle truppe di terra e l’appoggio aereo al loro avanzamento fossero i pilastri su cui poggiava la blitzkrieg, gran parte dei pezzi di artiglieria e dell’equipaggiamento di supporto generale della Wermacht erano ippotrainati e una componente essenziale di questa imponente forza di invasione era costituita da ben 600.000 cavalli.

Nella Guerra di Corea i velivoli ad ala rotante esordirono nell’importantissimo ruolo di eliambulanza con l’assegnazione dei Bell-47 (equipaggiati con due barelle esterne), alle unità dell’Esercito USA note come MASH (Mobile Army Surgical Hospital). Il primo impiego operativo nel trasporto rapido delle truppe e dei rifornimenti si verificò l’11 ottobre 1951 con l’utilizzo di una dozzina di H-19 Sikorsky (foto) nel corso dell’operazione Bumblebee, durante la quale un battaglione di Marines, forte di circa 1.000 uomini, venne inviato a rilevare un altro reparto di prima linea attestatosi in un’area montagnosa.

Nato nel 1948 come progetto S-55, l’H-19 poteva portare fino a dieci soldati o sei feriti in barella e si distinse in numerose missioni di soccorso ed evacuazione sanitaria (MEDEVAC), facendosi apprezzare anche dalle Forze Armate di altri Paesi, come ad esempio quelle francesi che lo impiegarono nell’esfiltrazione dei feriti dal perimetro di Dien Bien Phu, in Vietnam, nel marzo del 1954.

Alla fine degli anni ’40 nei soli Stati Uniti si contavano circa una settantina di aziende che lavoravano allo sviluppo dei nuovi velivoli e pur non mancando ingegneri capaci e progettisti brillanti, furono comunque in pochi i marchi che riuscirono ad emergere da questa nutrita pattuglia per imporsi come protagonisti nel settore dell’ala rotante made in USA. Fra questi, oltre a Bell e Sikorsky, si conquisterà un posto di rilievo la ditta Vertol, fondata da Frank Piasecki (1919-2008), che nello stesso decennio aveva acquistato i locali costruiti e in precedenza occupati dalla Baldwin Steam Locomotive Company, a Ridley Park, nella periferia dell’area urbana di Philadelphia.

A Piasecki si deve il successo dell’invenzione dell’elicottero con doppio rotore in tandem installato sui modelli della serie PV-3: HRP-1 (foto) e H-21 (la cui caratteristica forma arcuata gli valse il soprannome di “banane volanti”), impiegati per il trasporto truppe nella Guerra di Corea. Tra il conflitto coreano (1950-1953) e la Guerra del Vietnam (1965-1973/’75), nel volo con ala rotante si registrò l’importante passaggio dal motore a pistoni a quello a turbina che presentava il duplice vantaggio di fornire maggiore potenza arrivando a pesare fino alla metà. I primi ad adottarlo furono i francesi della Sud-Est che lo montarono sul loro SE-3130 Alouette, alzatosi in volo il 12 marzo 1955. Seguì a ruota, pochi mesi dopo, la statunitense Bell con il Model 204 da cui verrà derivata la serie militare UH-1 Iroquis.

Alla fine degli anni ’50 l’U.S. Army manifestò il proprio interesse per la sostituzione del bimotore a pistoni Sikorsky CH (Cargo Helicopter)-37 Mojave, con un elicottero da trasporto a turbina. La Vertol si fece allora avanti con il suo Model 107, un biturbina a doppio rotore in tandem ideato per il trasporto commerciale che si aggiudicò il contratto nel giugno del 1958.

Capace di trasportare fino a 20 soldati – 15 uomini completamente equipaggiati e 5 di equipaggio di cui 2 mitraglieri - e con un peso massimo al decollo di 9.700 kg, questa macchina venne ritenuta particolarmente adeguata alle proprie esigenze operative dai Marines, che la adottarono con la designazione CH-46 Sea Knight, entrato in linea nel 1961 per terminare ufficialmente il servizio nel 2007, a seguito dell’avvicendamento con il convertiplano Bell-Boeing V-22 Osprey.

Per l’Army la Vertol realizzò il Model 114, in pratica una versione accresciuta del 107 che vantava una capacità doppia nel trasporto del personale e un peso massimo al decollo di 17.450 kg. Il volo inaugurale avvenne il 21 settembre 1961 nell’area dello stabilimento di Ridley Park, passato l’anno precedente sotto il controllo della Boeing a seguito dell’acquisizione della Vertol da parte del gruppo di Seattle.

Ribattezzato CH-47 Chinook (nel solco della tradizione dell’Army che predilige i nomi delle tribù indiane), le consegne degli esemplari della versione A iniziarono nella seconda metà del 1962, inaugurando una storia industriale e di impiego operativo che dura tuttora e che per anzianità di servizio è seconda solo a quella del Lockheed C-130 Hercules, ininterrottamente in produzione dal 1954.

Nel 1976 Boeing ottiene dall’Army il via libera per il lancio della versione CH-47D, standard a cui verranno aggiornati anche gli esemplari delle tre varianti precedenti. La capacità di trasporto arriverà a 44 soldati o 24 barelle, per un peso massimo al decollo di circa 22.700 kg con una velocità di 240 km/h, e già sulle 108 unità della versione B (varata nell’ottobre del 1966), erano state installate tre mitragliatrici, due posizionate in corrispondenza dei portelli laterali e una sulla rampa posteriore apribile in volo.

Un ulteriore stadio evolutivo venne raggiunto con il CH-47F, frutto di un programma avviato ufficialmente nel 1998 e che ha portato alla consegna del primo velivolo nel novembre del 2006. Gli esemplari di questa variante, realizzati in parte ex novo e in parte dalla “rigenerazione” dei CH-47D, presentano molteplici miglioramenti dell’avionica il cui fulcro progettuale è il sistema di comando di volo digitale CAAS (Common Avionic Architecture System)/DAFCS (Digital Advanced Flight Control System), condiviso con altri “colleghi” fra i quali ad esempio figurano i Sikorsky MH-60K/L e CH-53E/K.

I modelli del Chinook dedicati alle Special Forces sono contrassegnati dalla sigla MH-47 (foto) declinata nelle varianti D/E/G, sviluppate sulla base dei CH-47D/F di cui rappresentano una versione potenziata in termini di raggio d’azione, velocità, capacità di carico e strumentazione di bordo. Le macchine di questa serie sono impiegate nelle missioni di infiltrazione ed esfiltrazione delle forze speciali, le quali implicano voli ad alta velocità e a bassa quota, effettuabili sia di giorno che di notte, anche con condizioni meteo avverse e su ogni tipo di terreno.

I primi MH-47D furono consegnati al 160th Special Operations Aviation Regiment di Fort Campbell, nel Kentucky, base che ospita le celebri “aquile urlanti” (screaming eagles), della 101st Airborne Division, le cui specialità sono per l’appunto l’incursione eliportata e l’assalto tramite discesa rapida con la corda (fast-roping).

Durante la Guerra del Golfo del 1991, nel corso dell’operazione Cobra, la 101ma ha impiegato più di 300 elicotteri (Chinook, AH-64 Apache, AH-1 Cobra, UH-60 Black Hawk e UH-1 Huey-Iroquois) per una penetrazione in profondità di oltre 100 km in territorio irakeno, finalizzata all’insediamento della base operativa avanzata (FOB: Forward Operational Base), Viper, da cui organizzare l’intercettazione delle truppe irakene in ritirata, tagliandogli l’unica via di fuga dalle loro posizioni al di là della valle dell’Eufrate.

Per la versatilità dimostrata in azione, nel Vietnam il Chinook si guadagnò l’affettuoso appellativo di “domestica tuttofare”, un soprannome che coglie una caratteristica alla base del successo internazionale del CH-47, acquisito da una ventina di Paesi su tutti i continenti.

Questo elicottero da trasporto pesante si è conquistato un posto tra le risorse irrinunciabili per la mobilità intrateatro, soprattutto quando ci si trova ad intervenire in contesti geografico-ambientali particolarmente ostili, dove, tra le altre caratteristiche, una parte rilevante dello “spirito di adattamento” del CH-47 è dovuta all’alta resistenza dimostrata nei confronti del decadimento operativo causato dall’aumentare dell’altitudine e della temperatura presenti nelle diverse aree di missione.

Secondo quanto sosteneva Erwin Rommel: il deserto è il paradiso del comandante tattico e l’inferno del responsabile logistico. Sulla base di questo assunto, il capitano di vascello Christophe Lucas sottolinea come le operazioni militari condotte in ambiente marino e in zone desertiche, siano accomunate dalla massima tensione a cui sottopongono la macchina organizzativa della logistica.

L’immensità e la desolazione degli spazi marittimi e desertici fanno della guerra in questi ambienti una guerra della logistica. Qualunque strategia si segua, necessita di basi e strutture di appoggio per rifornire e mantenere operativa la “flotta”, sia questa navale o aeroterrestre […] Il deserto impone una potente organizzazione logistica poiché i ritmi di consumo di pressoché tutto l’equipaggiamento risultano decuplicati (munizioni, pezzi di ricambio, acqua)

(“Du rezzou au swarming, pour une nouvelle Jeune École”, in “La guerre par ceux qui la font”, a cura del generale Benoît Durieux, Éditions Rocher, 2016).

Nelle fasi iniziali di Iraqi Freedom, durante le tre settimane tra il 19 marzo e il 10 aprile del 2003, il consumo quotidiano di carburante (avio e terrestre), ha oscillato da un minimo di 7,6 milioni di litri ad un massimo di 80, per un totale pari a quello utilizzato dagli Alleati sul fronte occidentale dal 1941 al 1945.

Considerando che il 70-75% del pianeta è ricoperto di acqua e che un terzo delle terre emerse sono rappresentate da zone desertiche, si capisce bene l’importanza per una grande potenza di poter contare su delle Forze Armate capaci di muoversi al meglio in contesti operativi di questo tipo, combinando a tale scopo in modo ottimale le capacità delle unità terrestri, navali ed aeree.

Il rapporto sfavorevole tra consistenza numerica dell’equipaggio e stazza della nave che contraddistingueva le galee, costringeva alla navigazione costiera per poter effettuare frequenti rifornimenti di cibo e acqua dolce. Con l’introduzione di una velatura complessa che, combinando vele quadre e triangolari, rese possibile la navigazione controvento senza ricorrere alle braccia dei rematori, si poté aumentare lo spazio disponibile a bordo per il trasporto di merci o l’alloggiamento di cannoni, aumentando anche l’autonomia a seguito del miglioramento del rapporto fra viveri imbarcabili e bocche da sfamare.

Con il passaggio dalle vele alla navigazione a vapore, rotte e autonomia di missione restavano vincolate alla disposizione delle stazioni di carbonamento, stesso discorso con l’entrata in scena della nafta. Per beneficiare di una maggiore flessibilità operativa le flotte vennero allora dotate di formazioni ausiliarie comprendenti carboniere, petroliere, navi cisterna per l’acqua potabile e unità frigorifere. Durante la Seconda Guerra mondiale, i branchi di lupi sottomarini formati dai tedeschi U-Boot (Untersee Boot), per le proprie scorribande oceaniche avevano bisogno dell’assistenza di unità della stessa famiglia in configurazione “vacche da latte”.

Il ricorso all’energia atomica ha risolto il problema dell’approvvigionamento di carburante, visto che la “speranza di vita” di sistemi a propulsione nucleare come quelli delle portaerei classe Ford e dei sottomarini classe Virginia, è di 35-40 anni. Per queste unità l’autonomia è tornata ad essere misurata dalla quantità di viveri imbarcabile.

Prima dall’avvento dei satelliti, il contributo fornito dallo spazio alla navigazione nelle distese di acqua come in quelle di sabbia e roccia, era legato alle mappe stellari redatte in gran parte dai mercanti arabi, profondi conoscitori di entrambi gli ambienti. Assieme alle rilevazioni e comunicazioni satellitari, i velivoli ad ala rotante incarnano al meglio il salto tecnologico compiuto, dopo il secondo conflitto mondiale, nei mezzi in dotazione per fare la guerra sia nelle zone più aride del Pianeta, sia sopra e sotto la superficie del mare.

Allo stesso modo degli itinerari marittimi, il deserto ha i suoi punti di passaggio obbligati come ad esempio le antiche piste carovaniere (corrispettivo degli stretti e dei canali), e le oasi (o comunque i punti di approvvigionamento idrico), ne rappresentano le isole per chi si sposta tra dune e distese sabbiose o rocciose. In entrambi gli ambienti, il dominio dell’aria è da decenni un fattore inaggirabile, rispetto al quale gli elicotteri sono parte integrante.

I compiti assolti vanno dal rifornimento delle navi dei gruppi da battaglia, attraverso la movimentazione dei carichi dalle unità per il supporto logistico (come in ambito covile avviene per le piattaforme petrolifere), all’azione in combattimento, dove gli elicotteri sono una componente importante della capacità antisom (Anti-Submarine Warfare), e possono svolgere missioni di incursione nell’entroterra, come nel caso degli attacchi effettuati nel 2011, in territorio libico, dai velivoli francesi del GAM (Groupe Aéromobile), operanti dalle unità BPC (Batîment de Projection et Commandement).

I convogli di mezzi in transito lungo gli itinerari di approvvigionamento delle unità combattenti, sono da sempre un bersaglio particolarmente appetibile per le formazioni nemiche e il dominio dei cieli è un requisito vitale per poter beneficiare di un adeguato livello di sicurezza delle linee di rifornimento.

Inoltre, nonostante il fatto che l’ottenimento dei diritti di sorvolo non sia esattamente uno scherzo, essendo il trasporto aereo percepito come meno “invasivo” rispetto a quello terrestre, la componente aeronautica di una forza di proiezione offre anche il vantaggio di consentire l’aggiramento non solo degli ostacoli naturali, ma anche di quelli politici che possono essere originati da attriti nei rapporti diplomatici tra potenze.

L’opposizione della Turchia al transito sul proprio territorio della 4th Infantry Division nel corso di Iraqi Freedom, lasciava la zona a nord di Baghdad sotto la responsabilità del solo personale delle forze speciali (spalleggiate dai miliziani curdi peshmerga), che vi erano state infiltrate all’inizio dell’invasione da sud. Per l’invio di rinforzi vennero allora mobilitate dalle rispettive basi in Nord-Italia e in Germania: la 173rd Airborne Brigade, i cui uomini furono paracadutati il 26 marzo 2003 nei pressi di Bashur (Nord-Irak), e la formazione blindata Task Force 1-63 della 1st Infantry Division, che venne dispiegata il 7 aprile nei pressi di Kirkuk, 250 km a nord di Baghdad.

Una volta occupate e rese sicure le vie di accesso all’aeroporto di Bashur, una squadra specializzata del genio ne intraprese l’adeguamento infrastrutturale per l’atterraggio dei C-17, che nel giro di 96 ore trasportarono quasi 2.200 soldati e 400 veicoli, tra cui alcuni carri armati Abrams M1 e mezzi corazzati da combattimento Bradley (impiegabili nei ruoli di carro comando, trasporto truppe e attività controcarro), oltre a svariati pezzi di artiglieria.

Dovendo manovrare a centinaia di km dalle proprie basi, le forze messe in campo necessitavano di punti di rifornimento sia lungo le linee di avanzamento, detti FARP (Forward Arming and Refueling Point), sia in prossimità della prima linea, denominati RRP (Rapid Refueling Point). Una quota di rilievo delle riserve di carburante e delle attrezzature per la sua distribuzione, su cui si basava il supporto logistico fornito da queste postazioni, era assicurata dai CH-47 in configurazione “fat-cow”, equipaggiati con serbatoi supplementari e dispositivi di rifornimento siglati ERFS (Extended Range Fuel System), e HTARS (Hot Tactical Aircraft Refueling System). Ai Chinook era affidato anche il trasporto delle squadre di meccanici e delle loro attrezzature.

Dato che i FARP e gli RRP erano insediati in aree inevitabilmente esposte ad azioni ostili, si rendeva necessaria la preventiva messa in sicurezza della zona scelta per il loro allestimento, effettuata dal personale inquadrato nel 3° battaglione del 187th Infantry Regiment, trasportato sul posto con gli elicotteri. 

Queste vere e proprie “oasi logistiche” fornirono un sopporto determinante nelle offensive che portarono alla conquista di Baghdad e alla presa di Mosul da parte degli uomini della 101ma agli ordini del generale David Petraeus, futuro comandante del Centcom.

L’azione coordinata dei reparti della moderna cavalleria aeroterrestre - costituiti dalle squadriglie di elicotteri e dalle formazioni blindate delle truppe di terra - rappresentò il fattore chiave per la conquista delle maggiori città irakene, ma il quadro operativo complessivo fa risaltare soprattutto l’importanza, ai fini della proiezione di potenza, dell’equilibrio di capacità tra i segmenti interteatro e intrateatro della mobilità.

Nello studio riaggiornato nel 2010 dal titolo “Mobility Capabilities and Requirement Study 2016”, il Department of Defense stimava la capacità giornaliera di trasporto strategico USA in circa 36 milioni di tonnellate-miglia (MTM/D: Millions Tons-Miles/Day), più che sufficiente per gli scenari d’ingaggio ipotizzati nello stesso documento, le cui necessità venivano quantificate tra le 29 e le 33 MTM/D.

Per la corrispondente capacità di movimentazione intrateatro viene fatto principalmente affidamento sui C-130 per il comparto ala fissa, e per quella rotante sui CH-47 e Sikorsky CH-53 (foto), la “bestia da soma” dei Marines che può operare da tutte le unità portaelicotteri e da assalto anfibio della U.S. Navy. In caso di necessità, essendo dotati di fusoliera a tenuta stagna, entrambi i modelli di elicotteri possono operare (posandosi e decollando), direttamente sulla superficie marina.

Pur avendo il suo ambito di predilezione nel trasporto strategico, un non trascurabile contributo tattico viene fornito dal C-17 Globemaster, grazie alla sua capacità di atterrare e decollare su piste non troppo “curate” e poco più lunghe di un km (intorno ai 1.100 metri). Importanti ripercussioni sono poi attese dalla prospettiva di definitiva maturazione del convertiplano Bell-Boeing V-22 Osprey, che combinando la versatilità di un elicottero con la velocità di un aereo, può essere particolarmente utile ad esempio nel rispettare l’obiettivo di garantire, da un qualsiasi punto di un teatro operativo, il trasporto dei feriti in ospedale in meno di un’ora (golden hour).

Un’ultima importante criticità, fin qui appena accennata, da considerare in virtù della capacità di movimentazione, e dell’efficacia di intervento di una forza di proiezione, è rappresentata dall’adeguatezza infrastrutturale delle installazioni che costituiscono i punti d’ingresso di un teatro operativo, fattore al quale possono essere ad esempio ricondotte le “particolari attenzioni” rivolte da Rommel alla città di Tobruk nel corso della campagna nordafricana.

Prendere Tobruk e poterne utilizzare il porto avrebbe costituito un notevole vantaggio per l’armata italo-tedesca […] le forze avanzate di Rommel avevano bisogno di rifornimenti quotidiani nella misura di 1.500 tonnellate di generi vari (il conto totale delle importazioni sul luogo delle operazioni aveva raggiunto le 70 mila tonnellate mensili, vale a dire più di quanto Tripoli potesse sopportare) (David Fraser, “Rommel. L’ambiguità di un soldato”, Mondadori, 1994).

Entrambi giovani ufficiali durante la Guerra del Vietnam, i generali tetrastellati Colin Powell (classe 1937), e Norman Schwarzkopf (1934-2012), in occasione della Guerra del Golfo del 1991 hanno occupato il vertice dei livelli strategico e operativo, rispettivamente come Chairman of Joint Chiefs of Staff e Commander in Chief del Centcom.

Riguardo alla questione del coordinamento delle capacità logistiche interteatro e intrateatro, la parte di competenza diretta del livello strategico attiene al trasporto fino ai punti d’ingresso al teatro delle operazioni, mentre il livello operativo è direttamente responsabile della loro presa in carico e dell’ulteriore trasferimento ai reparti di prima linea.

Quando venne chiesto a Schwarzkopf quali specialità fosse necessario mobilitare per prime fra i ranghi dei riservisti, questi rispose: autisti di camion, portuali, addetti alla manutenzione dell’armamento, installatori di linee telefoniche, meccanici, in breve, tutte quelle figure professionali in grado di svolgere gli ingrati compiti indispensabili al dispiegamento di truppe in una zona di operazioni.

Inoltre, già dallo schieramento della forza difensiva di Desert Shield, l’ordine di grandezza dell’intervento USA richiese lo svolgimento di una delicata mediazione politico-diplomatica (in aggiunta a quella condotta con i comandi degli alleati partecipanti al contingente internazionale), da parte del comandante del Centcom nelle trattative con il re saudita Fahd e il suo entourage.

La principale preoccupazione di Schwarzkopf era: far comprendere chiaramente al re che ciò di cui parlavamo avrebbe portato ad inondare i suoi porti, aeroporti e basi militari con decine di migliaia di americani (“Mémoires”, Librairie Plon, 1992).

In pratica, per scongiurare una possibile invasione irakena, l’élite saudita dovette accettare di lasciarsi “invadere” dalle truppe statunitensi, con tutte le annesse complicazioni culturali, economiche, politiche e religiose che infatti non mancarono di porre problemi a entrambe le parti, man mano che il leviatano militare americano prendeva forma nei porti e aeroporti della penisola arabica. Fra questi, gli “hub” erano rappresentati dalla base aerea di Dharan e dal vicino porto di Ad Dammam, il più grande del Golfo Persico.

La possibilità di accesso alle basi locali è fondamentale sia nella conduzione di una campagna militare che nella gestione del dopoguerra. In alcuni casi le forze USA sono arrivate ad allestire vere e proprie piccole città americane nei teatri di missione, come nel caso della più grande base americana in Irak, il Victory Base Complex, riconsegnato alle autorità di Baghdad nel dicembre del 2011. Sede del quartier generale americano e della prigione in cui sono stati detenuti Saddam Hussein e suo cugino Ali Hassan al-Majid (noto come “Ali il chimico” per aver utilizzato il gas nella repressione degli oppositori del regime), questa base nel periodo di massima attività ospitava 42.000 militari e oltre 65.000 civili, e all’interno del suo perimetro sorgevano anche supermercati e fast-food.

Notoriamente, da parecchio tempo si è scoperto che lo scatolone di sabbia della Libia, di salveminiana memoria, contiene in realtà una non trascurabile quantità di petrolio, elemento che rientra in qualunque equazione di potenza che includa la variabile libica. Tuttavia l’importanza del controllo della sua fascia costiera, e il potere contrattuale che ne deriva a chi lo esercita, non sono legati alla sola presenza del “croissant petrolifero”, ma anche alla collocazione in questa striscia di terra dei punti di entrata (e riguardo ai flussi migratori, di uscita), al teatro libico.

Nonostante siano passati più di settant’anni dai tempi dell’Afrikakorps, si tratta di un aspetto con cui si devono fare i conti (dirimpettai inclusi), in un Paese dove persino i governi devono arrivare via mare, come nel caso della compagine patrocinata dall’ONU e guidata da Fayez al-Sarraj, sbarcata al porto di Tripoli in quanto le milizie in attività nella zona dell’aeroporto non vedevano di buon occhio l’atterraggio di un “volo presidenziale”.

Può anche darsi che abbiano ragione i detrattori dell’american way of war, secondo i quali i militari USA tendono da sempre ad esagerare con il supporto logistico, ma la storia della leadership internazionale statunitense (nel cui bilancio sono registrati sia successi che fallimenti), è emblematica della complessità delle problematiche che si accompagnano alla proiezione di potenza.

Questo ne fa un’utile pietra di paragone per il gruppo di Paesi del Vecchio Continente che sta cercando di dotarsi degli strumenti collettivi necessari per far pesare il punto di vista e gli interessi europei nella dinamica delle relazioni globali, a partire dalla “naturale” sfera di influenza mediterranea. Nell’odierno scenario internazionale ogni tentativo di rafforzamento in tal senso è destinato al velleitarismo senza una volontà politica e una capacità d’azione militare centralizzate negli organismi decisionali di uno Stato federale continentale. Per poter gestire al meglio il potenziale “giardino di casa”, si devono prima edificare e consolidare le strutture portanti dell’abitazione principale.

(foto: Boeing / U.S. Army / U.S. Navy / U.S. Air Force / U.S. Marine Corps / web)