Ipotesi di evoluzione OSINT per contrastare il terrorismo

(di Francesco Bergamo)
11/10/15

Il fenomeno del terrorismo si combatte anche con l'Open Source Intelligence (Osint). L'attuale metodologia applicativa della raccolta delle informazioni da fonti aperte però necessiterebbe di una marcia in più: l'analisi del primo embrione di opinione pubblica che nel tempo potrebbe svilupparsi in terrorismo. La sfida è quanto mai attuale e d'importanza cruciale per lo Stato. Il terrorismo, essendo un'attività svolta da uomini rivolta agli uomini, è soggetto a mutazioni continue e repentine sia come capacità di adattarsi ai vari modelli culturali e sociali sia come orientamento strategico e tattico ai fini criminosi. Compito dell'intelligence è quello di non farsi trovare impreparata e soprattutto di combatterlo. L'evoluzione del sistema Osint potrebbe passare proprio attraverso l'analisi dell'opinione pubblica.

L'Osint sta prendendo sempre più spazio nella comunità intelligence. La sua specificità operativa ben si adatta al mondo multimediale che ormai ha un peso determinante nella vita dei popoli. La velocità di diffusione delle notizie, la semplicità nell'essere informati e l'ansia delle persone di avere informazioni sempre più tempestive fanno ormai dell'Osint una specialità intelligence di notevole interesse. La comunità intelligence dunque analizza e raccoglie dati da tutte le fonti aperte disponibili cercando di trovare il dato interessante nella gigantesca mole di informazioni libere disponibili. Nei processi di raccolta e analisi, tutto si basa sui protocolli operativi che permettono una standardizzazione del prodotto finale. Questo semplifica l'operazione ma al contempo la irrigidisce perché non permette di capire l'evolversi del problema alla nascita, ovvero prima della manifestazione palese del problema stesso. Nella sostanza, si possono raccogliere dati che permettano anche di capire che qualcosa sia in corso, ma non danno l'esatto spaccato dell'orientamento della pubblica opinione in merito a quel determinato argomento. Il terrorismo rientra in questa specifica categoria. Valutare il fenomeno terroristico solo sulla base di una raccolta di informazioni da fonti aperte con i modelli in uso attualmente non garantisce una corretta analisi del supporto psicologico, logistico e d'opinione che il terrorismo richiede. Tutte le attività dell'uomo di una certa importanza e l'organizzazione che ne consegue passano attraverso il consenso più o meno ampio di strati della popolazione e proprio il consenso è quello che ne delimita e determina la forza e il peso di coesione sociale. L'approccio da tenere dunque per combattere un terrorismo sempre più aggressivo, mediatico e invasivo della nostra società è sempre più scientifico.

Secondo Aldous Huxley «ci sono tre tipi di intelligenza: l'intelligenza umana, l'intelligenza animale e l'intelligenza militare»1. Da questo si può ipotizzare che anche il terrorista rientri nella categoria dell'intelligenza militare. Come risaputo, ogni organizzazione terroristica cerca sempre di dotarsi di procedure operative e di una solida struttura logistica che in qualche misura la fa rientrare nell'alveo militare, ragion per cui si ragiona necessariamente con intelligenza militare. Per contrastare efficacemente il fenomeno, dunque, serve un balzo in avanti da parte della comunità intelligence Osint cercando di intercettare le informazioni dove possano essere ancora in nuce e prima che il fenomeno terroristico abbia preso piede operativamente.

La sfida diventa strategica perché secondo Henry Truman «Il novantacinque per cento delle informazioni segrete vengono pubblicate dai quotidiani e dalle riviste2» ma il problema attuale degli analisti Osint è quello di reperire quella percentuale di informazioni necessaria per essere trattata e poi veicolata molto velocemente e a basso costo e lo schema di raccolta e le modalità operative sono quelle classiche che l'ampia manualistica a disposizione fornisce con abbondanza di particolari. I tempi però sono cambiati e il mondo attuale sovrabbonda di informazioni facilmente reperibili nei vari canali di veicolazione così l'impresa diventa ardua con costi elevati e con risultati non sempre all'altezza.

Questo scoglio si sta tentando di aggirarlo attraverso sofisticatissimi programmi informatici che scandagliano il web alla ricerca di informazioni. Per quanto questo aspetto sia a metà strada tra l'Osint e l'infowar, rimane comunque un problema parzialmente risolto in quanto per arrivare alla risoluzione serve aggiungere un tassello in più nell'intelligence: la valutazione dell'opinione pubblica. Il passo in avanti della comunità intelligence è proprio quello di saper valutare, attraverso l'impiego dell'Osint, anche l'orientamento della pubblica opinione perché volente o nolente il terrorismo è la più formidabile forma di propaganda esistente al mondo e l'obiettivo è proprio quello di impressionare l'opinione pubblica attraverso le sanguinose azioni messe in atto.

Serve dunque fare una corretta valutazione del fenomeno terroristico preso in esame e capire a quale categoria terroristica appartenga il gruppo sotto osservazione, perché è un mondo estremamente complesso. Il terrorismo si divide in categorie e sotto categorie: internazionale, interno, di Stato, rivoluzionario, indipendentistico, bellico, colonialistico3. Ogni categoria dunque merita una certa attenzione particolare soprattutto per quanto riguarda gli argomenti dei suoi proclami e i conseguenti dibattiti sui Media e al contempo monitorando costantemente gli umori della pubblica opinione. Ma lo studio per essere efficace deve partire prima ancora che il gruppo terroristico si sia rivelato al mondo, perché una volta diventato visibile, di fatto, ha già avuto la prima vittoria. Per lo Stato allora diventa strategico capire i fermenti a livello embrionale e per fare questo l'approccio della raccolta informazioni nel campo dell'Osint va sostanzialmente modificato cercando di trovare una strada tutta nazionale che tenga conto degli studi precedentemente fatti da studiosi autoctoni e non prendere per “oro colato” solo manualistiche straniere che si basano operativamente su strutture che hanno magari disponibilità a bilancio notevolmente superiori. Pertanto le analisi andrebbero intese di pari passo tra la raccolta delle informazioni da fonti aperte e il controllo dell'orientamento dell'opinione pubblica, perché solo le due cose messe assieme offrono una visione aderente alla realtà.

Per ovviare al problema sempre più pressante per la stabilità del quadro sociale serve dunque ampliare gli orizzonti e affinare l'Osint. Un modello interessante da studiare a fondo è una scienza tutta italiana che si chiama demodoxalogia, secondo la quale dal punto di vista pratico i costi sarebbero ridotti all'osso perché ogni uomo appartenente alle FFAA potenzialmente è un operatore Osint, anche se non svolge la mansione di analista. L'esempio classico è un ufficiale della Marina Militare che legge quotidianamente il quotidiano locale della località ove presta servizio. Il meccanismo in sé è semplicissimo e alla portata di tutti e questo amplificherebbe la potenza di analisi delle FFAA che si sposterebbe da un numero esiguo di analisti a migliaia.

L'analisi dunque parte dai media presi in esame attraverso la comprensione di chi sia veramente il padrone del Media stesso. Capire chi detiene il pacchetto di controllo azionario della testata, spinge l'analista a porsi una serie di domande che fungeranno da filtro per la valutazione dell'articolo sull'argomento d'interesse. Questo fondamentale aspetto andrebbe curato nei minimi particolari per qualsiasi tipologia di Media.

Quanto si legge sui giornali, visto in tv o in internet, non sempre sortisce l'effetto voluto dai terroristi sull'opinione pubblica, perché ci sono meccanismi che vanno ad agire sulla psiche, ma solo se applicati correttamente portano all'effetto sperato. Dunque saperli valutare porterebbe ad un risparmio di tempo e maggiore precisione nella raccolta e scelta delle informazioni veramente utili allo scopo. Per questioni di praticità sia per capire il fenomeno terroristico sia per contrastarlo è indispensabile fare subito una panoramica sui significati di folla, pubblico, propaganda, pubblicità, comunicazioni e informazioni, perché sono strettamente connessi all'analisi del fenomeno.

Quando gli individui di una qualsiasi pluralità si differenzino uniformemente, per cause che influiscano in modo fugace e pressoché uguale su ciascun individuo, quella pluralità costituisce una folla. Quando gli individui di una qualsiasi pluralità si differenzino uniformemente, per cause che influiscano in modo persistente e pressoché uguale su ciascun individuo, quella pluralità costituisce un pubblico. Nella folla è implicito un nesso di carattere spaziale fra gli elementi che la compongono; nel pubblico non è necessario. Per il modello italiano il “pubblico” è una pluralità d’individui non necessariamente legati tra loro da una o più circostanze temporali o spaziali o temporali-spaziali; ma necessariamente da una o più circostanze modali. Questa condizione può essere obiettiva, soggettiva, virtuale od obiettiva-soggettiva, obiettiva–virtuale, soggettiva-virtuale, obiettiva-soggettiva-virtuale contemporaneamente.

La propaganda terroristica rivolta ad una folla diviene efficiente solo se riesce a sbozzare dalla folla stessa il proprio pubblico; altrimenti essa rimarrebbe vox clamans in deserto. Ma non si è creduti se non vi è credibilità. Perciò informazione, propaganda e pubblicità sono credute nella misura secondo cui sono autorevoli, obiettivamente o subiettivamente. Il problema sostanziale della comunicazione, della propaganda e della pubblicità: è di creare le condizioni di credibilità provenienti da un'autorità, quell'autorità che ispirando un “credito”, dà direzione e impulso alla condotta delle masse. Questo rapporto fra credenza ed autorità, ci conduce a una ulteriore constatazione: che alla lunga l’opinione è essa stessa una creatrice dell’autorità. E in effetti, l’autorità non consiste semplicemente nel dare ma anche in un ricevere (influenza, appoggio, ecc). Il che può tradursi in un'altra constatazione: l’autorità è un surrogato, e spesso l’unico, della critica, del giudizio e dell’apprezzamento proprio delle masse, le quali sono o troppo ignoranti, o troppo indolenti, o mancanti di pratica o di mezzi sufficienti per apprezzare e giudicare autonomamente.

È un fatto che il mercato delle idee non offre che merci determinate e che la massa fa presto a convincersi, sotto la martellante pressione della propaganda camuffata da comunicazione, che non le tocca altro che scegliere fra quelle ideologie o merci o servizi e, di conseguenza, affrontare quei dati problemi. La credenza dunque cresce con la sua diffusione nello spazio ma anche con la diffusione nel tempo. Come nella diffusione nello spazio giova la forza della novità, nel tempo giova la forza dell’abitudine, i cosidetti stereotipi.

Nell’opinione confluisce un duplice linguaggio: l’uno è quello di superficie, che è dato dalla molteplicità delle emozioni, dei sentimenti, delle idee, delle fantasie, ecc. adeguandosi all’ambito culturale, all’educazione e al carattere di ciascuno; l’altro è di profondità, che pur esprimendosi attraverso il primo, a questo comunica la sua particolare vibrazione, quale può essere data e dettata dall’ambiente esterno e interno. L’opinione pubblica è la reazione di una massa di fronte a determinate idee, giudizi e tendenze e questa reazione ha luogo o in senso consenziente, o in senso contrario, o in senso di indifferenza.

Il principio metodologico essenziale usato dai terroristi consiste dunque nel dare al pubblico l’impressione che gli si sta dicendo proprio quello che desidera ascoltare o leggere perché le argomentazioni dei terroristi passano anche attraverso l'uso dei sillogismi e un sillogismo valido ha una forza dirompente. Infatti, se si accettano come vere le sue premesse, viene accettata senza battere ciglio anche la sua conclusione.

Ormai i terroristi hanno gli uffici stampa perché sanno benissimo che il giornale, ad esempio, e ancora di più la tv, è un prodotto che si vende con un linguaggio di tipo emotivo. Il lettore ragiona più sull’emotività che con il senso critico. Proiezione e identificazione sono i meccanismi psicologici che si sono sostituiti alla verifica.

Compito degli addetti alla propaganda terroristica è quello di creare il pre-giudizio, un atteggiamento di favore che poi accoglierà come vere tutte le notizie che quella fonte darà; se il pre-giudizio si fonda su un aspetto “pulito” la propaganda è “buona” altrimenti è manipolazione. Con la propaganda si creano miti: immagini che fanno sognare e spingono all’azione (mito del progresso, mito del nuovo, mito della rivoluzione), con la partecipazione anticipatoria di felicità, dove “sacrifico tutto per arrivare al mito”, è la ricompensa dei sacrifici attuali. Naturalmente è importante l’opinione di un leader (di un esperto) per la formazione di un opinione di un gruppo.

Ma a questo punto possiamo porci la seguente domanda: quale è la differenza tra propaganda e pubblicità terroristica?

Nella propaganda ci sono le idee. È più velata, si rivolge al bene pubblico nel senso più ampio della località sotto esame, chiede anche sacrifici per un bene futuro o collettivo, è un investimento a lunga scadenza. Nella pubblicità c’è il prodotto. È più esplicita, il linguaggio più diretto, si rivolge al bene del singolo, si può controllare in ogni momento.

Paradossalmente i terroristi sanno fare bene la loro propaganda perché sanno farsi ascoltare e distinguere. Sanno soddisfare un bisogno concreto e usano un linguaggio concreto. Stimolano l'emotività che incide sempre, anche se si esaurisce presto. Sono semplici e diretti: così ottengono selezione e sintesi. Usano la ripetizione con elementi che rimangono e che si fanno riconoscere senza annoiare. Ma soprattutto sono d'attualità perché usano riferimenti al presente e non al passato.

Dunque il terrorista sostanzialmente fa proprie le regole dell’opinione pubblica: 1) l’opinione pubblica è molto attenta ai fenomeni rilevanti; 2) gli avvenimenti rilevanti provocano una reazione a pendolo: ci si sposta sul lato opposto immediatamente e poi si torna indietro ma non di molto. Servono grandi investimenti per cambiare rapidamente l’opinione pubblica, ma se si vuole un cambiamento duraturo si deve agire a lungo termine; 3) l’opinione pubblica si sposta più grazie ai fatti che alle parole (nella comunicazione dare il sapore dei fatti); 4) è più facile inserirsi quando la gente non ha ancora un’opinione su un dato argomento; 5) l’argomento deve essere d’interesse. L’opinione è proporzionale all’interesse. È difficile creare opinione pubblica su argomenti che non sono d’interesse; 6) è fondamentale far leva sui desideri e sulle necessità; 7) porsi all’interno della cultura consolidata di quel tempo.

Possiamo dunque porci le seguenti domande: quanto forte è il terrorismo e fino a quando è terrorismo?

Dopo aver determinato a quale categoria appartenga il fenomeno terroristico in esame, come antecedentemente riportato, si analizza la potenza intrinseca del gruppo terroristico partendo dal concetto che il terrorismo si riferisce sempre a gruppi di persone che cercano di vivere nell'invisibilità, qualora questo dato venisse a mancare si parla di guerriglia o altro ancora. Ritornando al terrorismo, la valutazione del potenziale bellico e organizzativo passa attraverso una serie di griglie e ragionamenti.

I problemi terroristici sono, per loro natura, conseguenza del fenomeno terroristico stesso. Con l'espressione terrorismo si fa riferimento ad ogni tipologia di lotta illegale con l'usilio di mezzi ritenuti di volta in volta più idonei a raggiungere lo scopo che consiste nel piegare sotto lo propria volontà il corso politico in essere.

Il terrorismo non è di per sé il fine ultimo di un conflitto politico in atto, nonostante questo possa trarre in inganno, specie quando ci sono di mezzo guerre religiose razziali o economiche, ma lo si deve considerarle solo come una transizione che parte da una manifestazione di dissenso politico per arrivare al rovesciamento del corso vigente instaurandone uno nuovo. Spesso molti analisti e giornalisti rimangono basiti dalla velocità con cui avviene il passaggio dalla dialettica alla lotta armata. Anche se è vero che esiste questa repentinità, quasi tutti tralasciano che prima la sedimentazione dell'humus delle cause scatenanti il fenomeno è durata per lungo tempo.

Dunque, è compito dello Stato farsi trovare attrezzato e preparato nella difesa contro il pericoloso fenomeno emergente puntando al consolidamento e possibilmente allo sviluppo del potenziale intelligence nazionale con l'obiettivo strategico di contrastare efficacemente il fenomeno depauperando al massimo il suo potenziale bellico-logistico.

Ogni gruppo terroristico ha il suo potenziale bellico-logistico ben definito che porta alla capacità offensivo-difensiva (intesa come invisibilità) data da fattori spirituali-materiali che fungono da piedistallo alla lotta armata per evitare l'annientamento e arrivare alla vittoria. Fondamentalmente il terrorismo è composto da esseri umani (che cercano altri essere umani per fare proselitismo) un agglomerato a se stante da inquadrare dal punto di vista demografico e spirituale.

Il campo demografico, si divide in fattori quantitativi: maschi, femmine, natalità, nuzialità, mortalità, ecc; qualitativi: classi di età , età media, robustezza, salute, grado di civiltà, temperamenti, sentimenti famigliari, civici, di giustizia, ecc; mentre nei fattori distributivi abbiamo: professioni, mestieri, residenze, tenore di vita, migrazioni, densità di popolazione, super popolazione, frequenza e consistenza dei centri demografici, ecc.

Il campo spirituale è suddiviso in morale e intellettuale. Morale: religione, sentimenti in atto di umanità e di stirpe, di Stato, di nazionalità, di categoria sociale, di famiglia, di amicizia, rettitudine, litigiosità, ecc; intellettuali: livello medio di cultura, orientamento e selezioni professionali, proporzione laureati e diplomati, aspirazione di gruppi, patrimonio scientifico, artistico, storico, tecnico, tradizioni in atto, organizzazione ed incidenza dei multiformi mezzi audiovisivi di informazione e formazione delle opinioni pubbliche, relazioni private con l'estero ecc. D'interesse sono anche i fattori naturali e sociali. I fattori naturali si dividono in geografico ed economico. I fattori sociali in politico e militare.

Risulta ben evidente che l'Osint dunque deve prestare più attenzione al fattore umano su tutti gli altri fattori del potenziale terroristico e l'analisi andrebbe estesa verso l'intera popolazione di uno Stato coinvolto nel problema in maniera diretta o indiretta da parte del fenomeno terroristico o potenziale, perché la misurazione della compattezza o la dissociazione sentimentale e ideologica di tutti gli appartenenti alla comunità nazionale (dai bambini agli interdetti, perché anche le categorie più deboli influiscono in maniera formidabile sugli stati d'animo di chi li circonda, terroristi compresi) equivalgono ad un valore aggiunto in termini di sostegno e di slancio, la dissociazione ad una palude con le sabbie mobili che fa vacillare ogni speranza di riuscita e la destina a venir meno.

Oggi è determinante puntare sui fattori umani che vanno pertanto a sovrastare come importanza tutti gli altri fattori del potenziale terroristico nel senso più esteso del termine.

Come fare per conoscere a fondo i pensieri della gente?

Serve una indagine campionaria eseguita secondo i criteri della scuola di demodoxalogia perché si differenzia dagli altri metodi di osservazione, inchiesta, sondaggio o campionamento, in quanto non si avvale di “universi”, “scale con le loro variabili socio-economiche”, “stili di vita psicografici”, ecc. ma cerca la coesione delle aspirazioni di pre-determinati pubblici (obiettivi o soggettivi), partendo dal presupposto che le opinioni di un particolare gruppo sociale (individuato come pubblico) possano essere indagate mediante una scelta ragionata delle persone da intervistare (indagine qualitativa) in quanto portatrici significative dell’opinione del gruppo (analisi delle informazioni). In pratica l'indagine prende in esame solo i leader d’opinione “misurando la differenza di peso sociale” che esiste tra due o più difformi aspirazioni a confronto, nell’arco di un periodo di tempo prefissato. Ove, ovviamente, per leader non si intendono solo i portatori di opinione orizzontali o verticali ma anche, e soprattutto, i mass-media, in quanto veicoli d’informazione e, nello stesso tempo di formazione, quindi rappresentativi di opinioni e specifici interessi. Per esempio nei provvedimenti politici controversi o dalle campagne di stampa dei mass-media (misurando l’ampiezza data all’argomento, il tono e il peso sociale della testata) si ottengono previsioni sull’esito, mettendo a confronto i risultati delle misurazioni effettuate.

Ovviamente, a monte dell’indagine, sarà presente una filosofia dell’operare che scaturisce dalle generiche convinzioni sull’evoluzione della scienza e del rapporto tra questa e l’opinione pubblica, in quanto espressione delle aspettative umane. Specie nell’indagine intesa ad evidenziare i trend della società il sondaggio mirerà a verificare le ipotesi che il ricercatore si è fatto intorno al problema; ipotesi scaturite, appunto, da una visione delle cose e della storia. Nella convinzione della ripetitività dei cicli, si mirerà ad individuare in quale ciclo, e a che punto del percorso, potrà collocarsi l’aspirazione della pluralità umana interpellata (il pubblico), per vedere se è imminente una svolta e se questa è in consonanza con il percorso storico del gruppo e dell’ambiente ove tale pluralità è inserita: indagherà anzitutto sullo stato di soddisfacimento del bisogno di sopravvivenza, poi di sicurezza ed infine di appagamento. Questo è il motivo per cui questo tipo di indagine non si rivolge a campioni estratti tra la popolazione (metodo statistico) ma solo a campioni scelti tra quel determinato pubblico sottoposto ad esame, nella convinzione che i riferimenti concettuali degli interpellati siano univoci e quindi euristici. Questa raccolta dati, dunque, si può fare sia con interviste mirate a vari personaggi sia analizzando le interviste rilasciate ai Media dagli stessi personaggi. La differenza consiste che nel primo caso si fanno determinate domande, nel secondo si devono scegliere le risposte che sono adatte alle domande che si sarebbero voluto porre.

I leader d’opinione (sia personaggi sia mass-media) non sono estranei alla disinformazione (per ragioni politiche, culturali, sociali, economiche) ma pur sempre creano opinione dando, spesso, ad intendere di fare solo informazione. Non per nulla esistono gli uffici stampa e le public relations. Qualsiasi “comunicazione” (orale, scritta, multimediale) contiene il, e “quel”, messaggio che l’Emittente vuol far conoscere al Ricevente; se l’informazione (apparentemente innocua) non è interpretata secondo un metodo euristico il pubblico rischia di avallare la “cultura della disinformazione”. Per tale motivo nell’analisi della comunicazione sociale questo tipo di indagine prescinde dal “chi” ha detto per privilegiare “cosa”, “quando” e “dove”. Il parametro temporale “quando” e quello spaziale “dove” daranno la chiave per capire il perché della “cosa”. Per ritornare ai sondaggi, nel ricercare le aspirazioni occorre fare una netta distinzione tra quelle plausibili ed a breve tempo e quelle impossibili o ancora in nuce. Così come occorre distinguere tra le aspirazioni di un pubblico e le emozioni di una folla; tra aspirazioni che si tradurranno in avvenimenti a brevissimo arco di tempo (con rivolte o incidenti conseguenti a raduni di folla) o situazioni che matureranno (consapevolezza di pubblici che operano in tal senso). Così occorre distinguere tra opinioni pubbliche di maggioranza e di minoranza; tra quelle destinate a vincere e quelle destinate a soccombere, anche se tutti i portatori d’opinione ritengono di essere dalla parte vincente. È il “peso” di un’opinione pubblica rispetto all’altra che ci darà la chiave di lettura.

Tutte le informazioni, dunque, vanno a creare sul singolo ricevente del messaggio una pressione psichica suggestionante che si sintetizza nella formula di Kurt Lewin, il padre della psicologia sociale:

O=f ()

dove O = Opinione, f = funzione, Ac = Ambito Culturale, E = Educazione, C = Carattere, ed sono esponenti incogniti. L'opinione sarà data dal momento combinato di esteriorità e di interiorità. Però l'Ambito culturale, educazione e carattere non possono considerarsi dei termini a se stanti ma a loro volta in funzione dei dati esterni e interni influenti su Ac, E, C. Quindi: Ac, E, C = f ()

dove Ae =ambiente esterno, Ai = ambiente interno, sono esponenti incogniti.

Naturalmente la formula cambia quando si parla di moltitudine, perché uno o più pubblici, riunendosi, sono suscettibili di trasformarsi in folla per un breve periodo di tempo; una folla difficilmente può divenire pubblico e, comunque, necessiterebbe sempre di graduali passaggi. In una folla i singoli componenti si suggestionano in proporzione al loro numero e alla loro vivacità fino ad un limite dato dal raggio d'azione visivo ed uditivo.

Secondo la formula del professor Michele del Vescovo ove S è la forza di suggestione di una folla, n la sua forza numerica, v gli impulsi di vivacità, tale forza di suggestione aumenterebbe in progressione geometrica della sua forza numerica più gli impulsi di vivacità.

Con l'Osint integrato, come da nuovo modello proposto, è possibile avere analisi molto dettagliate e aderenti alla realtà dei fatti. Una controprova si ha con l'esempio della crisi libica, poi conclusosi con la caduta del regime di Gheddafi. In quel particolare periodo quasi tutti i Media sostenevano che la destituzione del dittatore fosse vicinissima, questione addirittura di pochi giorni subito dopo l'inizio della rivoluzione, ma in controtendenza gli articoli-analisi, allora redatti con l'Osint modificato, dimostravano il contrario e veniva anche messo in evidenza che il leader libico avrebbe dato parecchio filo da torcere. L'analisi, nel suo complesso, si rivelò perfettamente coerente e aderente alla realtà con gli sviluppi poi avvenuti4.

Per avere il massimo risultato l'Osint deve dunque tenere conto di tutte le tipologie di fonti aperte esistenti e non analizzare solo quelle scritte o video trasmesse dal punto di vista squisitamente giornalistico. Vanno tenute in considerazione anche quelle orali o le manifestazioni artistiche in tutte le sue forme come quelle musicali, delle arti visive, letterarie e poetiche fino ad arrivare alla recitazione. L'importanza di questo approccio consiste nella potenzialità della raccolta degli aspetti più umorali e di tendenza d'opinione che si manifestano in quel determinato arco temporale preso in esame. Si deve considerare che gli artisti, in generale, hanno una spiccata sensibilità personale che li rendono dunque particolarmente precisi nell'individuazione degli indicatori dei fermenti in nuce dei possibili sviluppi di determinati argomenti. Essi sono in grado di captare il malessere, gli umori, le aspirazioni del popolo e di darne voce e forma attraverso le loro manifestazioni e rappresentazioni artistiche. Un esempio da manuale tutto italiano è il cantautore Alberto Fortis. L'artista è riuscito ad anticipare di vari decenni l'ascesa economica e politica della Cina. Fortis, senza tanti giri di parole, scrisse appunto una canzone intitolata Cina.

Da quanto descritto, si possono così analizzare gli avvenimenti nazionali e mondiali riportati dai Media su una specifica manifestazione e capire se ci siano o meno i presupposti per eventuali formazioni di opinione pubbliche emergenti favorevoli a disordini e atti contro la democrazia. La chiave di lettura per la comprensione se ci sia o meno la possibilità che un determinato gruppo terroristico possa formarsi o addirittura se un determinato gruppo terroristico possa avere la meglio su un altro gruppo terroristico e magari cooptarlo diventando così un fenomeno ancora più aggressivo, potente ed esteso. Per contro c'è anche da specificare che la norma per giudicare l'attualità di un fatto non è data soprattutto dal piccolo numero di minuti, ore o di giorni che separano l'avvenimento stesso dalla sua pubblicazione, ma dal legame psicologico che intercorre tra l'avvenimento in questione e l'interesse del fruitore finale dell'informazione.

Vista la complessità dell'argomento, balza subito agli occhi come il terrorismo vada combattuto e vinto levandogli la sua linfa vitale: l'opinione pubblica favorevole al crimine. Per arrivare a questo, la comunità intelligence deputata allo studio e al contrasto del fenomeno terroristico per forza di cose è costretta a spingersi sempre più in profondità, nella raccolta delle informazioni dalle fonti aperte, cercando di arrivare quanto più vicino embrionalmente possibile al germe che potrebbe creare il presupposto allo sviluppo del sostegno all'attività terroristica. Naturalmente la sfida non è impossibile, anche se difficile.

Note

  1.  J.M. MATHEY, Comprendere la strategia, Asterios Delithanassis Editore, Trieste 1999, pag. 7;
  2. A. PUJOL, Dizionario dello spionaggio, Longanesi & C., Milano 1968, pag. 9;
  3. L. BONANATE, Terrorismo internazionale, Giunti, Prato 1994, pag. 17;

  4. F. BERGAMO, Le previsioni stanno arrivando al pettine, Agenzia Informatore Economico-Sociale, http://www.demodossalogia.it/index.php?option=com_content&task=view&id=6..., (ultimo accesso: 6 luglio 2015).

Riferimenti bibliografici

  1. A. PUJOL, Dizionario dello spionaggio, Longanesi & C., Milano 1968;

A.M. DI PAOLO, Elementi di Intelligence e tecniche di analisi investigativa, Laurus Robuffo, Roma 2000;

C. MALAPARTE, Tecnica del colpo di Stato, Valecchi, Firenze 1973;

E. BELTRAMETTI, Contestazione e megatoni, Giovanni Volpe Editore, Roma 1971;

E. HALBY, Intelligenza economica & tecniche sovversive. Le armi della nuova economia, Franco Angeli, Milano 2003;

E. LODOLINI, G. AVANZI, Documentazione, inchiesta e sondaggio sulla opinione pubblica (dispense anno accademico 1951-52) Ateneo, Roma 1951;

E. NOELLE-NEUMANN, La spirale del silenzio, Per una teoria dell'opinione pubblica, Meltemi, Roma 2002;

E. ORANO, Il problema del giornalismo, Piccinelli, Roma 1946;

F. COLOMBO, Manuale di giornalismo internazionale, Laterza, Bari 1998;

F. MARTINI, Nome in codice: Ulisse, Rizzoli, Bergamo 1999;

F. SIDOTI, M.GAMMONE, P. GRANATA, Sicurezza e intelligence, Libreria Colacchi, l'Aquila 2006;

F.A. MORLION, Filosofia dell’opinione pubblica, Università Internazionale degli Studi Sociali Pro Deo, Roma,1948-49;

F.A. MORLION, The Apostolate of Public Opinion, Fides, Canada 1944;

F.A. PERINI-BEMBO, C. BARBIERI, G. GAETA, Demodossalogia storica (dispense anno accademico 1951-52) Ateneo, Roma 1951;

F.A. PERINI-BEMBO, Esercitazioni per i corsi di demodossalogia, Centro di Demodossalogia, Roma 1953;

F.A. PERINI-BEMBO, F. MAZZEI, L’indagine demodossalogica e il metodo dell’indagine storica, (Atti della Riunione XLV Riunione Sips), Napoli 1954;

F.A. PERINI-BEMBO, Giornalismo ed opinione pubblica nella rivoluzione di Venezia, Società cooperativa tipografica di Padova 1938 , rilegata nel 1952 da Cya di Firenze;

F.A. PERINI-BEMBO, Inquadramento storico, metodologia e analisi dell’attualità, Ateneo, Roma 1951;

F.A. PERINI-BEMBO, Invito alla Demodossalogia, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1951;

F.A. PERINI-BEMBO, Principi di demodossalogia (dispense anno accademico 1948-49 Università Internazionale Pro Deo) Roma 1948;

G. ALFANO [et. al], Demodossalogia ed opinione pubblica, (Atti del convegno di Roma) SIDD, Albano Laziale 1998;

G. CIPRIANI, Lo spionaggio politico in Italia 1989-1991, Editori Riuniti, Roma 1998;

G. D'ORAZIO, Fondamenti e rapporti tra psicologia sociale e demodossalogia per quanto attiene alle indagini e ricerche sull’opinione pubblica e sulle previsioni socio-economiche, SIDD, 1988;

G. D'ORAZIO, Movimenti e rapporti tra opinione pubblica e valori spirituali e sociali del patrimonio artistico, storico e culturale (Atti Riunione XLIX della Sips), Siena 1967;

G. D'ORAZIO, Perché esiste la disinformazione? in «Scienza e Tecnica», LIX, n. 313,1996;

G. D'ORAZIO, Presupposti psicosociali all’indagine demodossalogica in «Sociologia, la rivista di Scienze Sociali dell’Istituto Luigi Sturzo» Roma, XXVII n.1-3, Roma 1993;

G. D'ORAZIO, Qual è la vera obiettività? in «Informatore Economico», XVIII, n.1, 1980;

G. LE BON, Psicologia delle folle, TEA, Zingonia 2009;

G. RAGNETTI, Opinioni sull'opinione, QuattroVenti, Urbino 2006;

I. POLLIO, La guerra rivoluzionaria, (Atti del convegno) Giovanni Volpi Editore, Roma 1965;

J. KEEGAN, Intelligence, Mondadori, Cles 2006;

J.M. MATHEY, Comprendere la strategia, Asterios Editore, San Dorlingo della Valle 1999;

L. BONANATE, Terrorismo internazionale, Giunti, Prato 1994;

M. CANDIDO, I reporter di guerra, Baldini & Castoldi, Varese 2002;

M. DE MONTE, Uomini ombra, Nuova editoriale marinara italiana, Roma 1955;

M. DEL VESCOVO, Principi di doxologia (dispense anno accademico 1948-49 Università Internazionale Pro Deo) Roma 1948;

M. FERRI, Come si forma l'opinione pubblica, Franco Angeli, Milano 2006;

N. CHOMSKY, E.S. HERMAN, La fabbrica del consenso, Marco Tropea Editore, Lavis 1998;

N. CHOMSKY, Illusioni necessarie, mass media e democrazia, Elèuthera, Milano 1992;

P. MURIALDI, Come si legge un giornale, Universale Laterza, Bari 1978;

P. ORANO, Verso una dottrina storica del giornalismo (prolusione alla Facoltà Fascista di Scienze Politiche della regia Università di Perugia), Perugia 28 aprile 1928;