Il ruolo dell’artiglieria nei moderni conflitti asimmetrici

(di Tiziano Ciocchetti)
22/09/17

Nella dottrina militare occidentale del XXI° secolo l’artiglieria è stata spesso relegata in un ruolo di secondo piano, se non addirittura ignorata. Tuttavia, nei moderni scenari operativi, l’artiglieria costituisce un elemento fondamentale nel supporto delle operazioni militari. I pezzi più moderni hanno una elevata gittata e possono utilizzare un munizionamento estremamente vario a seconda dei bersagli da battere, anche proietti con sub-munizione a guida terminale che ne accrescono la precisione, consentendo di colpire bersagli puntiformi. Inoltre, le moderne spolette di prossimità permettono l’esplosione subito sopra l’obiettivo da colpire, accrescendone il potere distruttivo. Appare quindi evidente che pochi pezzi moderni possono respingere un attacco di consistenti forze di guerriglieri se colti allo scoperto e opportunamente diretti.

Nel secolo scorso l’artiglieria ha ricoperto un ruolo fondamentale nei conflitti, inizialmente con estesi fuochi di sbarramento e successivamente con interventi sempre più precisi.

Durante il periodo della Guerra Fredda il blocco sovietico rimase a lungo legato ad attacchi con un grande dispiegamento di obici e lanciarazzi campali, di contro la NATO puntava sulla precisione e sulla mobilità attraverso l’utilizzo di artiglieria semovente.

Anche i sovietici, agli inizi degli anni ’70, cominciarono a introdurre i semoventi, come il 2S1 da 152 mm e il 2S3 da 122 mm, pur continuando a schierare numerosi pezzi rimorchiati come il D-30 da 122 mm e il D-20 da 152 mm. In Occidente, nello stesso decennio, apparvero moderni pezzi rimorchiati da 155/39 mm come l’FH-70 anglo-italo-tedesco (foto) e lo svedese FH-77 (equipaggiati con un motore ausiliario che consente ai pezzi di spostarsi localmente su terreno vario e di cambiare posizione), gli americani puntarono sul più leggero M-198, in grado di essere aviotrasportato.

Proprio gli americani furono i primi a testare le potenzialità dei pezzi d’artiglieria sovietici delle unità regolari dell’Esercito Nordvietnamita nel corso del conflitto in Vietnam. Infatti i moderni pezzi D-30 e D-22 da 122 e 152 mm si dimostrarono superiori agli obici e ai cannoni da 155 mm statunitensi; per contrastare i tiri dei 130 mm a lunga gittata (27.000 m) i reparti americani fecero ricorso ai semoventi da 175 mm.

È altresì vero che i comunisti venivano dal successo della loro artiglieria nella battaglia di Dien Bien Phu, nel 1954, contro i francesi, quindi nel corso degli anni successivi avevano dedicato particolare cura alla specialità.

Fu proprio l’artiglieria comunista a cogliere alcuni dei successi più importanti della guerra, bombardando gli aeroporti e vie di comunicazione. Inoltre i nordvietnamiti utilizzavano di tutto, inclusi i pezzi catturati al nemico, manovrandoli con grande abilità nella giungla. Nel 1975 l’artiglieria, insieme alle forze corazzate, aprirono la strada alle forze comuniste verso Saigon, rimasta priva dell’appoggio aereo americano.

Un particolare teatro dove l’artiglieria ebbe un ruolo primario è stato quello in Angola, caratterizzato dalla guerra civile, dopo quella per l’indipendenza contro i portoghesi. L’artiglieria rivestì un ruolo fondamentale, in particolar modo quella cubana. Il corpo di spedizione de l’Avana giunse con numerosi pezzi, monotubo e pluritubo, tipici dell’arsenale sovietico, oltre che con mortai pesanti.

L’episodio decisivo avvenne nei giorni della proclamazione dell’indipendenza, l’11 novembre del 1975. Il FNLA (Fronte Nazionale per la Liberazione dell’Angola) di Holden Roberto era giunto alle porte della capitale Luanda, anche grazie all’appoggio di un paio di battaglioni dello Zaire, equipaggiati con alcune blindo AML-90. La strada per la capitale passava in mezzo alle paludi dove si erano accampati i guerriglieri dell’MPLA (Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola, di ispirazione marxista) ed elementi del corpo di spedizione cubano con pezzi da 122 mm D-30, mortai da 120 mm, lanciarazzi campali da 122 mm BM-21, cannoncini binati da 23 mm ZU-23-2.

Quando le forze dell’FNLA attaccarono, attraverso uno stretto corridoio, vennero investiti da un fuoco micidiale mai visto in precedenza in Angola, anche grazie alle capacità operative dei cubani. I guerriglieri di Roberto, dopo pochi minuti di fuoco nemico, si sbandarono completamente, il disastro fu talmente grave che il FNLA perse tutta l’Angola settentrionale senza poter opporre una valida resistenza, dato che i guerriglieri erano rimasti terrorizzati dal fuoco dell’artiglieria cubana.

Per arginare l’espansione comunista in Angola i sudafricani intervennero da sud. Il governo di Pretoria aveva inviato piccole colonne mobili che, salendo verso nord, vennero rapidamente in contatto con i cubani. Tuttavia i sudafricani erano equipaggiati con vecchi pezzi britannici da 25 libbre (88 mm) e da 140 mm. L’incapacità di affrontare alla pari i comunisti nonché il mancato appoggio dell’Amministrazione Carter costrinse i sudafricani al ritiro, lasciando il Paese in mano alle forze marxiste.

Gli unici a contrapporsi all’invasione erano le forze dell’ UNITA (Unione Nazionale per l’Indipendenza Totale dell’Angola) di Savimbi che, grazie ad aiuti esterni, riuscirono a riprendere vaste zone del Paese. Pretoria effettuò numerose incursioni terrestri e alla fine degli anni ’80 schierò i nuovi potenti pezzi G-5 da 155/52 mm (foto), muniti di proietti avanzati a lunga gittata, la situazione tattica venne ribaltata e l’artiglieria sudafricana riuscì ad infliggere forti perdite ai comunisti.

Insieme al G-5 venne messo a punto un nuovo munizionamento con profilo aerodinamico migliorato e con un sistema a flusso di base, ovvero una quantità di propergol che bruciando forma una zona di pressione che non determina spinta ma una sorta di cono di sovrappressione che simula una coda aerodinamica. Tutte queste caratteristiche hanno consentito di raggiungere gittate oltre i 50.000 metri.

Nel corso delle guerre tra Israele e gli Stati arabi si assiste al più grande confronto tra le artiglierie occidentali, di cui era principalmente equipaggiato l’esercito di Tel Aviv, e quelle sovietiche in dotazione agli eserciti arabi. Nei conflitti di movimento prevalse quella israeliana, incentrata sui semoventi, tuttavia nella cosiddetta guerra d’attrito, lungo il Canale di Suez, il Tsahal si accorse di essere in svantaggio in fatto di pezzi convenzionali. Per rimediare a questo svantaggio la Soltam realizzò pezzi da 155/39 come l’M-68 e l’M-71. Un grosso problema era costituito dai razzi campali sovietici, in questo settore l’Occidente mostrava un preoccupante ritardo, per porre rimedio Israele utilizzò molti complessi catturati, sviluppandone poi di nazionali oltre al munizionamento migliorato per i complessi catturati.

Sul fronte delle Alture del Golan i duelli di artiglieria proseguirono per decenni. Gli israeliani avevano sviluppato un proietto speciale decalibrato per i loro semoventi M-107 da 175 mm (foto), con i quali potevano colpire l’aeroporto di Damasco. Uno scenario tipico vede gli Hezbollah aprire il fuoco sugli insediamenti ebraici ma subito dopo subiscono il fuoco di controbatteria; gli sciiti allestiscono rudimentali postazioni di lancio per razzi da 107 e 122 mm. I radar che accompagnano l’artiglieria israeliana individuano il punto di lancio e immediatamente parte la reazione, generalmente con gli M-109 da 155/39 mm ma anche con i lanciarazzi MLRS con razzi da 227 mm.

Rimanendo in Medio Oriente, l’artiglieria sta ricoprendo un ruolo importante anche nell’ambito della guerra in Siria. I governativi dispongono di un gran numero di pezzi di artiglieria e hanno fatto ricorso in modo esteso a questi sistemi. I ribelli hanno requisito diversi pezzi mentre altri sono giunti allo stato islamico dopo la loro cattura in Iraq (anche pezzi obici M-198 da 155/39 mm). Tuttavia col proseguire della guerra i pezzi di Damasco hanno cominciato a risentire dell’usura delle canne, diminuendo conseguentemente il potenziale di fuoco effettivo. Un netto cambiamento si è verificato con l’arrivo dell’artiglieria russa, con lanciarazzi pesanti (dotati di razzi con testate termobariche, molto efficaci in tiri contro linee difensive e postazioni urbane, in quanto l’onda di sovrappressione che generano è letale anche contro il personale riparato in rifugi sotterranei). Le forze russe dispongono anche di UAV per la ricognizione e la condotta del tiro, fornendo una resa operativa nettamente superiore alle forze siriane. Un limite nell’utilizzo dell’artiglieria è dato dalla vicinanza delle linee dei contendenti negli spazi urbani, per cui spesso vengono utilizzati i cannoni dei carri per effettuare i cannoneggiamenti. Comunque sia, nel conflitto siriano, sono stati i tiri di artiglieria (obici e lanciarazzi) a causare il maggior numero di danni nelle aree urbane.

(foto: U.S. Marine Corps / Esercito italiano / web / ultima immagine Difesa Online, Homs)