Difesa dei Peshmerga: le armi inviate dall’Europa

08/11/14

Per contrastare Isis l’esercito peshmerga si affida ai suoi 200.000 soldati. Le prime unità peshmerga sono state costituite negli anni Venti del secolo scorso, alla nascita del movimento indipendentista curdo.

Nel 1991, nei mesi successivi alla guerra del Golfo, i peshmerga furono protagonisti di una rivolta contro Saddam Hussein, che portò alla costituzione della Repubblica autonoma Curda all'interno dello stato iracheno. Tra il 1995 e il 1998 furono impegnati nella cosiddetta Guerra civile curda, combattuta appunto tra i peshmerga e il Partito Democratico Curdo (Kdp).

Sono per lo più veterani dei combattimenti contro le forze del governo iracheno e degli scontri tra fazioni curde. Il reggimento femminile è composto da quattro battaglioni e un comandante per ogni brigata. Nel tempo questo esercito si è dotato di varie armi individuali. Tra queste l’ AK-47 Kalashnikov, il fucile russo AKM, il fucile d’assalto americano M4A1 insieme all’M16A4, il fucile iracheno Tabuk (assemblato nei Al-Qadissiya Establishments) e infine il fucile russo di precisione Dragunov.

A livello anti-aereo spicca il Pantsyr-S1, il cui costo in versione export è di 14.6 milioni di dollari. A ciò si aggiungono il lanciarazzi russo 107 millimetri BM-21 Grad e quello cinese 122 millimetri Tipo-63. La flotta di elicotteri non supera le 30 unità: tra questi gli esemplari Mil Mi-17, Mil Mi-8, Sikorsky S-333 e Eurocopter EC-120. Il precipitare della situazione ha però indotto alcuni Stati Europei a fornire armi ai curdi-peshmerga per un maggiore sostegno e protezione. Di seguito alcuni dettagli:

ITALIA: Il ministro della Difesa Pinotti ha inviato ai Peshmerga 500 mitragliatrici MG 42/59, 100 mitragliatrici 12.7, 250mila munizioni per ciascuna delle due tipologie di armi (materiale nazionale), 1.000 razzi rpg7, 1.000 razzi rpg9 e 400mila munizioni per mitragliatrici di fabbricazione sovietica. Si parla di una copertura finanziaria di circa 1,9 milioni di euro.

La mitragliatrice pesante Browning M2 12,7 millimetri soprannominata “Ma Deuce” dai militari che la utilizzano è un'arma pesante. Nel 1932 al progetto originario furono apportate piccole modifiche come la canna bucata per migliorare il raffreddamento della stessa che portarono alla ridefinizione dell'arma come M2.

La mitragliatrice Beretta MG 42/59 invece è una variante italiana della MG3 della Bundeswehr, a sua volta una copia ricalibrata della MG 42 del tedesca della seconda guerra mondiale. L'arma, prodotta su licenza dalla Beretta, con parti prodotte dalla Whitehead Motofides e dalla Franchi, è denominata MG 42/59 dall'anno della sua introduzione in servizio, il 1959.

Veniamo ai razzi: l’RPG-7 è stato usato largamente dagli anni ’60 in poi, e molti paesi ne hanno fatto copie. L’RPG, che in russo significa letteralmente “raketny prototitankovy granatomet” (granata anticarro a razzo), ha esattamente la stessa definizione anche con parole inglesi (Rocket propelled grenade), ed è un’arma diversa dal Bazooka. La gittata contro bersagli fermi è nominalmente di 500 metri, 400 contro mezzi in movimento. La gittata massima è di 920 metri, perché esiste una spoletta a tempo fa esplodere il razzo, tanto che spesso, contro aerei e soprattutto elicotteri, gli RPG sono stati usati per ruolo antiaereo, con lo scopo di danneggiare grazie alle schegge delle esplosioni i velivoli a circa 1km di distanza.

GERMANIA: 5 veicoli da trasporto truppe Dingo, 30 lanciatori di missili anti-carro Milan con 500 missili, 240 lanciarazzi Panzerfaust con 3.500 razzi, mille bombe a mano, 8.000 fucili d’assalto G3 con 2 milioni di munizioni e 8 mila G-36 con 4 milioni di proiettili, 40 mitragliatrici MG con un milione di proiettili per un valore complessivo totale di 70 milioni di euro.

REGNO UNITO: Il ministero della Difesa britannico ha accettato di inviare mitragliatrici pesanti e 500.000 munizioni alle forze curde che combattono lo Stato Islamico dell’Isis. Un sostegno militare urgente per fornire alle forze curde una potenza di fuoco supplementare per difendere la linea del fronte, proteggere i civili e respingere i ribelli dell’Isis. In una nota scritta al Parlamento, il segretario della Difesa inglese, Michael Fallon ha dichiarato che gli armamenti inviati hanno un valore di circa 1,6 milioni di sterline per delle spese di trasporto stimate intorno alle 475.000 sterline.

REPUBBLICA CECA: 18 milioni di proiettili calibro 7,62, 5.000 razzi per Rpg-7 e 5.000 bombe a mano, per un valore totale di 2 milioni di dollari.

La questione si complica per l’Italia soprattutto sotto l’aspetto giuridico. A livello normativo italiano il riferimento è la legge n.185 del 1990 (Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento). Tra le armi italiane inviate ai curdi figurano un lotto di armamenti di fabbricazione sovietica sequestrati al trafficante Zhukov e tenuti per anni nascosti nelle riserve dell’isola sarda della Maddalena. Un colossale arsenale di missili, razzi, munizioni e kalashnikov sequestrato nel 1994 al cargo Jadran Express, bloccato nel canale di Otranto nell’ambito dell’embargo Onu alla ex-Yugoslavia. Nei 200 container imbarcati c’erano 30 mila kalashnikov con oltre 20 milioni di proiettili, 50 lanciatori e 400 missili anticarro AT-4 Spigot, 50 batterie lanciarazzi del tipo BM-21 con 5.061 razzi Grad, centinaia di lanciarazzi Rpg-7 e Rpg-9 con 10 mila razzi. Nel 2001, quando scattarono le manette, la magistratura torinese sequestrò l’intero carico trasferito nei depositi della Maddalena. Il processo vide l’assoluzione degli imputati perché i giudici ritennero non punibile il traffico estero su estero (le armi provenivano dagli ex depositi sovietici ed erano dirette a Rijeka, porto da dove dovevano raggiungere la Bosnia). Una sentenza del Tribunale di Torino del 2006 predispose però la distruzione delle armi sequestrate ma non venne mai attuata finendo per essere trascurata sia da destra che da sinistra. Una parte di queste armi è stata fornita nel 2011 ai ribelli libici di Bengasi che combattevano contro l’esercito di Gheddafi.

Il ruolo dell’Italia in Kurdistan mai adeguato alla posizione strategica e al potenziale economico dell’area in questione si può riassumere in quello di comparsa rispetto ad attori principali che hanno interessi economici legati ai pozzi petroliferi nella zona tra Mosul e Kirkuk, quest’ultima definita dai curdi “la culla della loro civiltà”.

L’invio italiano di armi leggere fa poi presupporre anche un’altra scelta di fondo. L’idea è di non inimicarsi il governo iracheno visto che un eventuale invio di armi pesanti potrebbe suffragare nel tempo l’indipendentismo curdo.

Roberto Colella

(nella foto di apertura un soldato dell'ANA con un RPG-7 - fonte USMC)